Capitolo 25.

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La discesa era stata più semplice e veloce del previsto e in meno di dieci minuti tutti eravamo arrivati ai piedi della montagna. Davanti a noi ci attendeva la vastità di alberi e la copertura di rami e foglie intrecciate tra loro.
Ci fermammo un secondo per rivalutare le coordinate e dopo aver individuato il percorso ci dirigemmo a nord, infiltrandoci nella selva. L'odore di muschio e terriccio era quasi tranquillizzante e per un attimo mi fece sentire come se stessi facendo una delle solite gite nei boschi alla ricerca di qualche nuova pianta con Matthew.

Per un momento mi dimenticai della missione e del terrore per la sorte dei bambini. Solo quando sentii una presenza prendere posto accanto a me realizzai di essere rimasta indietro rispetto al gruppo.
"Pensierosa?" domandò una voce familiare, riportandomi alla realtà.
Mi voltai leggermente e notai il volto dai tratti marcati di Stephen. Gli rivolsi un sorriso in segno di saluto e feci spallucce. "Ultimamente mi capita spesso di rimanere incastrata nei miei stessi pensieri."
Lui ridacchiò e poi mi posò un palmo sulla testa, scompigliandomi i capelli.

"Ti preoccupi troppo, pasticcino."
"Non dovrei?" replicai, rendendomi conto solo in quel momento di quanto avessi bisogno di un po' di conforto, di essere rassicurata dalle sue parole.
"No." disse secco lui, mettendo un braccio sulle mie spalle e tirandomi un pochino a lui.
"Come fai a essere così tranquillo?" domandai curiosa, alzando lo sguardo per incrociare i suoi occhi azzurri, ma trovandolo perso a guardarsi intorno curioso.
"Conosco la W.I.C.K.E.D, so le procedure: non li spediranno nel Labirinto. Non subito almeno. Ci sono una serie di esami, prima. E poi sono troppo pic..."

"Steph." lo interruppi, forse troppo bruscamente.
"Stiamo parlando della W.I.C.K.E.D, hai presente? L'associazione senza scrupoli, la stessa che ha ucciso..." mi bloccai immediatamente, arrossendo al solo pensiero di finire la frase.
La stessa che ha ucciso le tue sorelline. Continuai nella mia testa, schiaffeggiandomi mentalmente per anche solo aver pensato di ricordarglielo.
"La stessa che ha ucciso i nostri amici, persone innocenti, senza nemmeno battere ciglio." continuai, cercando di contenere la vergogna. Lui fortunatamente non se ne accorse.
"Questa volta hanno meno tempo, sono disperati." continuai. "Useranno ogni mezzo a loro disposizione."

Da parte sua ci fu un silenzio titubante. Forse anche lui aveva realizzato che in fin dei conti rimanere tranquilli in una situazione del genere era assurdo, da stupidi. Le uniche volte che ci eravamo fidati della W.I.C.K.E.D. o che l'avevamo sottovalutata, eravamo finiti per farci ancora più male, sbattendo contro la dura realtà.
Nessuno di noi sapeva con certezza cosa la W.I.C.K.E.D. volesse fare con i nostri bambini e nessuno se lo voleva nemmeno immaginare. Rimetterli nel Labirinto e ricominciare tutto da capo? No, ci sarebbero voluti troppi anni e troppi fondi che, sicuramente, la W.I.C.K.E.D. non aveva. 

Testarli fisicamente, analizzando le loro risposte al dolore? No, erano troppo piccoli per sopportare quella tortura, non sarebbero sopravvissuti e, anche se sapevo che la W.I.C.K.E.D. non si fermava di certo davanti alla barriera dell'età, ero sicura che anche loro fossero coscienti del rischio di questa procedura: loro stessi lo avevano sperimentato con le sorelle di Stephen e avevano visto i risultati "deludenti". 
Quando Stephen riaprì la bocca per parlare, ciò che mi disse mi sorprese. "Pensi che lo perdonerai mai?"

Sbattei le palpebre, confusa. Aveva cambiato discorso senza rispondere alla mia domanda, aveva ignorato l'argomento ed era passato avanti. Non sapevo se lo avesse fatto apposta perché non voleva più affrontare la realtà o se semplicemente per lui quella conversazione si fosse chiusa. In ogni caso decisi di accontentarlo e di continuare a parlare normalmente, come se non avessi notato il cambio improvviso di argomento.

Lanciai uno sguardo a Thomas che stava camminando davanti a noi, parlando tranquillamente con Teresa. Sebbene stessero solo camminando fianco a fianco potevo sentire l'intensità tra di loro, anche in quella piccola cosa. La loro vicinanza emanava una passione e un affetto così profondo che sottolineava ciò che ai miei occhi stava diventando più di una semplice amicizia. Le loro braccia, stese lungo i lati del loro corpo, si sfioravano a tratti e le loro mani sembravano quasi cercare il contatto delle dita dell'altro, ma senza mai avvinghiarsi tra loro, come se avessero paura di essere visti. 

The Maze Runner - LiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora