2. Ultimo giorno di sole (p. 2)

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Ci spintoniamo salendo su per le scale e quando arriviamo alla porta del bagno ci scambiamo un'occhiataccia.

«Ehi, che intenzioni hai?» protesta indignata quando mi piazzo davanti alla porta.

«Vado prima io. Sono il più grande».

«E il più prepotente. Mai sentito dire "prima le signore"?».

«Sì. Ma tu non sei una signora, ragazzino» e senza darle tempo di ribattere mi fiondo in bagno chiudendo la porta a chiave.

Quando sono finalmente sotto il getto dell'acqua, mi ritrovo a pensare che quello che sta per iniziare sarà l'ultimo anno che passeremo nella stessa scuola e probabilmente anche nella stessa casa, e se da una parte l'idea di andare a vivere da solo mi entusiasma, dall'altra non sono sicuro di voler rinunciare ai nostri battibecchi così presto. Sono otto anni che condivido tutto con lei e ho paura di sentirmi di nuovo solo, come ero prima che i nostri genitori si sposassero. Un'idea inizia a prendere forma nella mia mente. Un'idea folle, ma che forse potrebbe permetterci di restare insieme ancora per un po' di tempo.

Rientro in camera, lancio l'asciugamano sul letto e infilo dei boxer, poi prendo dall'armadio una maglia che atterra sul piumone e infilo un paio di jeans. Sto finendo di allacciarli quando sento bussare alla porta. Allungo velocemente una mano ad afferrare la maglietta prima che Rain entri in camera mia, ma non faccio in tempo a mettermela.

«E se fossi stato nudo?» la rimprovero mentre finisco di vestirmi.

«Avresti chiuso a chiave». Quando fa così non la sopporto.

Mi siedo sul letto per mettere le calze e le scarpe. «La prossima volta aspetta che io risponda». Non si rende conto che non ho più dieci anni e farmi vedere nudo da lei sarebbe... strano. Rialzo la testa e la vedo appoggiata alla porta con le mani dietro la schiena e un'espressione così triste che mi sento un cretino. «Scusami, non volevo...».

«Oggi è quel giorno, Dun» mi interrompe. E mi sento improvvisamente ancora più stupido e insensibile. Lancio un'occhiata al calendario. Me ne sono scordato anche io, troppo occupato a godermi la giornata di sole per pensarci. E dire che le avevo promesso che quest'anno ci avrei pensato io a ricordarglielo.

«Me ne sono dimenticata di nuovo».

«Anche io. Scusami».

Fa per dire qualcosa ma ci ripensa. Mi basta uno sguardo per capire cosa non ha avuto il coraggio di chiedermi, quindi mi faccio avanti.

«Siamo ancora in tempo, se vuoi andare».

«Sei sicuro? Credevo dovessi vederti con Mike...».

«Gli dirò che ci vedremo domani» mi alzo e le vado incontro. «Su, vai a prepararti».

«Grazie» sussurra, dandomi un bacio sulla guancia. La mia mano si sposta verso la sua schiena per premermela contro, ma la riabbasso appena prima che sfiori la sua canottiera ancora fradicia.

«Cosa fai ancora qui? Datti una mossa prima che cambi idea».

Lei mi sorride. «Faccio una doccia veloce e sono pronta ad andare». Quando esce dalla mia stanza, prendo il telefono dal comodino per chiamare Michael.

Mentre aspetto che il mio amico risponda, osservo la mia mano che prima si è mossa istintivamente verso la schiena di Rain. È un gesto che ho fatto talmente tante volte in questi anni da aver perso il conto ed è diventato spontaneo come respirare. Allora perché poco fa mi è sembrato così sbagliato?

Rain vol.2 Dieci battiti al secondo - PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora