Capitolo 12

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L'ORA DEL TÈ


"<<Vuoi che partiamo subito per la nostra avventura>>,

domandò Peter Pan, <<o preferisci prendere il tè?>>.

<<Prima il tè>>, rispose Wendy."

-Peter Pan


Spengo velocemente la sveglia che ho impostato quasi all'alba e silenziosamente recupero i prodotti per la doccia e lascio la stanza. Sto cercando di fare di tutto per non imbattermi in Alison. So che prima o poi arriverà il momento in cui mi tempesterà di domande su ieri sera, ma non di mattina presto! Quasi non lo so io cos'è successo ieri sera! Avrei potuto immaginare mille scenari diversi per concludere la mia serata, ma mai e dico mai avrei pensato che sarebbe stata una conclusione così...così dolce. Mi mordo il labbro inferiore mentre ripenso al sapore delle sue labbra, alla morbidezza della sua bocca al gusto della sua lingua che si intreccia alla mia. Giro la manopola dell'acqua fredda per freddare i bollenti spiriti. Mentre mi passo la spugna insaponata sul corpo ripenso alla sua stretta salda, al suo tocco deciso ma allo stesso tempo delicato. È stato dolce ma allo tesso tempo rude. Ho flash di quando mi ha sollevata sulla sbarra, di quando mi ha sbattuta contro le pareti dell'ascensore e successivamente contro la porta della mia camera. La porta della mia camera...quella che si è aperta di colpo facendomi quasi cadere all'indietro. Dio, perché Alison ha dovuto aprire la porta?! Ok, è stata colpa nostra...io ho dato un colpo alla porta e lei non poteva sapere cosa stava succedendo dall'altra parte... ma non cambia l'imbarazzo e l'irritazione che ho provato in quel momento. Non ho più avuto il coraggio di guardare in faccia Aaron e tanto meno lei. Mi sono fiondata in stanza e mi sono nascosta sotto le coperte. Non mi ha fatto domande, si è limitata a borbottare un: <<Menomale che non le piaceva!>>. Ed ha assolutamente ragione! Menomale che non mi piaceva! Vado ancora a fuoco se ripenso ai nostri baci. Sciacquo via il sapone ed esco dalla doccia per poi avvolgermi in un grande asciugamano di spugna bianco.

Quando rientro in stanza per prepararmi cerco di non fare rumore ed altrettanto silenziosamente lascio la camera. <<Ehi>> mormora una voce alle mie spalle facendomi sobbalzare. Ero intenta a chiudere piano la porta che non mi sono resa conto di avere degli spettatori. Mi giro lentamente verso la voce bassa e roca alle mie spalle. <<Ehi>> ripeto timidamente al bel moro che mi ritrovo davanti. Fa un sorriso che mette in mostra la sua adorabile fossetta. Mi perdo per un istante ad osservare com'è vestito. La sua solita sexy giacca di pelle, un maglione blu, dei jeans neri e gli immancabili anfibi. Mi piace troppo il suo modo di vestire. Diego era un po' più chic mentre Aaron ha uno stile un po' da motociclista: giacca di pelle, pantaloni strappati e anfibi. Eccitante... <<Come scusa?>>. So che mi ha detto qualcosa ma non ho la minima idea di cosa. Mi fa un sorrisetto e ripete. <<Come mai sembra che tu stia scappando dalla tua stanza?>>. Faccio spallucce mentre lo supero. Apro la grande porta bianca e la tengo aperta anche per lui. <<Mi sono svegliata presto e non volevo svegliare Alison>> mento. Beh, è vero che mi sono svegliata presto, ma sono stata io a volerlo; ed è vero che non volevo svegliare Alison, ma soltanto per evitare il suo interrogatorio. Camminiamo in silenzio verso le porte dell'ascensore. <<E tu?>>. <<Io mi sveglio sempre presto, non dormo mai fino a tardi>>. Vorrei poter dire lo stesso di me... Quando le porte dell'ascensore si aprono ed entriamo mi sento improvvisamente avvampare. La dura parete contro la mia schiena, il suo corpo che preme contro il mio, le sue labbra che sfiorano le mie, le sue mani sul mio corpo, le nostre lingue intrecciate che compievano una danza divina. Deglutisco rumorosamente. Credo che a sua volta stia pensando a ieri sera perché le sue guance si sono tinte di rosso e tiene lo sguardo basso mentre preme il bottone del piano. Istintivamente sorriso. Non so dire se queste sue doppie personalità mi piacciano o mi facciano esasperare. <<Non è la chitarra?>> osservo per spezzare il silenzio. L'occhio mi è caduto su una rigida custodia marrone tappezzata di adesivi che tiene in mano. Come se tornasse alla realtà in questo preciso istante prima guarda la custodia poi guarda me. <<No, è un violino>>. <<Suoni anche il violino?>> domando affascinata. Mi fa un sorriso mentre annuisce. <<E il piano e la batteria e la chitarra elettrica>>. Spalanco leggermente gli occhi. <<Poi?>> dico ironica mentre le porte dell'ascensore si aprono. Mi fa un altro sorrisetto ma questa volta compiaciuto. <<Io suono egregiamente il flauto>> dico ridacchiando. È l'unico strumento che so suonare, e solo perché a scuola ti obbligavano a farlo. Inarca un sopracciglio. Quello che vedo affiorare sul suo volto è un sorrisetto malizioso? <<Io sono più bravo con le dita>> ribatte con voce roca. Mi fermo di colpo. Quando si accorge che non lo sto seguendo fa lo stesso. Lo guardo con gli occhi a fessura. <<Hai appena fatto dei velati doppi sensi?>>. Ridacchia per la mia domanda. <<Forse>> ammette con un sorriso decisamente malizioso. Non lo capirò mai questo ragazzo! Delle volte è timido ed introverso, come quando si chiude in se stesso estraniandosi dal mondo che lo circonda; altre volte è misterioso e affascinante, come quando suona e mette a nudo la sua anima toccando le anime di chi lo ascolta; altre...altre è il tipico adolescente arrapato che ti fa doppi sensi sull'essere più bravo con le dita, oppure che ti sbatte contro la parete di un ascensore e ti bacia. Scuoto la testa tra il divertito e l'esasperato. <<Chi ti capisce è bravo>> borbotto superandolo. <<Sei tu che me l'hai servita su un piatto d'argento>> osserva bloccandomi per un polso per farmi rallentare il passo. Sento una piccola scossa nel punto in cui mi ha toccata. È normale bramare così tanto un suo semplice tocco? <<Ma è vero che lo suono egregiamente! È l'unico strumento che so suonare!>>. <<Non ne dubito...>> dice lanciandomi un'occhiata da sopra la spalla. Gli do un pugno. <<Smettila!>> esclamo diventando dello stesso colore dei miei capelli. Non so perché sto arrossendo e mi sento in imbarazzo, di norma non mi faccio problemi a parlare di certe cose...anzi, solitamente sono io che faccio battute del genere! Inizia a ridacchiare. <<Ok, la smetto lentiggine>>. Mi tiene aperta la porta della caffetteria mentre lo fulmino con lo sguardo. Non mi ero nemmeno resa conto di esserci arrivata...non era nemmeno la mia meta. Gli faccio una linguaccia mentre lo supero ed entro.

3. I FELL IN LOVE: Mi sono innamorata per sbaglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora