Dovevano imparare a prendere le misure, anche in senso letterale. Non era facile stare vicini come avrebbero voluto perché c'era di mezzo quella carrozzina è perché lì in ospedale non era proprio il massimo della comodità. Kate si era così seduta sulla poltroncina in fondo alla stanza, dove solitamente stava Alexis quando andava a trovare suo padre, senza che lui si avvicinasse mai più di tanto, quasi infastidito dal contatto diverso. Con Kate era riuscito quasi subito ad abbattere quella barriera di diffidenza. Si era parcheggiato, come diceva lui, vicino a lei un po' in imbarazzo senza sapere cosa dire o fare realmente. Fu ancora Beckett a rompere quel momento di stasi, abbracciandolo ed appoggiandosi con la testa sulla sua spalla. Rick trattenne il fiato perché non si aspettava quel tipo di contatto, perché lei non sembrava aver paura ad approcciarsi a lui, come sempre. Castle, invece, non sapeva cosa fare. Non sapeva come comportarsi. Aveva quasi paura di toccarla, di sfiorarla, lui che aveva sempre preso il corpo di lei tra le sue mani con sicurezza, sfrontatezza, con la consapevolezza di chi sapeva esattamente come e dove toccarla, ogni volta, per scatenare le reazioni che voleva, ora si sentiva intimidito anche solo a prenderle la mano. Gli sembrava che dalla loro ultima notte insieme fosse passata una vita intera e forse per lui era proprio così, era una vita fa, la vita di prima.Avrebbero avuto tanto di cui parlare, tutto. Si erano ritrovati in una situazione del tutto imprevista a dover fare i conti con sentimenti di cui non avevano mai parlato, loro che avevano sempre vissuto il loro rapporto in modo totalmente fisico, lasciando che fossero i fatti ad andare oltre le parole e le intenzioni, che l'istinto e la passione colmasse il vuoto di tutto quello che non avevano mai avuto il coraggio di dirsi, ma quel coraggio non arrivava in loro aiuto nemmeno in quell'occasione.Quello strano abbraccio che Castle aveva passivamente accettato mentre la sua mente era inebriata dal profumo di lei che era l'antidoto a quella razionalità che gli diceva che tutto era sbagliato e continuavano a combattere quella battaglia silenziosa nella sua testa, fu interrotto dall'arrivo dell'infermiera che discretamente lasciò la cena di Rick sul tavolo vicino al suo letto e a Kate non sfuggì lo sguardo disgustato che lui aveva rivolto a quei piatti coperti da cloche di plastica appannate dai vapori, sembrava un bambino che aveva appena visto un piatto di minestra o verdure. L'infermiera poi si fermò in silenzio davanti a loro: era la prima volta che lo vedeva almeno apparentemente sereno con qualcuno e le dispiacque dover fare da guastafeste a quel loro momento, ma c'erano doveri pratici che doveva espletare. Beckett un po' in imbarazzò si alzò dalla poltroncina e lasciò campo libero alla donna che però sembrava non fare nulla. Capì che doveva andare, nonostante gli occhi di Rick sembrassero pregarla di non farlo, o almeno a lei parve così. Non riusciva a leggere, in realtà, il suo imbarazzo e la vergogna che provava in quel momento per tutta la sua condizione.- Beh, io vado Castle... - Le sembrava di avere le corde vocali atrofizzate e di non riuscire a parlare senza mettersi a piangere.- Torni? - Le chiese in un rigurgito di speranza che si pentì di essersi lasciato sfuggire. Era tardi, forse aveva lavorato tutto il giorno, forse era stanca, non aveva il diritto di chiederglielo solo perché in quel momento si rese conto che non voleva stare solo, perché con lei si era sentito un po' più normale prima che tornasse l'infermiera a riportarlo alla realtà, al fatto che andava cambiato, lavato e messo a letto, proprio come un bambino che da solo non poteva fare nulla perché non ne era più in grado o non ne era ancora, a seconda dei punti di vista.- Certo, torno. - Gli rispose sorridendo sollevata, in quella prima, vera apertura verso di lei che non fosse imposta dai suoi gesti.- Non si preoccupi, in un quarto d'ora abbiamo finito. - Disse la donna a Beckett mentre lei regalava il suo ultimo sguardo ad un Castle che sembrava in quel momento volere solo quello, solo lei.Forse si era spaventata. Forse ci aveva ripensato quando aveva visto la realtà, personificata da un'infermiera che si doveva prendere cura di lui anche per i bisogni basilari. Fosse stato così non poteva darle torto. Forse aveva avuto un imprevisto o un caso improvviso e l'avevano richiamata al distretto. Forse avrebbe dovuto chiamarla così si sarebbe tranquillizzato, ma per dirle cosa? Se solo ci aveva veramente ripensato l'avrebbe messa ancora di più in imbarazzo e non doveva. Forse quello strappo di pomeriggio era stata solo un'illusione, di quelle che lui non voleva vivere, di quelle che da subito aveva tenuto lontane dalla sua mente e dal suo cuore, ma lei era stata più forte della sua volontà e delle sue paure e si era intrufolata nel suo unico spiraglio di vita, si era aggrappata a quella scintilla di amore che aveva visto in lui e con tutte le sue forze l'aveva usata per strappare il velo nero con il quale si era ammantato usandolo come scudo per l'esterno, con il quale teneva tutti fuori, per non soffrire.Ci era cascato, invece. Ci aveva creduto. Gli aveva detto che sarebbe tornata e invece non lo aveva fatto. Avrebbe avuto bisogno di lei per sentirsi ancora un po' normale invece era seduto su quel letto impossibilitato a muoversi. Si era fatto togliere il vassoio della cena senza toccare cibo. Come ogni volta si era sentito umiliato dal trattamento che doveva ricevere, dalla sua incapacità di gestire le più normali azioni quotidiane e non era per Rose, l'infermiera che gentile e professionale si occupava di lui lì in ospedale, era per quel senso di inadeguatezza che aveva. Aveva guardato il piatto di purè, pollo e verdure al vapore con aria schifata per un po' e poi aveva deciso che non avrebbe cenato, tanto il suo stomaco non collaborava. Si era fatto portare il suo tavolino acquistato su Amazon con il quale poteva usare comodamente il computer, avrebbe anche potuto scrivere se avesse avuto ispirazione e mente libera. Il suo lavoro poteva essere una delle cose dalle quali ripartire, ma tutto del suo lavoro gli ricordava la vita di prima e quindi lo aveva lasciato fuori dalla sua nuova vita. Non aveva voluto parlare né con Gina, né con Paula né con nessuno della Black Pawn e in questo sua madre si era rivelata una preziosa alleata, capace di mettere sia la sua ex moglie che la sua agente in riga, facendo rispettare loro la decisione di Rick.Sobbalzò quando sentì bussare alla porta, l'infermiera gli aveva già portato antidolorifici e anche gli ansiolitici che da qualche sera prendeva per dormire. Invitò chiunque fosse ad entrare e si illuminò nel veder fare capolino dalla porta Kate. Si sentì immediatamente un idiota ed era allo stesso tempo felice di vederla.- Sei tornata! - Esclamò stupito di vederla veramente lì.- Te lo avevo detto che sarei tornata. Sono di parola.- Pensavo avessi cambiato idea. - Confessò candidamente.- Scusami, ho trovato un po' di fila. - Alzò la mano mostrando un sacchetto di carta di Remy's, dove erano andati qualche volta, dopo aver lavorato fino a tardi.Kate vide Rick piangere e preoccupata corse da lui, appoggiando il sacchetto vicino al letto, sedendosi al suo fianco.- Ehy, cosa c'è? Stai male?- No... no... io... Ho pensato che non saresti tornata, che ci avevi ripensato, che mi ero illuso... io... mi sento così stupido, in tutto... e odio questi cambi d'umore... odio tutto. - Sospirò abbassando la testa e scacciandosi via velocemente le lacrime.- Odi anche me? - Gli chiese provando a sorridergli ma colpita dal vederlo così fragile e incapace di aiutarlo veramente. Rick scosse la testa energicamente.- No, ti amo. - Le disse con disarmante semplicità con gli occhi ancora arrossati.- Allora non ti illudere, Castle. Non ti libererai di me facilmente. - Lo rassicurò. - Sono arrivata tardi per la cena?- In realtà non ho mangiato. - Ammise.- Nemmeno io, ancora.Gli tolse il portatile dal suo tavolino e prendendo la busta lo "apparecchiò" rivelando il contenuto, tirando fuori due succulenti cheeseburger, una grande quantità di patatine fritte al cheddar e due shake al cioccolato. Lo vedeva sorridere sempre più man mano che rivelava il contenuto della busta, come un bambino che vede i regali di Natale.- Questo è decisamente meglio, Beckett! - Esclamò prendendo il panino ed addentandolo scoprendosi improvvisamente affamato. Lei seguì i suoi movimenti e poi fece lo stesso con il proprio. Mangiarono in silenzio, ma Kate fu felice di constatare come Rick apprezzasse quella semplice cena e non resistette a dargli un bacio per togliergli un baffo di ketchup che gli era rimasto sul labbro una volta finito.- Grazie, mi ci voleva proprio. - Disse infine soddisfatto finendo l'ultimo goccio del suo shake.- Cosa, il bacio o il cheeseburger?- Entrambi, ma forse il bacio un po' di più. - Lo vide avvicinarsi a lei e lo facilitò andandogli incontro per far incontrare di nuovo le loro labbra, poi Kate tolse tutto di mezzo, eliminando le briciole dalle lenzuola, sfiorandogli involontariamente una gamba.- Scusami. - Gli disse pensando stupidamente di avergli fatto male.- Tranquilla, non sento niente. Non mi sono nemmeno accorto. - Le rispose amaramente sprofondando nei cuscini. Era bastato un attimo per far tornare tutto nero dopo quei minuti di idillio.- Mi dispiace Castle. Io devo ancora riuscire a... - Era veramente dispiaciuta e non sapeva come dirglielo, senza ferirlo. Poi pensò che doveva parlargli senza pensare troppo, perché quello sì, sarebbe stato peggio e lo avrebbe fatto sentire ancora più in difficoltà. - Non so ancora come comportarmi, non so di preciso cosa provi, cosa può danneggiarti. Ma non voglio limitarmi. Non voglio che questo sia una barriera tra noi.Gli prese una mano tra le sue e l'accarezzò. Percepì come il suo palmo sempre morbido era diventato ruvido e duro, lo voltò guardandolo come se aspettasse di capire.- Spingermi è faticoso. - Disse lui e Kate portò la mano sul suo volto lasciando che lui l'accarezzasse e poi gli baciò il palmo, rimanendo a contatto con lui a lungo.- Quanto sai di me, adesso. Di quello che mi è successo, di cosa sono diventato. - Le chiese provando non senza difficoltà ad affrontare l'argomento, ma era meglio farlo subito, essere sinceri, avrebbe fatto male, ma poteva ancora tornare indietro.- Tutto, Castle. Ho parlato con Clark. So tutto.- Tutto... - Ripetè lui sottovoce mentre lei non gli lasciava la mano, accarezzandola.- Sì, tutto. - Disse decisa.- E non ti preoccupa? Ti va bene così? - Chiese stupito indicando con la mano libera il suo corpo immobile.- Vuoi sapere se sono preoccupata? No, sono terrorizzata. Mi va bene? Io ti amo e questo non cambia quello che tu sei Castle.- Come fai a dire che non cambia niente Beckett... Io... Non so nemmeno se sono più un uomo... Io... potrei rimanere così, per sempre.- Potrebbe anche non essere così! - Gli disse stringendogli la mano.- Potrebbe esserlo, però! Ci hai pensato Kate? Senza illuderti!- Ogni giorno, Rick. E la risposta era sempre la stessa. Voglio te e non mi importa se con te ci sarà anche lei. - Disse indicando la sua sedia - Non è quello che mi può far smettere di amarti.- Kate, io adesso ho bisogno di crederci. Io non voglio condannarti ad una vita così, con me, però sono egoista e non riesco più a dirti di andare via. Ho bisogno di te ed ho paura.- Non devi aver paura, Castle. - Lo abbracciò e sentì le braccia di lui stringerla con forza e in quell'abbracciò percepì tutte le sue paure, sentì per la prima volta come lui si stava aggrappando a lei, fisicamente e non solo. Lo sentì singhiozzare sul suo petto e per quello sì, le sembrò un bambino che doveva solo essere protetto. Lo lasciò sfogare accarezzandogli i capelli e rimase lì con lui tutta la notte, senza avere coraggio di andarsene, non quella notte, non poteva lasciarlo alle sue paure.
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Now I Know
FanfictionSiamo nel pilot. Castle e Beckett si sono appena salutati sulla strada. Quel "You Have No Idea" riecheggia nella mente di Castle che non riesce a smettere di pensare alla detective e a come lo ha provocato... Dovevano essere solo due parti... sarà q...