DICIASSETTE

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Si era addormentata appoggiata al letto, la testa vicina al suo braccio. Stupidamente sperava di sentire la sua mano tra i capelli e solo in quel momento capì quanto le mancavano tutte quelle cose che aveva sempre dato per scontate con lui. Invece era sempre fermo, immobile. Kate sentì i muscoli del torace urlare quando provò a tirarsi su troppo in fretta, costretti da una notte intera in una posizione poco consona per chiunque, ancora di più per lei. Anche il braccio le faceva male, ma tutto passava in secondo piano davanti a Rick. Si impose di non lasciarsi condizionare dal dolore, passò ancora qualche minuto ad accarezzare il suo volto: sembrava solo che stesse dormendo sereno. Avvicinò, poi, le sue labbra a quelle di lui, baciandolo con tutta la dolcezza di cui era capace. Fu un bacio a senso unico, ma non era questo a renderlo diverso da tutti gli altri. Era la consapevolezza con la quale lo stava baciando a farlo tale. Lo stava baciando non per passione, non per piacere, non per il sapore inebriante delle sue labbra. Lo stava baciando perché lo amava ed era la prima volta che lo poteva baciare libera dalle costrizioni che si era imposta, senza mentire a se stessa. Non c'erano altri motivi se non quello, l'unico per cui lo avrebbe baciato altre mille volte, sempre.L'avevano costretta in una fasciatura che la faceva respirare male, in più quel tutore al braccio era veramente esagerato, lo aveva detto più volte al medico che però non aveva voluto sentire ragioni: non avrebbe dovuto sforzare il braccio per una settimana ed aveva capito anche lui che quello era l'unico modo per imporle riposo, almeno fino a quando avesse acconsentito a portarlo. L'avevano di fatto obbligata a farsi visitare quando era uscita dalla camera di Castle, ancora con la camicia strappata e tutti i segni ben visibili di quello che aveva vissuto, fisicamente ed emotivamente. Era poi uscita da lì trascinando dietro il suo giubbotto antiprioiettili, era andata a casa frustrata dal non potersi nemmeno fare una doccia. Si era cambiata mettendosi qualcosa di pulito e non strappato ed era andata al distretto.No. Era la risposta ad ogni sua domanda."Avete trovato qualcosa? No.""Tracce? No.""Prove? No.""DNA? No.""Video? No.".In uno scatto d'ira rovesciò più della metà di quello che c'era sopra la sua scrivania, tenendosi poi la testa con la mano destra, l'unica con la quale riusciva a sostenersi. Quell'uomo aveva lasciato dietro di se una scia di sangue infinita ma per lei in quel quello era solo l'uomo che aveva ferito Castle. Nessuno parlò, nessuno le disse niente. Esposito e Ryan rimasero a guardarla per un attimo e poi tornarono al loro lavoro mentre lei, una volta calmati i nervi si era piegata a raccogliere le sue cose. Una mano si posò sopra la sua e Kate si voltò a guardare il capitano Montgmery accovacciato al suo fianco.- Ho saputo di Castle. Prenditi qualche giorno di riposo per rimetterti. - Le disse appoggiando uno dei suoi elefanti sulla scrivania.- Io sto bene signore. - Protestò lei.- No, non stai bene e non solo per quel braccio lì.- Non mi lasci fuori da questo, capitano. Ho bisogno di lavorare su questo caso. - Lo implorò.- Non voglio obbligarti, Beckett. Però non arrivare a fare come nei giorni scorsi. Lavorare senza essere lucida non fa bene né a te né alle indagini.- Sì, signore...Montgomery se ne andò nel suo ufficio lasciandola lì davanti alla scrivania con quelle ultime parole che erano una secchiata di acqua gelida sbattuta in pieno volto. Aveva ragione lui. Era stata poco lucida. Non aveva capito, non aveva voluto vedere o ascoltare nulla. Aveva agito senza pensare e questo suo atteggiamento stupido poteva avere conseguenze drammatiche non solo per lei, ma anche per i suoi compagni, pensò guardando Esposito e Ryan che l'avevano seguita senza fare domande. Ma no, sbagliava ancora, le conseguenze drammatiche le aveva avute, perché c'era qualcuno che mancava in quella stanza. Perché per la sua stupidità, Castle era in un letto di ospedale e non sapeva nemmeno se e come si sarebbe mai alzato da lì.Quando Martha l'aveva chiamata per dirle che Rick si era svegliato, aveva immediatamente lasciato il distretto ed era tornata in ospedale da Castle. Entrò nella sua stanza senza pensarci troppo, portata lì dalla foga e dalla poca ragione. Se ne pentì quando vide intorno al suo letto Martha, Alexis ed il dottor Clark.- Scusate io... - Guardò i tre dispiaciuta di averli interrotti e stava per uscire di nuovo quando sentì la sua voce. Era così familiare e diversa allo stesso tempo, debole e roca.- Kate... -- Ciao Castle. - Gli disse cercando di mantenere un minimo distacco. - Mi dispiace avervi disturbato io... volevo solo vedere se Castle stava bene... Vi lascio soli.- Oh no, mia cara! - La fermò Martha. - Richard da quando si è svegliato non fa altro che credere di te. Gli abbiamo detto che tu stavi bene ma lui non voleva crederci.- Io sto bene, Castle, non ti preoccupare per me. - Cercò di rassicurarlo.- Uhm... no... quel braccio lì... non stai bene, detective. - Gli disse indicando il tutore e sembrò fare un grande sforzo ad alzare il braccio.- È solo una contusione e i colleghi del dottor Clark sono stati un po' troppo insistenti. - Era difficile per Kate nascondere tutto quello che provava in quel momento e la voglia di abbracciarlo, di baciarlo, di dirgli subito che lei non lo avrebbe mai lasciato.Castle fece un cenno a John che lo aiutò a tirarsi un po' sù e vide le sue smorfie di dolore che non riusciva a celare, poi con uno sguardo a Martha, Rick fece capire a sua madre che voleva rimanere solo, così l'attrice portò fuori da lì Alexis con una scusa ed il dottore le seguì lasciandolo solo con Beckett.Si guardarono in silenzio per qualche istante, nessuno dei due riusciva a dire nulla o sapeva cosa dire, fu lei a prendere la situazione in mano avvicinandosi a lui, ansiosa di toccarlo, di sentire il calore della sua pelle, di vederlo da vicino, vivo, di sentire il suo respiro. Lo prese alla sprovvista baciandolo. Castle sembrò frastornato, tanto che la lasciò fare senza ricambiare quel bacio inaspettato. Poi Kate dalle labbra passò alla guancia ed infine appoggiò la testa sul suo collo, stringendolo con il braccio libero.- Sono a letto Beckett, ma non credo di poter fare quello che di solito noi... - provò a ridere, ma la risata rimase soffocata tra i dolori del costato. Lei si sollevò da lui, prendendogli il volto con entrambe le mani, baciandolo ancora e poi accarezzandolo, come aveva fatto il giorno prima quando era disteso sull'asfalto. Per lui fu come un brivido che lo percorse bloccandosi a metà della schiena.- Sei un idiota Castle, lo sai? - Provò lei a sorridergli, ma le veniva solo da piangere.- Per quale dei tanti motivi? - Chiese mentre lei si perdeva nei suoi occhi blu.- Perché non dovevi fare quello che hai fatto ieri. Sei stato un irresponsabile. - Cercava di rimproverarlo mentre gli accarezzava il volto spostandogli i capelli.- Sì, lo so, tu mi avevi detto di rimanere in macchina ed io non ti ho dato ascolto. Ho capito. Giuro che non capiterà più. - Era estremamente serio e questo la sorprese. Non capiterà più. Possibile che lui non sapesse cosa gli era accaduto? O stava solo facendo finta di nulla.- Non voglio che ti accada nulla, Castle.- Non ti preoccupare, Beckett. Ho firmato la liberatoria, ricordi? Qualunque cosa mi succederà non sarà colpa tua. - Lo vide chiudere gli occhi, le sue parole erano diventate sempre meno comprensibili, la sua voce impastata.- Sarà sempre colpa mia Castle... - Gli sussurrò dandogli ancora un bacio e lo vide sforzarsi di riaprire gli occhi ancora.- Non mi chiedi nemmeno come mi sento? - Le chiese provando ancora sorridere.- Come ti senti Castle? - Provò ad essere accondiscendente.- Come uno che è quasi saltato in aria con una bomba.- E non dovevi essere lì. - Sospirò lei.- Sì, quello è il mio posto. Vicino a te... Scusami Beckett, sono molto stanco... - Disse sospirando chiudendo ancora gli occhi.- Certo, Castle... Riposati. - Gli diede un bacio sulla fronte, vicino a dove aveva il cerotto per la botta presa.Uscì dalla stanza, ma non ebbe nemmeno modo di riprendere fiato che trovò di nuovo Martha, Alexis e il dottor Clark davanti a sé.- Non sa niente, vero? - Chiese loro, ma non ebbe bisogno di una risposta, era evidente dai suoi discorsi.- No, ho preferito non dirgli nulla ancora. Vorrei che prima si risvegliasse e fosse lucido. - Le spiegò Clark.- Ma lui non... non... - non riusciva nemmeno a dirlo.- Non sente le gambe, no. - Finì il dottore la sua frase.- E non ha chiesto nulla? - Chiese sorpresa Kate.- Sì, ma pensa sia l'effetto dell'anestesia. È ancora molto confuso. - Lo giustificò Martha e Kate era convinta che ancora nemmeno l'attrice avesse ben chiara la situazione di suo figlio. Spostò lo sguardo su Alexis che tra tutti sembrava la più nervosa e la giovane approfittò di un momento in cui sua nonna era andata con il dottor Clark a sistemare delle questioni burocratiche per avvicinarsi alla detective.- Papà non camminerà più, non è vero? - Le chiese senza giri di parole.- Non lo sappiamo Alexis. Tuo padre è forte ma...- Ma la bomba è stata più forte di lui. - Finì stizzita la giovane.- Mi dispiace. Non dovevo permetterlo.- Cosa? Che ti seguisse? Che giocasse a fare il poliziotto? Che rischiasse di farsi saltare in aria? Non è colpa tua, detective. Mio padre se si mette in testa una cosa non lo ferma nessuno. E si è messo in testa di essere la tua ombra. Beh, adesso qualcuno che lo ha fermato l'ha trovato. - Nella voce della giovane c'era rabbia, ma non contro Kate, contro quella situazione o, come avrebbe detto suo padre, contro l'universo.- Non dovevano andare così le cose, Alexis. Rick non doveva rimanere ferito.- Già... però è successo. Spero che almeno sia valso a qualcosa. Che tu abbia capito qualcosa. - Alexis vide sua nonna tornare e si allontanò, lasciando Beckett sola con le sue preoccupazioni, i suoi dubbi e i suoi rimorsi.

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