Capitolo 38.

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Alla fine, passo dopo passo, ero riuscita a ricongiungermi ai miei amici, notando però con sconforto che nessuno si fosse accorto della mia assenza. Solo Stephen ogni tanto si voltava per lanciarmi un'occhiata. La prima volta che l'aveva fatto aveva addosso un'espressione davvero stupita, come se vedere la mia figura distaccata da quella di Gally per lui fosse una novità, un qualcosa che non aveva predetto.

Tuttavia il ragazzo dai capelli bianchi sembrò indeciso sul da farsi e continuò a camminare da solo. Dopo qualche minuto, però, si girò nuovamente e questa volta il suo sguardo si posò su Gally, che continuava ad avanzare nella sua marcia con lo sguardo fisso a terra e la testa visibilmente tra le nuvole. La sua schiena ancora era china, ma non sapevo dire con esattezza se fosse ancora per il male che gli faceva stenderla completamente, o se quella posizione fosse una conseguenza naturale di un peso che si portava dentro.
Eppure ha preso la sua decisione. Mi ricordò la mia mente, sgridandomi. Non ti deve più importare.

Mi morsi il labbro e, quando feci per riportare lo sguardo su Stephen, lo trovai a fissarmi con la sua solita espressione in cui potevo leggere un mix di confusione, preoccupazione e curiosità. Mi limitai a fissarlo con uno sguardo spento, grigio morto, e guardando da un'altra parte mi strinsi nelle spalle e scossi la testa, segnando la fine di quel contatto visivo.
Sperai con tutto il mio cuore che il ragazzo non sarebbe venuto a chiedermi spiegazioni, dato che al momento volevo rimanere da sola per scaricare un po' tutto il nero che mi sentivo addosso. Mi sentii ancora più sollevata quando, dopo qualche minuto, ebbi il coraggio di rialzare lo sguardo su Stephen per trovarlo girato di spalle e con lo sguardo alto davanti a sé, segno che aveva lasciato perdere e che non aveva il minimo interesse di venirmi a parlare.

Forse però avrei potuto sbagliarmi: magari il ragazzo voleva davvero raggiungermi e controllare come stavo, ma forse la mia espressione e la mia indifferenza avevano parlato chiaro anche senza usare le parole, convincendolo a rimanere dov'era.
Mi sentivo abbandonata a me stessa, sola. Gally mi aveva abbandonata e non facevo altro che chiedermi se, in fin dei conti, non centrassi davvero qualcosa anche io. Sapevo che il fine della sua spiegazione era proprio quello di non farmi sentire responsabile delle sue scelte, ma non riuscivo a non buttarmi nel mezzo e a scagliarmi pietre addosso.

Sosteneva che non gli avevo mai raccontato nulla del mio passato e non potevo negare che avesse dannatamente ragione. Da un lato potevo capire il suo sconforto e il suo sentirsi quasi tagliato fuori da una parte della mia vita; ciò che non capivo invece era come poteva non essersi accorto di tutte quelle parti della mia vita in cui lo avevo accolto. C'erano stati tanti momenti in cui mi ero lasciata andare con lui, in cui gli avevo spiegato come mi sentivo e in cui ero letteralmente crollata su di lui, proprio perché sapevo che il ragazzo avrebbe mantenuto il segreto e mi avrebbe anche capita.

Non comprendevo come non riuscisse a capire che gli avessi permesso di entrarmi addirittura sotto la pelle, ed era per questo che a volte, quando tentavo di nascondergli qualche emozione, mi sentivo nuda davanti a lui, perché sapevo con quanta facilità riuscisse a smascherarmi. Da questo punto di vista era come se Gally fosse il mio punto debole: davanti a lui non ero capace di nascondere nulla.

Certo, anche Newt per un lungo periodo aveva ricoperto lo stesso ruolo: lui era il mio scrigno di segreti per eccellenza. Con il biondino mi confidavo su tutto, anche se in realtà non c'era bisogno che gli rivelassi molto della mia vita, dato che la maggior parte del mio tempo la condividevo con lui. Per quanto riguardava le emozioni, invece, potevo contare sulle dita di una mano le volte in cui io e Newt parlavamo di sentimenti: non ce n'era quasi mai bisogno, dato che quello che provavamo l'uno per l'altra riuscivamo a sentirlo sulla nostra pelle, senza bisogno che fosse messo giù a parole.

Per quanto riguardava la mia vita passata, non avevo mai svelato a nessuno i ricordi che mi erano stati ridati. Certo, mi ricordavo di aver spiegato a Newt come fosse il mondo nei miei ricordi, ma per quanto riguardava i miei genitori... be', avrei voluto raccontare a qualcuno di loro, ma purtroppo non ne avevo memoria, dato che probabilmente la W.I.C.K.E.D. mi aveva strappato dalle loro mani troppo presto per formare con loro delle memorie. Mi ricordavo di una voce, però, una voce maschile, profonda, intensa e tranquillizzante. 

The Maze Runner - LiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora