TRENTADUE

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Quel fracasso aveva svegliato Kate immediatamente, ma non con la stessa rapidità era riuscita a capire cosa stesse accadendo. Aveva istintivamente allungato una mano al comodino per prendere la pistola, temendo qualche intruso, quando realizzò che era nuda con solo una coperta sul suo corpo.Castle. Il suo pensiero le riempì la mente e tutto quello che era accaduto quella notte, o qualche ora prima non lo sapeva, fu di nuovo un ricordo lucido che in un istante la riempì.Castle.I suoi sensi si allertarono immediatamente, dove era Castle? Accese la luce e esplorò la stanza con uno sguardo. Il letto dalla sua parte era tiepido, i vestiti erano a terra. Non era andato via. Ricollegò mentalmente i rumori alla sua presenza, prese la felpa a terra la indossò e corse al bagno, perché quel rumore proveniva sicuramente dall'unica stanza chiusa.Quando provò ad aprire la porta trovò un ostacolo che non si aspettava, non poté che spostarla di pochi centimetri perché era come se ci fosse qualcosa che le impediva di aprirla di più. Lo chiamò me non ottenne risposta. Provò a forzare per spiare all'interno e lo vide, sul pavimento immobile, lo chiamò ancora, non si voltò. Era la sua sedia scivolata all'indietro che bloccava la porta, aveva paura ad essere troppo irruente per non farla andare addosso a lui che sembrava in uno stato di shock. Riuscì ad infilare un bracciò nell'apertura della porta, quel tanto che bastava per far scivolare la carrozzina un po' più avanti e permetterle di entrare e appena lo fece la sua foga si placò lasciando spazio ad un improvviso senso di frustrazione perché non sapeva cosa fare. Rick sembrava non essersi accorto di nulla di tutto quello che lei aveva fatto, né che fosse lì, ma poteva sentire i suoi singhiozzi sommessi adesso che era a pochi passi da lui.- Castle... - lo chiamò con un sussurro, come se avesse paura di alzare il tono della voce, ricordandosi alcuni dei suoi studi sulle persone in stato di shock e di come un approccio troppo veemente potesse turbarle ancora di più.Lui non le rispose. Era come se lei non ci fosse, se non fosse mai entrata lì. Kate, invece, alle sue spalle, cercava di raccogliere in quella scena più indizi possibili in pochi istanti per capire quello che doveva fare. Notò subito la mensola divelta e poi i vetri delle bottiglie rotte a terra e dal pavimento lo sguardo si spostò su Rick e sul sangue che lo aveva macchiato e che si confondeva con i liquidi sul pavimento. Il piccolo ambiente fu ben presto saturo del profumo che era caduto e si era rotto, e dell'odore altrettanto dolce delle creme. Era fin troppo inebriante. Non sapeva cosa dirgli, né cosa fare, non poteva avvicinarsi di più perché il pavimento era pieno di vetri e lei era scalza, non voleva andarsene nemmeno per un istante ma non poté fare altro. Non seppe nemmeno se lui si era accorto o no del fatto che era uscita, si era infilata anche i pantaloni della tuta ed un paio di ciabatte, aveva preso scopa e paletta ed era tornata lì. Sentiva i pezzetti di vetro frantumarsi sotto i suoi piedi mentre si avvicinava a lui e poi si accovacciò proprio quando era al suo fianco. Lo sguardo di Rick era perso, fisso in avanti verso un punto indefinito che andava ben oltre quel bagno. - Castle... Hey... - Lo chiamò ancora ed ancora non ottenne risposta. Gli prese il volto tra le mani obbligandolo a guardarla. La devastò la paura che lesse nei suoi occhi ma allo stesso tempo fu una scarica per reagire, almeno lei.- Stai bene? - Si morse la lingua dopo averglielo chiesto. No che non stava bene, era evidente per chiunque che non stava bene. Aprì la bocca per risponderle, almeno dava un cenno di presenza, ma non uscì alcun suono e scosse solo la testa chiudendo gli occhi per provare a fermare le lacrime. Kate appoggiò le labbra sulla sua guancia e gli sussurrò di aspettarla solo un istante, anche se fu poco di più, il tempo di pulire tutti i vetri dal pavimento, almeno quelli intorno a lui, se poi ne fossero rimasti altri finiti sotto la vasca o il mobile ci avrebbe pensato poi. Aveva acceso una luce più forte per assicurarsi che non ci fossero più schegge di vetro in giro e poi si accovacciò al suo fianco. Gli prese le mani accorgendosi che continuavano a sanguinare. Si era tagliato appoggiandole con forza sul pavimento per attutire la caduta. Lui, che fino a quel momento non aveva detto nulla né opposto resistenza le ritrasse.- Non è niente. - Protestò Rick- Non è vero che non è niente. Hai dei tagli, potrebbero esserci rimasti dei frammenti di vetro, fammi vedere! - Gli riprese le mani con più decisione e lui la lasciò fare inerme davanti alla sua volontà. Kate prese la valigetta del pronto soccorso e disinfettò i tagli rimuovendo attentamente alcune scagliette di vetro. Immaginava che si lamentasse e protestasse, invece rimase immobile subendo le sue cure in silenzio. Quando fu sicura del risultato gli fasciò con cura le mani per fermare la fuoriuscita di sangue.- Scusami per questo disastro. - Disse lui infine sospirando guardandosi intorno. - Dopo chiamo qualcuno che venga qui per sistemarti quella parete e...- Smettila Rick. Non hai niente di cui scusarti.- Sì io... - Dovevi chiamarmi.- Hai ragione. Non avrei distrutto il tuo bagno. - Disse rassegnato e demoralizzato.- Non mi frega niente di questo maledettissimo bagno, Castle! - Alzò la voce Kate. - Per te. Dovevi chiamarmi per te. Potevi farti male.Finì la frase con un filo di voce. Si abbandonò sul pavimento seduta vicino a lui. Gli prese le mani, le accarezzò e realizzò che si era già fatto male.- Potevi farti ancora più male Castle... Potevi... - Pensò in un attimo a tutte le cose orribili che potevano accadergli nel suo bagno che mai aveva odiato come quella sera. Passò le dita sul dorso delle mani di Rick e poi le voltò, sfiorando i palmi e poi la punta delle dita. Ripensò a quelle mani su di lei, a come lui l'aveva voluta, accarezzata, fatta sua. Pensò che le mani di Castle non avrebbero mai dovuto ferirsi, non quelle mani che erano capaci di farla sentire così viva, così donna, che la stringevano con la forza di un uragano e la delicatezza di una brezza marina. Quelle mani che avrebbero dovuto essere un patrimonio di tutta l'umanità, perché ogni donna avrebbe dovuto provare la sensazione di essere toccata così da un uomo, con una carezza che dalla pelle arrivava fin dentro l'anima. Ma no, era egoista, quelle mani dovevano essere solo sue, non lo avrebbe voluto mai dividere con nessun altra, il solo pensiero la terrorizzava e si ritrovò a stringerlo di più mentre lo fissava negli occhi e nello sguardo di quell'uomo smarrito faticava a ritrovarci quello sicuro di poco prima, eppure c'era. Sapeva che c'era, che si era nascosto tra le paure. Non si era illusa che fosse tutto alle spalle o forse sì, lo aveva fatto per un po', aveva voluto crederci, lui l'aveva portata sulle nuvole ed ora era tornata dolorosamente a terra, in tutti i sensi.- Non volevo svegliarti... Non ti volevo disturbare... Mi dispiace... Alla fine ho fatto peggio. - Le disse rammaricato. - Tu non mi disturbi mai. - Si portò le sue mani sul volto, lasciando che le dita inermi la accarezzassero. Sentì un improvviso bisogno, una necessità del suo contatto. Era ridicolo dirlo ed anche pensarlo, era forse la cosa più egoistica che poteva pensare, ma aveva bisogno di lui. Un bisogno che le veniva da dentro, come se senza di lui non potesse nemmeno più respirare. Aveva paura di perderlo ancora, che si lasciasse di nuovo andare, che si richiudesse. Lo aveva già vissuto una volta, non avrebbe potuto sopportarlo ancora.- Ti prego Castle, non mi lasciare. - Gli disse cogliendolo di sorpresa. Tutto si sarebbe aspettato tranne quelle parole uscite senza controllo dalla bocca di Kate che si rese conto di averle dette e non solo pensate dall'espressione spaesata di lui.- Sei tu che non dovresti voler stare con me. - Credevo che questa fase l'avessimo superata Castle. Credevo di essere stata abbastanza chiara in merito, no? - Non sarà facile.- Non mi importa se sarà difficile, non ho paura se tu sarai vicino a me. Farei qualsiasi cosa per te, per starti vicino.- Cosa farai? Ogni volta che cadrò tu verrai a medicarmi e faremo finta di nulla?- Se sarà necessario sì. Ogni volta che cadrai io mi siederò vicino a te e saremo a terra insieme e da lì ci rialzeremo, insieme.- Io non credo che potrò rialzarmi facilmente.- Allora ti rialzerò io. - Disse Kate decisa sotto lo sguardo scettico di Rick - Non sfidarmi Castle, lo posso fare.- Non devi sentirti obbligata a farlo. - Provò a ribattere.- Lo sono invece. Sono obbligata a farlo se tu non lo farai. Perché io non voglio lasciarti indietro Rick. Non adesso, non dopo quello che c'è stato tra noi stanotte. Perché io ho visto cosa vuoi ed è quello che voglio io. Io l'ho sentito Rick, e non posso permettere che siano le tue paure o qualunque ostacolo materiale a mettersi tra me e te.- Io ci ho provato Beckett, ci ho provato a crederci, a combattere, a fare qualcosa di diverso ma è così... è così difficile! Ed ora sono qui ed ho fatto mille danni perché io non posso nemmeno andare in bagno senza fare disastri e mi sembra di essere tornato al punto di partenza e che tutto sia inutile! Che io sono inutile! - Il dolore e l'amarezza delle sue parole la colpirono profondamente. Kate percepiva il peso della sconfitta che Castle sentiva gravare sulle sue spalle. Non sapeva cosa avesse fatto in quelle settimane, non aveva avuto il tempo di chiederglielo, ma qualsiasi cosa fosse stata credeva fosse stata grandiosa, perché lui era lì, ed era questo che voleva fargli capire.- Pensi che la mia vita sia inutile, Castle? - Gli chiese a bruciapelo cogliendolo di sorpresa.- Eh? Cosa? No! - Rispose deciso - Perché la tua vita dovrebbe essere inutile? Tu... tu sei una dei migliori, anzi sei la migliore detective di New York, tu aiuti tante persone con il tuo lavoro e... no, Beckett, perché la tua vita dovrebbe essere inutile?- Perché tu sei la parte migliore della mia vita, Castle. Io non so perché, non so cosa mi hai fatto, non so come ci sei riuscito ma è così. E se tu dici che la tua vita è inutile, allora lo è anche la mia. Perché non so immaginarmi più senza di te. Non adesso. Non più.- Beckett... Non dire così...- Non dirmi cosa devo dire Castle, anzi ti voglio dire io una cosa. Io in passato ho già perso una persona importante nella mia vita, la persona più importante fino a quel momento, e non ho potuto fare niente. Io non permetterò che succeda ancora, in nessun modo. Io non voglio che non faccia più parte della mia vita, io non voglio perderti, Castle, non se so che anche tu vuoi la stessa cosa che voglio io. Tutto il resto in qualche modo si può superare tu hai già fatto tantissimo, hai fatto cose che non avrei mai immaginato. Non avrei mai creduto che tu venissi qui, da solo, e nemmeno tutto il resto e non puoi farti scoraggiare da uno stupido bagno.- Non è colpa del bagno. È colpa mia.- Di tutto quello che ti ho detto pensi ancora al bagno, Castle? - Gli rispose indispettita. Sapeva che aveva sentito ogni singola parola e che gli era arrivata colpendolo nel modo che lei sperava. Lo aveva capito da come aveva stretto i denti, spostato lo sguardo e respirato in modo più profondo ad ogni singola parola ben assestata per fare breccia in quel muro che aveva il terrore lui stesse ricostruendo tra loro.Rick si fermò ad osservare gli occhi di Kate: determinati, decisi. Quello sguardo era una delle cose che l'aveva fatto innamorare di lei, quello sguardo che non era compiacente e non arretrava, ma lo aveva sempre sfidato ed aveva sostenuto il suo, anche quando aveva fatto di tutto per essere insopportabile. Erano tante le piccole cose che lo avevano fatto totalmente, assolutamente, irrimediabilmente innamorare di Beckett. Erano stati i molteplici modi di essere lei, tutti quei lati del suo carattere che scopriva uno dopo l'altro che sembravano così in antitesi tra loro, ma che in lei costruivano una splendida armonia e non sapeva perché lei gli avesse permesso di guardare oltre la corazza dietro la quale si proteggeva, ma si sentiva un privilegiato per aver potuto conoscere la Kate Beckett più nascosta, quella che non mostrava mai a nessuno, quella più bella. Sarebbe stato un pazzo, pensò, a dilapidare tanta fortuna per una caduta. Ce ne sarebbero state altre, forse ce ne sarebbero state tante ma sapeva in fondo che aveva ragione lei, che insieme, in qualche modo, si sarebbero potuti rialzare. Si avvicinò con la testa al suo viso, la sfiorò con il naso sulla guancia e si appoggiò con la testa sulla sua spalla. Era la sua resa. Si era arreso a lei, alla sua forza e determinazione di credere in loro più di quanto sarebbe stato giusto e logico. Beckett passò un braccio intorno alle sue spalle: la pelle era fredda, i muscoli tesi e tutto era in contrapposizione con quell'uomo fragile che si aggrappava a lei. Lo avrebbe sostenuto, sapeva che avrebbe da qualche parte trovato la forza per entrambi. Per stare insieme non bastava amarsi, bisognava volerlo, e lui le aveva dimostrato che lo voleva nel momento stesso in cui aveva smesso di combattere contro di lei e contro tutto quello che poteva esserci di logico. E allora era vero, la colpa non era sua, era del bagno che non era adatto a lui e quindi a loro. Non c'era nessun'altra possibilità. Lo strinse a sé, per quanto poteva ed avrebbe invece voluto farlo molto di più. Non sapeva come, ma si sarebbero rialzati da lì, lei lo avrebbe rialzato, da quel pavimento e da tutti gli altri pavimenti che avrebbero trovato nella loro strada. Aveva solo bisogno di riprendere fiato anche lei ed in fondo sembrava non dispiacere nemmeno a lui stare lì, adesso.- Sai Beckett, mi piace molto il tuo profumo, ma stavo pensando che sta molto meglio a te che a me. - Le disse mentre giocava con una ciocca dei suoi capelli. Kate sorrise e gli baciò la fronte. Sapeva benissimo dove avrebbe trovato la forza per affrontare tutto quello che avrebbero incrociato nella loro vita: in lui.

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