Capitolo 38 - La stanza delle necessità.

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"Che cosa diavolo vuol dire?!" gridai.
"Dai Sara, stai calma."
"Io non sto calma! Quello che mi hai detto non ha un minimo di senso!" continuai.
Mio zio mi guardava dispiaciuto.
"Ma dimmi se a te sembra normale che io me ne vado in giro dicendo 'Ehi, sono Sara, quella con un sangue magico in corpo.' A te sembra normale? A me no!"
"Dovresti andarne fiera." mi disse.
"Andarne fiera?" esclamai, alzando un sopracciglio a bocca aperta.
"Ma di cosa dovrei andare fiera? Di aver fallito nell'uccidere Voldemort? Wow, bella cosa di cui andare fiera."
"Tanta gente ha fallito in questo campo."
"E perché io dovrei essere tra quelli? Perché i miei genitori hanno dovuto decidere per me? Se avessero saputo usare bene il mio dono forse ora sarebbero qui con me.."
"Sara loro volevano solo salvarti."
"Ma adesso io sono sola."
"Ti sbagli. Tu hai tua nonna, tua zia, me, i tuoi amici.." mi rispose.
"Zio...come faccio ad uccidere Voldemort?" gli chiesi, dopo qualche secondo di silenzio.
"Devi parlarne con Potter. Se il Signore Oscuro tornerà, sarà tutto nelle vostre mani." rispose.
"Sono solo una ragazzina."
"La ragazza più forte di tutte." disse mentre un dolce sorriso affiorava sulle sue labbra.
"Grazie zio." dissi abbracciandolo.
Poi tornai per la mia strada.

Mentre passavo per i corridoi vuoti del castello tirai fuori la mia bacchetta.
La guardavo attentamente.
Come poteva un semplice pezzo di legno produrre così tanta magia?
A volte credevo di sognare e avevo paura di svegliarmi in un mondo senza magia.
Ero brava con gli incantesimi, ma avevo costantemente voglia di impararne di nuovi e di potenziare quelli che già sapevo fare.
A quel pensiero, alla mia destra, si aprì il grande portone nascosto della stanza delle necessità. Entrai senza pensarci due volte.
Al suo interno vi era una scrivania con sopra un libro aperto.
Mi guardai le spalle per avere la certezza che nessuno mi seguisse.
Spostai la sedia che stava davanti alla scrivania e mi piegai leggermente verso il libro. Le scritte erano in una lingua a me sconosciuta, non si capiva nulla, o almeno, io non ci capivo nulla.
Mi allontanai da essa iniziai a passeggiare come se nulla fosse per la stanza. Intorno a me non c'era nulla, un'enorme camera senza confini. Immersa nel silenzio, si sentivano solo i miei passi.
Canticchiando le dolci melodie di una canzone ripensai a come stavo bene finché tutto è accaduto.
Forse l'infinita stanza vuota serviva a farmi pensare.
Mi mancava.
Lo sentivo distante, eppure lo vedevo ogni singolo giorno.
Lo guardavo da lontano, con la speranza che lui capisse che non è stata colpa mia.
Però poi capii che a lui non gli importava più di me.
Mi sedetti a terra e, fissando il vuoto, ripensai a quell'istante.
Il giorno precedente, stavo facendo due chiacchiere con Hermione in uno dei tanti corridoi della nostra scuola e, mentre lei parlavo io mi distrassi guardando la sua figura bionda uscire dalla classe con il suo amico Blaise. Anche loro si fermarono a parlare, quando, pochi secondi dopo, mi resi conto che lui si era già dimenticato di me. La figura magra di Astoria si affiancò a Draco e, come se niente fosse, gli stampò un dolce bacio sulle labbra. Sentii i pezzettini del mio cuore cadere distrutti. In un secondo mi era crollato il mondo addosso e ne ero io la causa.

Una mano mi scosse la spalla e tornai al mondo reale. Mi girai di scatto e lo vidi. Mi alzai da terra e indietreggiai di qualche passo.
"Non ho intenzione di ucciderti." mi disse.
"L'hai già fatto.." sussurrai.
"Che hai detto?" chiese, non avendomi sentita.
"No, nulla." risposi.
Non volevo che sapesse che io soffrivo per lui. Se la mia sofferenza non era ricambiata, che senso aveva? Lui mi aveva già rimpiazzata.
Mi sentivo le lacrime agli occhi.
Evidentemente se ne accorse anche lui, poiché mi si avvicinò con fare preoccupato.
"Ti senti bene?" mi domandò.
"Non è un tuo problema." risposi acida, rimandando giù le lacrime.
Iniziai ad incamminarmi verso l'uscita con le braccia incrociate.
"Dove stai andando?" chiese, alle mie spalle.
"Cosa ti sembra che io stia facendo? Sto cercando l'uscita." dissi fredda.
"Non c'è alcuna uscita."
Mi bloccai all'istante.
"In questa stanza ci sono entrata da una porta e se c'è un'entrata c'è anche una dannatissima uscita!" sbraitai, girandomi verso lui.
"Non c'è alcuna uscita." replicò.
Mi avvicinai a passo svelto e alzai un sopracciglio.
"Cosa te lo fa credere?"
"Il fatto che sono passati almeno quindici alunni prima di me davanti all'entrata e solo quando sono passato io si è aperta e, stranamente, c'eri solo tu qua dentro."
"Il destino vuole farci stare soli." sbuffai.
"La stanza." disse.
Lo guardai.
"La stanza?" chiesi.
"È la stanza che lo vuole, non il destino."
"Perché la stanza vorrebbe questo."
"Non lo so."
Alzai gli occhi al cielo.
Iniziai a camminare avanti e indietro nervosamente.
"Voglio uscire." annunciai, ormai stufa di stare là dentro con un ragazzo che non mi parlava.
Mi fermai e lo guardai fisso.
"Dato che non usciremo da qui, di che cosa parliamo?" gli chiesi, con un sorriso falso.
"Ho una ragazza." disse lui.
"E quindi?" risposi schifata.
"Fammi finire di parlare, ho una ragazza...che non mi piace." conclusi.
Spalancai gli occhi.
"E perché stai con lei?"
"Volevo dimenticarti."
"E ci sei riuscito?"
"A te sembra?"
Abbassai la testa, arrossendo.
Con pochi passa svelti arrivò da me.
"Sara.."

Alto, Biondo, Stronzo. -Draco Malfoy.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora