TREDICI

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Beckett sapeva che Castle non stava dormendo, ma rimase immobile con la testa appoggiata sul suo petto, ascoltando il suo battito ed il suo respiro troppo accelerati perché riposasse. Era sveglio, così come lo era lei, ma entrambi facevano finta del contrario, consapevoli che nessuno dei due stava dormendo. Era più facile così, evitare di parlarsi, dopo, come ogni volta, evitare di dire quello che ormai stava diventando inevitabile da rimandare ancora, quello che ogni loro gesto confermava, anche quel modo in cui si ritrovavano ogni volta dopo aver fatto sesso, sempre più vicini, sempre più legati, sempre con gesti più naturali che esplicavano quello che loro non volevano ammettere e non volevano dire. Eppure il fatto che nessuno dei due riuscisse a dormire era il chiaro manifesto che quella situazione cominciava ad essere stretta per entrambi, a non bastare e a fare paura. Bastava una sola parola e quella bolla che avevano creato sarebbe scoppiata, così come tutte le bugie che continuavano a dirsi, facendo finta che era solo sesso, che non c'era nessun altra implicazione. Era l'unica cosa che si dicevano, ogni volta, a turno, quasi a volersi rassicurare e convincere. Cosa c'era di male, in fondo, se due adulti consenzienti avevano una relazione sessuale senza che questa volesse dire altro? Nulla, in realtà, lo sapevano, ma sapevano anche che non era più così, lo sentivano entrambi, ma avevano paura a dirselo e a dirlo a loro stessi ancor prima che all'altro, perché quello sarebbe stato un passo senza ritorno, perché da quella relazione potevano uscirne, sgusciare via senza alcuna conseguenza: era solo sesso, in fondo, potevano annoiarsi e decidere di finirla lì, non c'erano sentimenti, questo si ripetevano, mentendosi. Il problema era che loro facevano tutt'altro che annoiarsi, la loro passione si rinnovava ogni volta e si moltiplicava, spingendosi sempre un passo più in là, senza nessun tabù, senza nessuna vergogna di essere quello che erano, alternando ruoli e situazioni, donandosi e facendosi desiderare, era un gioco di ruolo che conducevano entrambi e nessuno dei due sapeva, in realtà, quando e chi era a condurlo.Beckett, di questo, ne aveva avuto la netta sensazione qualche ora prima al distretto. Chiusi in quella stanza, chiunque avesse assistito a quella scena, avrebbe potuto dire che era lei a condurre il gioco, lei a farsi desiderare e lui a donarsi a lei, eppure, nel momento del suo massimo controllo su Castle, quando lo guardava su di lui dall'alto verso il basso, non ne era così convinta. Non era lei che stava conducendo il gioco, era lui che aveva deciso che lei lo avrebbe condotto nel momento stesso in cui non si era ribellato, nel suo stare perfettamente immobile più di quanto la posizione non lo costringesse a fare. Non era lei che aveva potere su di lui, era lui che glielo aveva dato, era lui che aveva tirato fuori quella parte di lei che non aveva mai conosciuto così, che per lui era andata contro ogni logica, ogni regola ed ogni buon senso. Nel loro rapporto fatto di piacere, tanto, e ripicche, poche, c'era sempre stato qualcosa di strano, qualcosa che era inusuale per quel tipo di relazione, fatta solo di sesso: c'era sempre stato, prima del proprio piacere, quello di donare piacere all'altro, nato come una sorta di sfida nel mostrare cosa erano in grado di fare, finita però, ben presto, con la sola voglia di scavarsi nell'animo reciprocamente per andare a cogliere e soddisfare tutti quei desideri non detti o solo accennati. Se ci pensava bene, Kate capiva che non avevano mai banalmente fatto sesso, ogni volta era sempre stato far scattare qualcosa, una gara nel dimostrarsi di riuscire a capire cosa l'altro voleva, una sfida nel saper dare piacere, nel provare di conoscere esattamente le voglie dell'altro, nel godere del piacere dato tanto quanto di quello ricevuto.Erano andati a casa sua dopo quell'incontro ravvicinato al distretto, quando la parte più difficile era stata uscire da quella stanza e fare finta di niente, come se i pochi presenti che non si erano nemmeno resi conto della loro assenza, avessero potuto leggere nei loro volti quello che avevano fatto. Tutto questo era riuscito ad eccitarli ancora ed il traffico imprevisto per un incidente che aveva bloccato la seconda avenue all'incrocio con la terza, era stato una tortura che aveva prolungato l'attesa di arrivare a casa di Kate, soprattutto per Rick che non riusciva a togliere lo sguardo dalle gambe di lei con la gonna che saliva sempre di più mentre guidava, facendogli rivivere quello che era accaduto poco prima e accendendo la sua fervida fantasia su quello che avrebbe voluto fare dopo. Aveva poi messo tutto in pratica, facendo esplodere tutta la sua fisicità con la quale l'aveva sovrastata, invertendo i ruoli, dominandola, perché come lui prima, lei lo lasciò fare, godendosi tutta la sua possanza. Le piaceva, in quelle situazioni, smettere i panni della dura detective ed essere solo una donna che lui sapeva far godere e della quale godeva con maestria. Era riuscita a togliersi di dosso qualsiasi riserva su questo, senza temere di farsi vedere, in quelle situazioni, totalmente inerme e succube delle sue attenzioni che bramava, perché lui era capace di darle piacere come mai nessuno aveva fatto, come se fosse stato lui stesso a plasmare il suo corpo, tanto sapeva esattamente cosa fare per farla arrivare al culmine del piacere. Ma la realtà, che Kate voleva nascondere a se stessa, era che era lui, la sua presenza, a provocarle certe sensazioni, era la chimica del corpo di Rick, delle sue mani, della sua bocca che quando la sfiorava generava un cortocircuito sensoriale che la faceva vibrare. Quanto sarebbero potuti andare avanti così, ancora? Quanto avrebbe resistito lei ancora così? Cosa ci sarebbe stato dopo per loro? Ci sarebbe potuto essere qualcosa?Ebbe un sussulto quando sentì il braccio di lui stringerla di più, come se avesse potuto sentire i suoi pensieri e le sue paure, come se avesse voluto rassicurarla, ma questa connessione, invece la spaventò di più. Era possibile che lui si fosse accorto della sua inquietudine e delle sue paure? Kate provò a guardarlo e lo vide con gli occhi chiusi ma con le palpebre tremolati, chiaro segno che non dormiva. Era bello, più di quanto avesse mai realizzato che fosse. Non era il tipo di ragazzo che era stata solita frequentare, sotto nessun punto di vista, ma mai nessuno l'aveva presa mentalmente come lui, perché oramai per lei era chiaro, l'aveva completamente fatta sua in un modo molto più profondo che quello solamente fisico. Non voleva saperne niente di lui, non voleva nemmeno vederlo, aveva ceduto ad una sfida e invece aveva fatto crollare ogni forma di protezione che si era costruita in quegli anni. Lo aveva sfidato facendogli credere che non avrebbe avuto idea di cosa sarebbe stato tra loro, in realtà la prima a non averne idea era stata proprio lei che mai si sarebbe immaginata una cosa del genere. Aveva fallito in quello che ogni volta si era promessa in ogni suo rapporto, mantenere le distanze, non concedersi, non mostrare i suoi lati deboli, invece lui li aveva trovati da solo, era riuscito ad andare oltre ogni sua protezione, si era insinuato ed ora le sembrava che le fosse indispensabile. Un brivido la percorse in quella presa di coscienza dopo che per mesi si era negata tutto quello. Doveva essere solo sesso tra adulti consenzienti e invece il sesso era diventata l'unica valvola di sfogo per tutto il resto che non aveva mai voluto dirsi.Respirò più profondamente e poi cercò di scacciare i suoi pensieri nell'unico modo che avevano sperimentato fino a quel momento. Cominciò a baciarlo sul petto nell'area intorno al capezzolo, arrivando poi a morderlo piano. Castle non ebbe alcuna reazione, se non quella si allentare la presa su di lei per farla muovere come preferiva e poi accarezzandole i capelli. Fu come sempre un tacito assenso a proseguire quando ormai era quasi l'alba e loro non avevano mai dormito in quel letto che ancora era umido dei loro umori e del loro sudore. Scese lungo l'addome con lenti ed umidi baci, scostando il leggero lenzuolo che li copriva, arrivando fino al pube. Lo accarezzò e poi si spinse oltre prendendo il suo membro in bocca. Non aveva mai avuto alcuna remora a farlo, anzi provava un profondo piacere nel sentire come riacquistava vigore tra le sue labbra, adorava quel corpo caldo ed voglioso e la sensazione dell'eccitazione di lui che tornava prepotente, sentirlo diventare turgido di nuovo, sapere che era solo merito suo. Si concentrava su ogni gemito di Castle, memorizzando ogni volta quello che lo faceva godere di più, aveva imparato come prolungare il suo piacere e come accelerarlo e lui non poteva fare nulla, se non accettare quello che lei aveva in serbo per lui, si era limitato ad appoggiare una mano sulla sua testa, stringendole di tanto in tanto i capelli, dando l'illusione che fosse lui a condurre quel gioco del quale invece era solo uno spettatore passivo, assoggettato ai tempi che lei voleva dare a quella prestazione, in balia delle sue labbra, della sua lingua e delle sue dita che sapienti si alternavano sul suo membro e sui testicoli. Durò meno di quanto pensasse, già messo a dura prova quella notte dalle loro precedenti performance, Rick non pensava che sarebbe venuto così presto, ma lei sfidava anche qualsiasi regola del suo fisico, che sembrava non aspettare altro che lei, qualsiasi cosa volesse fargli.Kate risalì per dargli un bacio che aveva il suo sapore e Rick lo accettò solo perché erano le labbra di lei. Fu un bacio lungo, lento, dove la passione e la foga iniziale lasciò presto il passo alla voglia nascosta di non separarsi. Castle le sorrise quando allungando una mano tra le gambe di lei la trovò decisamente bagnata, segno evidente del piacere che si era concessa mentre lo stava dando a lui. Rimase deluso solo di non averla potuta vedere, adorava vedere il suo viso trasfigurato dai segni dell'orgasmo che la percorreva, quel modo che aveva di mordersi il labbro, quella ruga tra gli occhi quando era sul punto di lasciarsi andare. Ora, mentre la guardava, si rendeva solo conto che anche lei era veramente distrutta e non riusciva ad immaginare i pensieri che la tormentavano. Decise solo di stringerla di più a sé, come se fosse qualcosa di estremamente prezioso da proteggere, e coprì entrambi con il lenzuolo finito a lato del letto.

Finalmente riuscirono ad addormentarsi così, con le labbra troppo vicine per evitare che si sfiorassero ancora inconsapevolmente.

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