DICIOTTO

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Quando Rick si era svegliato, quella mattina, si sentiva tutto sommato bene. Non era confuso come il giorno precedente, quando entrava ed usciva da uno stato di sonnolenza continua. Aveva ricordi confusi, però, di quanto accaduto il giorno dell'esplosione e di quello che era successo dopo.

Ricordava Kate su di lui, ricordava di non sentire nulla, ma lei era così vicina a lui che non aveva potuto fare a meno di dirle tutto, tutto quello che aveva dentro, tutto quello che le voleva dire da giorni, tutto quello che provava ed era un discorso semplice. "Ti amo", era tutto quello che si ricordava di averle detto, sperando che la sua voce fosse stata abbastanza forte per farglielo sentire. Anche lei gli aveva detto qualcosa, ma non aveva capito, per via di quel fischio all'orecchio che ancora lo disturbava, anche se era molto meno intenso. Quando il giorno prima si era svegliato ed aveva visto tutti intorno al suo letto parlottare e poi cambiare discorso non appena lo avevano visto più o meno vigile, aveva temuto che le fosse accaduto qualcosa, che fosse rimasta ferita anche lei, ed erano tutti così evasivi nel dirgli qualsiasi cosa che aveva temuto il peggio, poi l'aveva vista e si era tranquillizzato almeno un po'. Ma tutto era strano. Lei lo era, i suoi gesti, le sue parole, il suo sguardo, però gli era piaciuto tanto quando lo aveva baciato in quel modo così improvviso, in quella situazione così diversa. Forse, allora, lei lo aveva sentito, aveva capito le sue parole. Era quella la speranza con la quale aveva aperto gli occhi e guardava il soffitto di quella stanza anonima dell'ospedale e la sua mente si mise subito in moto in modo vorticoso pensando a tutto quello che avrebbe fatto, a quello che avrebbe detto, perché lui che usava sempre le parole, per quella circostanza doveva trovare qualcosa di meglio di una patetica dichiarazione sdraiato a terra.

Aveva poi cominciato quasi subito a fare i conti con il suo fisico che cominciò a reclamare le sue attenzioni e se la sua mente era più lucida, la percezione di se stesso lo era molto meno. Sentì come se fosse arrivata all'improvviso una sensazione strana avvolgerlo, qualcosa che non poteva genericamente definire solo dolore, il dolore vero e proprio, almeno quello che aveva sempre sperimentato, era diverso, era come quello che veniva dall'addome fasciato. Era una sensazione strana, qualcosa nato come un fastidio e la cui percezione si era poi formata nella sua mente come un dolore sempre più forte che partiva dal bacino e continuava non capiva nemmeno lui fino a dove. Provò a sollevarsi e poi con le mani si toccò le cosce stringendole come se volesse fermare in qualche modo quella sensazione non descrivibile, era come se improvvisamente si fosse reso conto di essere percorso scariche elettriche che lo bruciavano dall'interno.

Non sentiva nulla al di fuori del dolore dentro. Rimase bloccato a guardare le mani che toccavano le gambe e a non avere la percezione di nulla di quello che stava facendo se non il dolore interno, incessante. Cominciò a respirare velocemente, sentiva il cuore sbattere nella cassa toracica e rimbombare nella sua mente, sudava eppure non aveva caldo, anzi brividi di freddo attraversavano le sue braccia tanto da fargli tremare le mani, ma nemmeno di quello si rese conto. Non mosse più un muscolo, per paura di quello che non avrebbe visto.

Clark lo trovò così quando entrò nella sua stanza. Non sapeva quanto tempo era passato, non capiva più nulla, si rifiutava di capire quello che invece aveva già realizzato, perché la sua mente funzionava fin troppo bene. Lasciò che il dottore iniettasse non sapeva cosa nella sua flebo e poco dopo i dolori cominciarono a allentare la morsa e lui sembrò ritornare a respirare in modo normale. Fermò il suo amico quando se ne stava per andare, stringendo il suo braccio con fin troppa forza.

Si lasciò trasportare da una sala all'altra dell'ospedale facendo esami e test. Vide aghi infilati sul suo corpo senza percepire niente. Non sentì il caldo nè il freddo del ghiaccio fatto scivolare lungo le sue gambe. Ebbe chiaro il punto sopra il quale aveva di nuovo la percezione di qualcosa, più su di quanto immaginasse, all'altezza dell'ombelico più o meno, proprio dove cominciavano le bende dell'operazione, bene, così quel dolore poteva sentirlo tutto, e lo sentì, quando lo medicarono e gli dissero che era tutto a posto. Fece una risata stizzita. Era tutto a posto, se escludevamo il fatto che più di metà del suo corpo non era più suo, era abbandonato a se stesso.

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