Capitolo 58.

1.2K 87 74
                                    

Stephen parlò per me, stringendo la presa sulla mia mano. "Cosa intendi dire?"
"Be', non è difficile, genio. È successo qualcosa tra lei e Gally, non è vero?" sbraitò in mia direzione. Sentii le guance bagnarsi. Abbassai lo sguardo ai piedi e, incapace di farmi vedere da lui in quello stato, appoggiai la testa nell'incavo creatosi tra le scapole di Steph, desiderando solo che il ragazzo avesse il potere di cancellare tutto e portarmi fuori da lì.
Dall'essere la colla che mi teneva assieme, Newt era passato a essere il fucile a pompa che mi stava distruggendo lentamente, colpo dopo colpo.
"Intendevo la parte della W.I.C.K.E.D. nel Palazzo degli Spaccati, brutta testa di caspio che non sei altro." sbraitò Stephen, visibilmente irritato. "E vedi di badare bene a come parli, non sai cosa dici e mi sa anche che non ti ricordi bene di come sia fatta Elena, quindi tieni quella tua linguaccia..."

"Tu non puoi permetterti di parlarmi così." mormorai con voce tesa, bloccando la frase di Stephen e sentendo il silenzio calare su di me. Ricacciai indietro le lacrime e, tirando su col naso, decisi di prendermi le mie responsabilità e di risolvere quella situazione da sola. Mi sentivo di aver perso tutto il coraggio, ma la realtà dei fatti era che, dopo tutto quello che avevo passato, dopo averlo creduto morto per mesi, non avevo né la voglia né le forze di fare quella conversazione con lui. Me la sarei sbrigata da sola, senza l'aiuto di Stephen, nonostante apprezzassi i suoi tentativi di difendermi.

"Non so cosa ti sia successo in questi mesi, Newt." iniziai titubante, sentendo la mia voce farsi sempre meno roca e più convinta. Non mi importava cosa l'avesse spinto a parlarmi in quel modo, ma di certo non mi sarei lasciata mettere i piedi in testa, nemmeno se si trattava del biondino. "Ma nulla ti da il diritto di comportarti in questo modo. Sono stata mesi senza di te, piangendo e disperandomi perché ero davvero convinta che fossi morto. Lo eravamo tutti, perché in qualche modo avevamo le prove della tua morte, ma non sta a me spiegarti come o perché." feci una breve pausa e mi portai le braccia conserte davanti al petto, nel tentativo di sentirmi un po' più sicura di me e di consolarmi. Strofinai un pochino sulle braccia, infondendomi un po' di calore e coraggio. "Ho dovuto trovare un modo per vivere senza di te e mi sono ricreata una vita."

"Quindi sei andata a letto con quel..."
La mia mano si mosse prima che riuscissi a fermarla. Uno schiaffo sonoro si posò sulla guancia del ragazzo, che sbarrò gli occhi incredulo e fece un passo indietro, visibilmente ferito da quel mio gesto. Gli puntai il dito contro e continuai con il mio discorso, ignorando il dolore che quella sua affermazione aveva causato in me. "Non sai cosa ho dovuto passare in tua assenza. Ho dovuto imparare di nuovo a stare sola, a vivere con me stessa e con i miei pensieri. Gally è semplicemente stato un buon amico. Non si è mai approfittato di me e tra noi non c'è assolutamente nulla, quindi non ti permetto di parlarmi in questo modo e di arrivare a conclusioni simili."

Vidi Newt sbarrare ancora di più gli occhi e guardarsi attorno, quasi spaesato. Il ragazzo lasciò scivolare sul fianco la mano che aveva tenuto premuta sulla guancia, rivelando così un rossore innaturale su di essa. "Ormai lui è famiglia e anche tutti voi ne siete parte. Avrei reagito allo stesso modo se chiunque di voi fosse stato trascinato sotto le grinfie della..."
Questa volta fu il biondino a interrompermi. "Scusa." fu tutto quello che disse, sottovoce, ma lo sentii in modo chiaro, come se lo avesse urlato. Poi, scoppiò in lacrime, lasciandomi di stucco.
La prima sensazione che provai fu senso di colpa. Mi sentii male per avergli tirato quello schiaffo, ma ancora di più per avergli nascosto il bacio rubato di Gally e il mio sogno al riguardo. Tuttavia sapevo benissimo che il ragazzo non l'avrebbe presa bene, contando lo stato confusionario e l'arrabbiatura del momento.

"Io non so cosa..." si portò entrambe le mani sulla fasciatura e iniziò a stringere, come a strizzare via i mille pensieri dalla sua testa. "Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace..." singhiozzò, gettandosi a terra in ginocchio e gattonando verso di me.
Rimasi pietrificata sul posto, incapace di dire o di fare nulla, poi, non appena il ragazzo mi raggiunse e appoggiò la sua testa sul mio grembo continuando a versare lacrime, mi sentii addolcire. Mi dimenticai di tutto, di tutte le parole brutte che aveva detto, delle sue accuse, dei suoi sguardi truci e del suo comportamento altalenante. Ero disposta a perdonargli tutto e a mettere da parte la ferita al cuore.

The Maze Runner - LiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora