Italia.

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Tornai a casa, Lidia non c'era, forse era uscita anche lei e Teresa era al lavoro. Mirko era andato via, portando con sè tutte le sue cose. Mi sedetti a peso morto sul divano e accesi la tv. Non c'era nulla di interessante, come al solito. Dunque, accesi il pc e decisi di guardare su Netflix qualche episodio di "Stranger things", sprofondando nell'abisso dei miei pensieri: il giorno dopo sarei dovuta andare in redazione e avrei dovuto dare le dimissioni, sperando che il capo redattore mi avrebbe trovato una sistemazione anche in Italia. Cosa non si fa per amore!
Mi sentivo talmente tanto scombussolata, da non riuscire neppure a seguire quella serie tv. Mi diressi verso la mia camera e osservai quel letto su cui il giorno prima avevo fatto l'amore con Damiano, mentre fino poco tempo fa, piangevo, coprendomi completamente, in modo che nessuno se ne accorgesse, pensando a lui.
Aprii l'armadio e presi tutti i miei vestiti, li misi nella valigia più grande che avevo. Non avevo mai sentito davvero mia quella casa, quindi, a parte i vestiti, non dovevo portare con me molte cose.
Sul comodino c'una cornice con la foto della mia famiglia, eravamo io ed Ethan poco più di un anno fa, una delle poche serate in cui anche i miei genitori erano venuti a sentire Ethan e gli altri del gruppo suonare.
Io e mio fratello siamo stati sempre soli. Ricordai le recite, quando tutti i genitori venivano ad assistere per i loro figli, mentre i miei genitori non c'erano mai. Erano sempre troppo presi dal lavoro. Non c'erano il giorno del mio diploma, non c'erano il giorno della mia laurea. I miei genitori avevano il potere di farsi vivi solo quando accadeva qualcosa di brutto.
Sorrisi, pensando ad uno dei pochi momenti felici legati alla mia famiglia. Aprii il cassetto del comodino e presi le altre cose che mancavano, chiudendole in una valigia più piccola.
In fondo all'ultimo cassetto, trovai una foto mia e di Mirko: eravamo io e lui travestiti da clown. Sapeva che io avevo tremendamente paura dei Clown, allora, affinché la paura mi passasse, aveva comprato dei vestiti buffi e un naso rosso e la sera di halloween, mi disse che dovevamo truccarci come dei clown e andare in giro a spaventare i bambini. All'inizio mi sembrò una cosa abbastanza crudele, ma poi ci divertimmo tanto. Mirko era stato come un fratello o un amico, ma non il mio fidanzato. Mi resi conto che ciò che provavo per lui non era amore, probabilmente ci saremmo lasciati lo stesso, anche se non ci fosse stato Damiano di mezzo.
Era diverso anche nel sesso: ero sempre io a prendere l'iniziativa, se mi andava. Non mi abbandonavo a grandi sensazioni, con lui non avevo mai provato quei brividi che invece avevo avvertito la sera prima con Damiano. Fu triste e frustrante ammetterlo, ma dovetti accettare anche quella verità.
Prenotai il volo per Roma quella sera stessa, trovandolo anche ad un buon prezzo.
Quando,sul sito dell'aeroporto, selezionai "prenota e paga ora" mi sentii per un attimo sollevata.
Poco dopo, arrivò a casa Lidia, in lacrime.
"Sono...sono stata a salutare tuo fratello" disse tra i singhiozzi.
Mi dispiacque molto vederla in quel modo.
"Sono stati dei giorni bellissimi insieme a lui e adesso ve ne andate tutti!"
"Potrai sempre rivederlo" la consolai, "lui potrebbe venire qui e tu potresti andare da lui" le dissi, ma nulla da fare, Lidia continuò a piangere. "Mi mancherai anche tu, Jane! Tu non puoi capire quanto ti voglio bene, sei come una sorella per me. Anzi, sei la sorella che non ho mai avuto."
Anche a me dispiaceva parecchio lasciarla lì in Spagna. Dopotutto, lei e Teresa erano diventate le mie migliori amiche, non potei trovare coinquiline migliori di loro.
L'indomani mattina, mi recai per l'ultima volta in redazione. Avrei voluto salutare per bene i miei colleghi, prima della partenza che sarebbe avvenuta nel pomeriggio.
"Hola, Jane!" Mi salutò Pablo, il mio assistente.
"Hola, Pablo" ricambiai il saluto, sorridendogli e mi diressi verso lo studio del capo redattore.
La sede di Rolling Stones Spagna era veramente lussuosa, si trovava all'interno di un palazzo moderno di venti piani, tutto in vetro, progettato da un famoso architetto.
Attraversai quel corridoio col cuore in gola, sicuramente dispiaciuta per abbandonare un lavoro in quel modo, ma speranzosa.
Da quell'altezza, potei osservare il paesaggio urbano della capitale spagnola, mentre bussavo alla porta del capo, Lucas De La Casas.
Lui venne ad aprirmi qualche attimo dopo:"Hola" mi salutò sorridendo. Lucas era un uomo sulla sessantina, era alto e magro e aveva degli occhi blu come il cielo notturno. Dai lineamenti, un po' invecchiati, si capiva che da giovane doveva essere molto bello.
Aveva anche una grande cultura e un grande amore per l'arte in generale, non soltanto per la musica.
"Ciao, Lucas" gli parlai in italiano.
Lui sorrise, amava l'Italia e la lingua italiana,anzi, voleva che gli parlassi l'italiano. Diceva che gli ricordava la donna che amava, che purtroppo era morta in un incidente.
"Complimenti per il pezzo sui Maneskin, Jane" mi disse con un marcato accento spagnolo, accennando un sorriso. "Nonostante fosse tuo fratello, sei stata molto uhm...oggettiva"
Ringraziai Lucas per il complimento,significava davvero molto per me. Poi mi ricordai il motivo per il quale ero venuta a parlargli.
"Lucas, devo parlarti" gli dissi.
"Qualcosa non va?" Mi chiese.
"No, assolutamente. È solo che... ho deciso di tornare in Italia"
Lucas annuì:"hai rivisto tuo fratello e ti è venuta nostalgia, eh?"
"Non solo per mio fratello" ammisi, "diciamo che lo faccio per una serie di motivi"
"Ti sei innamorata" affermò, guardandomi fissa negli occhi con uno sguardo investigatore.
Non potei reggere quello sguardo, mi metteva in soggezione con quella frase, così mi concentrai a fissare un punto indefinito nella stanza e mi limitai ad annuire.
I lineamenti del volto di Lucas si distesero e la sua espressione si addolcì, accennando un sorriso:"lui com è?"
"È bello, non saprei come altro descriverlo. Non solo in senso fisico. Anche quello, ma solo quello non basta. Lui è bello perché è vero, perché è spontaneo. E' bello perché è intelligente, perché è curioso. E' bello perché é allegro, perché é un'entusiasta.
E' bello perché non ha bisogno di usare tattiche per piacere alle persone, perché se piace è bene, se non piace non gli importa, anzi a volte é talmente arrogante che mi sorprende come faccia a piacermi. E' bello perché è onesto, sincero, diretto. E' bello perché quando guarda lo fa con attenzione, è bello perché i suoi abbracci, le sue carezze sostituiscono di gran lunga le parole, è bello perfino nei suoi silenzi, perché i suoi silenzi parlano. E' bello quando è scettico, è bello quando alza gli occhi al cielo, è bello quando scoppia a ridere. E' bello quando mi prende in giro, è bello quando non è d'accordo con me. E' bello perchè non ha paura di contraddirmi, ma ascolta quello che ho da dire. È bello perché è competitivo, perché non si arrende, perché è caparbio.
E' bello perché non regala la sua fiducia a chiunque, perché nei suoi segreti ha fatto entrare solo me. E' bello perché mi é complice, é bello perché mi da forza, coraggio, mi sprona a dare il massimo. E' bello perché può sembrare scontroso e freddo, quando lo vedi per la prima volta, ma solo perché non regala il suo bene a chiunque, perché se vuole bene ci crede davvero, te ne vuole sul serio e questo non può accadere in un giorno.
E' bello in ogni suo lato, nonostante i difetti, per me è cosi bello che ogni volta che lo guardo mi domando se davvero esista o se sto solo sognando" gli rivelai. Lucas era come un padre per me, si era dimostrato una persona meravigliosa durante la mia permanenza a Madrid, non provai nessuna vergogna nel confessargli quelle cose. Sapevo quanto tenesse a me.
A sentire quelle parole, arrivò perfino a commuoversi, perché notai che i suoi occhi diventarono lucidi.
"Beh,a me dispiace tanto perderti, eri una delle nostre migliori giornaliste qui"
"Dispiace anche a me"
"Ma sarai una grande giornalista anche per Rolling stones Italia!" Esclamò.
"Non posso lasciarti senza lavoro, farò qualcosa per te. Perché meriti davvero tanto" mi rassicurò.
"Grazie, Lucas, grazie, non ho parole" dissi, con il cuore colmo di gratitudine.
"Lidia, torniamo in Italia!" L'avvertii, "ma questa volta tu verrai con me!" Esclamai.
"giornalista e una fotografa per Rolling stones Italia, siamo tu e io! Lucas ha contattato il capo redattore italiano e ci ha subito trovato una sistemazione"
Sentii la voce euforica della mia amica dall'altro capo del telefono.
"Vai a fare le valigie! Partiamo stasera" la avvisai.
"Si, ma come farò io con la casa?" Mi chiese, di colpo timorosa.
"Puoi stare da me, fin quando non troverai una sistemazione. Io e soprattutto Ethan saremo contentissimi di ospitarti"
Sentii altre urla euforiche e sorrisi, sapendo di averla resa felice.
Io e Lidia lasciammo la Spagna dopo qualche ora. Indossai le cuffiette durante il viaggio e socchiusi gli occhi, non mi piaceva per niente viaggiare in aereo, quindi cercai di prendere sonno.
Selezionai la riproduzione casuale di Spotify e partì:"god save the queen" dei Sex Pistols. Ricordai la prima sera in cui la sentii, il fatto che mi piacque subito e che Damiano si meravigliò del fatto che non la conoscessi.
Sembrava passato un decennio, invece era passato solo un anno e qualche mese.
Il pensiero di Damiano e della mia famiglia che avrei rivisto da lì a poco, mi fecero tornare il sorriso sulle labbra e mi fecero affrontare più serenamente quel viaggio.
"Non dormi?" Mi chiese Lidia, mentre leggeva la copia di "Jane Eyre" che le avevo regalato a Natale.
Scossi la testa, "allora, come ti sembra?" Le chiesi poi, riferendomi al libro che aveva tra le mani e che custodiva gelosamente, proprio come facevo io.
"Jane mi ricorda tanto te" mi disse, "è una donna emancipata, intelligente... ma anche estremamente sognante" sorrise.
"Giuro che la immagino con la tua faccia" aggiunse, provocando la mia risata.
"Cazzo, sei malata, Lì!" Esclamai, scuotendo la testa.
La mia amica rise con me, poi tornò seria e continuò a leggere, mentre io continuai ad ascoltare musica e a scrivere dei pensieri su un foglio di carta.
Dopo due ore, giungemmo in Italia.
Si ritorna sempre nei posti in cui si è stati male, forse per vedere se il posto è cambiato, oppure se siamo cambiati noi.

Give me Love-Damiano David//ManeskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora