Sorry.

4.2K 149 14
                                    

"Guarda che non serve che tu mi dica nulla" disse Mirko, con quell'accento spagnolo che adoravo, ma non quanto l'accento romano, evidentemente.
"È tutto chiaro" aggiunse.
"Tutto cosa?"
"Tu e Damiano...Ti ho vista come lo guardavi, anche attraverso uno schermo e ho visto come lui guardava te. Si vede che lo ami, si vede dal modo in cui lo ignori, da come non lo guardi, come fosse qualcosa di proibito.
Si vede da come speri di sentire i suoi occhi posati su di te, da come cerchi di nascondere l'agitazione quando lo senti più vicino.
Si vede Jane, e potrai dire in giro di odiarlo, potrai convincere tutti che ti è indifferente e che hai voltato pagina, ma non puoi mentire a te stessa. Si vede che non hai mai smesso di amarlo, e che hai una paura fottuta di non smettere mai"
"Se si vede, perché hai fatto finta di nulla?" Gli chiesi.
"Volevo sapere fino a quando andava avanti questa farsa e a dire il vero, speravo che un giorno tu lo avresti dimenticato del tutto e ti saresti innamorata di me davvero. Ma ho capito che un cuore rotto non si aggiusta, se non vuole essere aggiustato. Vorrei mandarti a fanculo, perché non sai il male che mi stai facendo e quanto abbia voglia di prendere a pugni quel bimbo. Ma non ce la faccio. Forse ci tengo troppo a te ed è qui che sbaglio. Sii felice, Jane"
Provai un profondo senso di devasto sulla bocca dello stomaco a sentirlo parlare in quel modo e si, mi sentii veramente una merda per quello a cui lo avevo condannato, tutta colpa del mio stupido egoismo.
"Perdonami" gli dissi.
Mirko scosse la testa, era molto turbato, anche se non potrei mai dimenticare il suo gesto: farsi da parte per lasciare spazio a qualcun altro, solo per vedermi felice.
"Vado a raccogliere le mie cose. Anche se immagino che andrai in Italia, non ha senso che io resti qui"
"Aspetta, Mirko!" Esclamai.
"Si?"
"Resta...resta qui per stanotte. Domani faremo le valigie entrambi" gli dissi.
"No, Jane, non ce la faccio." Sospirò, "è come quando tu volevi andar via dall'Italia. Ora capisco come ti sei sentita... ah, comunque, puoi anche scoprire quel succhiotto adesso" disse, guardando il mio collo.
Altro chiodo piantato dritto nel cuore.
Avrei voluto chiedergli un'altra volta di perdonarmi, ma avrei complicato ulteriormente la situazione, così decisi di non dire nulla.
Uscii per prendere una boccata d'aria, respirando la meravigliosa brezza di Madrid per una delle ultime volte. Era stata un'esperienza fantastica, ma la mia casa era Roma.
Passai davanti all'albergo in cui alloggiavano i ragazzi e decisi di entrare per parlare a Damiano.
Entrai nella hall, era tutto lussuoso. Seduta su un divanetto c'era Vic, con una rivista in mano. Lei aveva studiato spagnolo a scuola, conosceva meglio di me la lingua.
"Hey,Vic" le sorrisi
Lei ricambiò il mio saluto con un sorriso a trentadue denti:"ciao, Jane"
"Posso?" Le dissi, indicando il posto rimasto vuoto accanto a lei.
"Si certo" rispose, facendomi spazio.
"Come...come stai?" Le chiesi.
Annuì:"ora bene... ma non è stato facile tutto questo. Grazie a xfactor sono letteralmente rinata. Mi sono concentrata solo su ciò che mi piace fare, ho conosciuto tanti ragazzi con la mia stessa passione e ho realizzato un grande sogno" mi disse. "E tu come stai?"
Come stavo? Non lo sapevo nemmeno io.
Avevo appena lasciato il mio ragazzo, stavo soffrendo per il modo in cui lo avevo trattato ed ora ero lì in quell'albergo, aspettando che casualmente Damiano passasse di lì, in modo da dirgli:"è stata tutta una casualità, passavo di qui e per caso ho visto Victoria e poi ho visto te", ma non potevo dirgli davvero così.
"Bene" risposi a Vic, facendo un sorriso tirato.
"Quando ero a xfactor, guardavo sempre in mezzo al pubblico e speravo che un giorno saresti venuta pure tu. Ethan ha sofferto molto per 'sta cosa e veramente, anche io" mi disse.
"Non ce la facevo a venire" le confessai, "Ethan lo sapeva"
Victoria si chiuse in un silenzio imbarazzante, poi mi abbracciò:"spero che tu un giorno possa accettare le mie scuse"
"L'ho già fatto, Vic" le sorrisi.
Io e Vic passammo una buona mezz'ora a parlare.
Damiano passò davanti a noi e ci osservò per qualche secondo sorridendo.
Era tanto cresciuto rispetto a un anno fa: aveva gli zigomi più pronunciati e i lineamenti del viso più marcati, poi quella nuova pettinatura, il fatto che non tingesse più i capelli di biondo, gli faceva guadagnare un punto in più.
"Jane, che...che ci fai qui?" Mi chiese.
Notai quasi una punta di imbarazzo nella sua voce.
"Passavo di qui e sono venuta a salutarvi"
Lui annuì:"eh si, tra un pó semo in Italia, eddaje"
"Anche io" gli dissi.
Victoria si voltò nella mia direzione, guardandomi basita.
Damiano sfoderò il suo sorriso migliore.
"Viè con me n'attimo" mi disse, chiamandomi in disparte.
"Scusaci Vic" le dissi. Lei annuì, mentre io seguii Damiano nella sua camera.
Chiusi la porta alla mie spalle, mentre lui si sedette sul letto.
La sua valigia era già pronta, mentre io avrei dovuto fare tutto dopo.
"Davvero torni con noi in Italia?" Mi chiese.
"Magari con voi no, ho ancora tantissime cose da sistemare qui, ma tra qualche giorno, sarò in Italia"
Lui annuì, senza dir nulla, per una volta.
"Sono contento" ammise dopo e quelle parole mi riempirono il cuore di gioia.
Non eravamo una coppia, ma di fatto, era come se lo fossimo. La vista mi si appannò a causa delle lacrime, ma quella volta erano lacrime di gioia, perché avevo deciso: volevo lui, solo lui.
Dicono che l'anima che sceglie, non sbaglia mai e io avevo scelto lui.
Solo Damiano poteva completarmi e io avevo dannatamente bisogno della mia metà.
Il suo sguardo poi si fece più serio:"scusa" mi disse, ridestandomi dai miei pensieri.
I suoi occhi, per la prima volta, esprimevano tristezza.
"Non avrei dovuto combinare tutti quei casini, non avrei dovuto allontanarti in quel modo" ridacchiò amaramente, scuotendo la testa.
Ho lo stomaco in subbuglio e il cuore in gola. I nostri occhi si incontrano e io perdo un battito, i nostri sguardi restano incatenati, pronti a leggere le emozioni che l'altro ci fa provare, pronti a leggere l'anima delle persone che abbiamo.
"Non devi chiedermi scusa di niente, Damiá" mormorai, ripensando a come in quel momento avessi mandato a puttane tutti i miei piani, le promesse fatte contro tutte quante le abitudini, per poi capire che non avevo altro che lui.
"Le cose che vanno via, non torneranno mai, ma potrai trovare qualcosa tra quelle che hai perso" aggiunsi.
"No", scosse la testa "me prendo tutte 'e colpe. Sò scappato, invece dovevo avere le palle e dirti subito che mi ero innamorato di te."
Era innamorato di me.
Quella frase mi rimbombò nella testa, con quella voce meravigliosa che mi faceva impazzire.
Non mi dà nemmeno il tempo di realizzare, che subito si fionda sulle mie labbra, baciandole avidamente. Mi sembra di essere forte e fragile, vulnerabile e invincibile allo stesso tempo. Eravamo schiavi e liberi, baci e lividi.
Ero felice, per la prima volta dopo quasi due anni ero finalmente felice. Per quanto passionale fu quel bacio, sentii cedere tutto il mio corpo e mi sdraiai sul letto di quella camera d'albergo, in cui perfino le lenzuola avevano il profumo di Damiano.
Gli allacciai le braccia intorno al collo, in modo da avere più vicino il suo viso e le labbra inchiodate alle mie.
Le sue mani scesero lungo la mia schiena e poi verso la vita, sollevandomi la maglietta e scoprendomi la pancia.
Il contatto con le sue dita fredde mi provocò dei brividi che si propagarono per tutto il mio corpo.
Volevo baciarlo fino a consumargli le labbra, fino a perdere completamente il fiato.
"Ehm..." una voce ci interruppe e ci fece sobbalzare: c'erano Ethan e Thomas.
"Ehm ehm, Scusate ppè l'interruzione" fece Thomas.
"Come siete entrati?" Chiese Damiano, strabuzzando gli occhi.
"Avete lasciato la porta aperta" fece Ethan, incrociando le braccia al petto e aggrottando le sue folte sopracciglia.
Thomas ci guardava in modo compiaciuto, mentre mio fratello con un po' di imbarazzo.
"Tra un po' abbiamo l'aereo" disse, "volevo chiederti come stavi messo con i preparativi, ma mi sembra che sia tutto pronto" osservò poi Ethan.
"Anche Jane sta per tornà in Italia" disse Damiano e seguì subito il:"daje" di Thomas, che ormai anche io avevo iniziato a chiamare scherzosamente "er cobra"
Ethan mi sorrise e mi abbracciò forte:"era ora!" Esclamò.
"Quando torni?" Mi chiese Ethan.
"Tra un po' di giorni. Devo prima sistemare alcune cose con il lavoro"
Mio fratello annuì:"vi lascio soli" disse, con un tono molto sommesso. "Ethan..." lo chiamai, "Ethan...aspetta" dissi, raggiungendolo nel grande corridoio.
"Si?"
"che hai?" Gli chiesi.
"Nulla..." rispose sospirando.
"Credo che je mancherá Lidia" disse Thomas.
Annuii:"dai, potremmo sempre venire qui a salutarla, può venire lei... i modi ci sono." Lo rassicurai, abbracciandolo, il suo sguardo si illuminò per qualche istante, accennò quasi un sorriso, per poi ritornare cupo.
"Je piace tanto quella ragazza" osservò Thomas, dandogli una pacca sulla spalla.
Guardai i suoi occhi tristi e non potei accettare di vederlo star male in quel modo. Avrei dovuto fare qualcosa, ma cosa?
"Vabbè, andiamo a liberare la camera" disse Ethan, rivolgendosi a Thomas, che annuì prontamente.
"Ciao, Jane. Ci vediamo presto" mi salutarono. Ricambiai il saluto e tornai nella stanza di Damiano. Era rimasto sdraiato sul letto e mi sdraiai accanto a lui.
"Voglio che tu me lo dica" disse spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, con un tono impaziente. "Dai, Jane, dimmelo" mi implorò, facendomi capire quando desiderasse che io pronunciassi quelle parole.
"Ti amo, stronzo"

Give me Love-Damiano David//ManeskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora