Capitolo 37.

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"Steph..." tentai di chiamarlo e avvicinarmi a lui, anche solo per mettergli una mano sulla spalla per calmarlo. Non pensavo che quella situazione sarebbe finita in quel modo: certo, pensavo sarebbe stato bello vederli punzecchiarsi a vicenda e lanciarsi frecciatine, ma se avessi saputo che la situazione sarebbe degenerata in quel modo non avrei mai assecondato Stephen nel suo intento di far parlare Gally.
Mannaggia a me e alla mia boccaccia. Pensai, maledicendomi mentalmente. 

"Non è affare mio dici?" disse Stephen, la voce talmente sotto controllo che per un attimo mi spaventò. Mi girai velocemente verso gli altri, ma ognuno aveva continuato a camminare, segno che nessuno si era accorto di cosa stesse succedendo alla fine della fila.
"Certo che è affare mio!" continuò Stephen, aumentando la presa sul ragazzo e scuotendolo leggermente. "Tu osi toccare mia sorella e poi fingi di non aver fatto nulla? Non hai alcun diritto di posare le tue manacce su di lei mentre..." si bloccò e rilasciò una risata. "È talmente ingenua che ti ha concesso di dormire accanto a lei e tu... tu te ne approfitti per..."

"Stephen basta." ordinai, avvicinandomi ai due e mettendo la mia mano su quella stretta attorno alla maglia di Gally. Dovetti forzare un po' prima che il ragazzo lasciasse effettivamente la presa. "Ti ringrazio, davvero." mormorai, mettendomi davanti a Gally per proteggerlo. "So che stai facendo tutto questo per il mio bene, però lascia che ora me la cavi da sola, okay?"
Feci qualche passo verso di lui e, quando lo vidi ancora con lo sguardo puntato furioso verso Gally, gli presi la mano che era ancora stretta a pugno tra le mie, portandola poi vicino alla guancia e accarezzando il dorso con essa. Solo a quel punto Stephen sembrò tornare alla realtà, lasciando dietro di sé lo sguardo omicida e guardandomi in modo affettuoso e preoccupato.

Sentii il suo palmo aprirsi e rilassarsi, poi depositò una carezza sulla mia guancia e mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Scusami, non volevo perdere il controllo." mormorò il ragazzo, facendosi cupo in volto. "So che odi quando mi intrometto nelle tue cose e do di matto, ma questa volta... questa volta ho sentito che la questione riguardasse anche a me, in parte. Volevo solo proteggerti." mi spiegò, indugiando ancora con la mano sulla mia guancia, per poi lasciarla ricadere sul fianco.

"Non preoccuparti, lo capisco e non ti odio." lo confortai. "Però ora ci penso io, d'accordo?"
Vidi il ragazzo sospirare e guardare in basso, poi dopo qualche secondo, rialzò il capo e mi guardò dispiaciuto. "Sì, certo. Suppongo che te la saprai cavare, ma nel caso in cui..."
"Me la cavo, Steph." tagliai corto. Ero davvero felice che fosse intervenuto per proteggermi e per difendermi, ma non ero una caspio di bambina di due anni. Okay, a volte mi comportavo come tale, però mi sapevo far valere, se volevo.
"Hai ragione. A volte mi dimentico che dentro di te si nasconde una macchina da combattimento. Colpa dell'apparenza..." bofonchiò, cercando di trattenere un sorrisetto. Poi mi accarezzò per l'ultima volta i capelli, si girò e, dopo aver lanciato un'ultima occhiata minacciosa a Gally, camminò velocemente per raggiungere gli altri, che ora erano abbastanza distanti da noi.

Mi avvicinai al ragazzo, che fino a quel momento era rimasto zitto, poi gli feci un cenno con il mento per indicargli gli altri. "Non sembra che si siano accorti che siamo rimasti indietro." spiegai con calma, cercando di capire in che stato mentale fosse il ragazzo, senza però riuscirci. I suoi occhi sembravano vuoti, indecifrabili. "Che ne dici di incamminarci mentre parliamo?"
Quando il ragazzo annuì, rimanendo però ancorato alla sua espressione dispiaciuta e imbarazzata, mi mossi per prima, scandendo il passo di quella camminata: né così veloce da mettergli fretta, né così lenta da rimanere perennemente indietro rispetto agli altri. Gally mi seguì senza lamentarsi, posizionandosi al mio fianco e toccandosi imbarazzato il braccio. 

Era palese che non sapesse proprio come iniziare il discorso, perciò decisi di aiutarlo un pochino, senza mai forzare nulla, per metterlo a suo agio: una conversazione piena di imbarazzo e vergogna non era ciò che volevo, preferivo che il ragazzo fosse tranquillo.
"Hey, Capitan Gally..." iniziai, lanciandogli un sorrisetto e cercando il suo sguardo che però era da tutt'altra parte, i suoi occhi ancora stentavano a incrociare i miei e la cosa mi faceva sentire ancora più in colpa. Forse non avrei mai dovuto dare corda a Stephen. "Senti, indipendentemente da quello che ha detto Stephen, io so chi sei." lo rassicurai, sfiorandogli il mignolo col mio, poi, in modo quasi automatico, incatenando le nostre due dita, causando nel ragazzo una rigidezza improvvisa. "So che qualsiasi cosa tu abbia fatto, hai una spiegazione. Okay?" sottolineai, sentendolo sospirare e rilassarsi all'improvviso. 

The Maze Runner - LiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora