Capitolo 23

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INSIEME A TE


"Accanto a te

il mondo

fa molto meno

schifo."

-Gio Evan


<<Aia! Cazzo!>> impreco. <<Mi si sono impigliati i capelli!>> piagnucolo. Aaron, che si trova sotto e dentro di me, ridacchia. Gli do un pugno sulla spalla. <<Aiutami!>> sbotto. <<Okok>>. Scuote la testa. Allunga una mano e tenta di sbrogliare i capelli che mi sono rimasti impigliati nella rete del letto di sopra. <<Fatto>>. Sospiro lasciandomi ricadere su di lui. <<Non ci riesco>> mormoro nascondendo il volto nell'incavo del suo collo. Mi accarezza i capelli. <<Fa nulla>> soffia contro la mia nuca posandoci sopra un dolce bacio.

Sono passati cinque giorni da quando ho scoperto che mia nonna è malata. Sono cinque giorni che vivo con l'ansia e che un peso mi opprime il petto. Mi tormento pensando a come stia, a che punto è la malattia, se si ricorda ancora chi sono. Ho provato più volte a chiamare i miei genitori per avere queste informazioni, ma nessuno mi ha mai risposto.

Stamattina ho perso la pazienza ed ho deciso che domani mattina partirò per l'Italia. Rimarrò li giusto il fine settimana, per assicurarmi che stia bene e che anche per lei vada bene essere ricoverata in un istituto. Ho sentito al telefono Elena e Selena, ed hanno deciso entrambe di raggiungermi. Vogliono strami accanto, sapere anche loro come sta mia nonna, e con la scusa rivederci. Avremmo tutte preferito che capitasse per altre circostanze, ma abbiamo tentato di trovare il lato positivo della cosa.

Con loro non ho parlato di quello che è successo sabato notte. In realtà non ne ho parlato con nessuno che non sia Aaron o la mia psicologa. Si, avete capito bene, ho deciso di seguire il consiglio di Aaron ed anche di Alison di parlarne con uno specialista. Dopo il mio gesto inconsiderato mi è sembrata la cosa più giusta da fare.

Ho fatto solo una seduta, che si è tenuta oggi dopo le lezioni. Mi sono sdraia su un divanetto di pelle rossa, in uno studio in un grattacielo di Manhattan, ed ho passato una buona mezzora a guardare il soffitto. Ho detto che mi sembrava la cosa giusta da fare, non che ne fossi completamente convinta... Che abbia deciso di parlarne con uno specialista, non cambia il fatto che non mi è mai andata a genio l'idea di spifferare i fatti miei a degli estranei. La dottoressa è stata molto paziente, anche se lei in fondo viene pagata anche se io rimango zitta per l'intera seduta, comunque mi ha detto che "anche i silenzi parlano". Mah, se lo dice lei... La mezz'ora successiva però sono riuscita ad aprir bocca. Sono partita parlandole del rapporto, o meglio del non rapporto, che c'è tra me ed i miei genitori, ed ho concluso parlandole di Aaron. Non so nemmeno io come ci sono finita a parlagli di lui. Sta di fatto che uscita di li mi sono sentita un po' meglio, un po' più libera.

Ed è per questo che mi sono fiondata in camera di Aaron e gli sono praticamente saltata addosso. In questi cinque giorni sono stata un po' distaccata, ed avevo voglia di rifugiarmi nel suo tocco. Ma sta di fatto che, adesso che lui è dentro di me, io sono un fascio di nervi e non ci riesco.

<<Scusa...>>. Con una mano continua ad accarezzarmi i capelli, con l'altra disegna dei cerchietti sulla mia schiena. <<Guardami>> dice perentorio. Timidamente alzo lo sguardo nel suo. Le sue iridi nocciola sono dolci e comprensive. <<Non sto con te per il sesso. Sto bene anche così, dentro te, sentendomi una parte di te>>. Sento le farfalle fare le capriole nel mio stomaco per le sue dolci parole. La bocca mi si piega in un sorriso. Allungo il volto verso il suo e sfiore le sue labbra con un bacio.

3. I FELL IN LOVE: Mi sono innamorata per sbaglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora