4. Sbagliato (p. 1)

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1 ottobre, mercoledì

Duncan

La ragazza sopra di me geme agitando i fianchi snelli su e giù a un ritmo regolare.

Le affondo dentro senza provare niente a eccezione del piacere fisico, ansimando ogni volta che si riabbassa su di me.

Ha ancora addosso la gonna grigia e la camicetta bianca della divisa scolastica,sbottonata sul seno, e tiene gli occhi chiusi mentre prende da me l'unica cosa che posso offrirle, un po' di divertimento in camera sua, seduto sul bordo del suo letto.

Chiudo gli occhi e mi concentro sullesue mani che mi accarezzano sotto il maglione, insinuandosi tra i bottoni della mia camicia, ma la sensazione che provo è quella di trovarmi nel posto sbagliato con la ragazza sbagliata. Le cingo i fianchi incitandola ad andare più veloce, desideroso di concludere l'amplesso, mentre lei soffoca dei gemiti che si fanno sempre più affannosi.

Con Shannon non ho un legame di tipo sentimentale, per quanto ci abbia provato in tutti i modi. Non sono riuscito a innamorarmi di lei. Non provo nulla neanche quando, con un'ultima spinta, vengo scosso da un orgasmo. E mi detesto per questo.

Shannon si solleva e si riveste, mentre io mi riabbottono i pantaloni, poi si riavvicina mettendomi una mano tra i capelli.

Volto la faccia prima che le sue labbra possano sfiorare le mie e mi alzo bruscamente.

«Ma che ti prende? Non ti è piaciuto?» domanda alterata.

Riprendo lo zaino che avevo lanciato sulla sua scrivania quando sono entrato, nella fretta di soddisfare il desiderio che mi ha accompagnato per tutto il viaggio dalla scuola a qui. «Me lo stai chiedendo sul serio? Ne abbiamo parlato milioni di volte, Shannon.»

Mi segue mentre mi dirigo alla porta e mi accompagna giù per le scale sino all'ingresso, in silenzio.

«Fermati almeno per cena» mi dice quando arrivo sulla soglia. «Prima di partire, mia mamma ha cucinato una specialità che abbiamo portato dall'Italia quando siamo andati a trovare gli zii, quest'estate...»

«Davvero, non posso. Oggi è il compleanno di Rain e ho promesso che sarei stato a casa per cena» la interrompo scendendo il gradino dell'ingresso. Mi dispiace lasciare Shannon da sola, so che i suoi sono separati, e sua madre è spesso fuori casa per lavoro.Capisco quanto questo le pesi,ma stasera non posso lasciarmi convincere a rimanere.

Lei socchiude gli occhi. «Tua sorella dovrebbe trovarsi un ragazzo.»

«È troppo presa dai libri per pensare ai ragazzi» dico divertito.

Shannon mi lancia un sorrisetto furbo. «Potrebbe trovarequalcuno che la faccia divertire come fai tu con me.»

«Non è la tipa» tento di troncare la discussione, ma lei non sembra del mio stesso avviso.

«E tu che ne sai?» Accompagna la sua domanda con un gesto stizzito della mano, portando una ciocca dietro le spalle. «Mia madre mi ha detto che lunedì mio cugino si trasferirà nella nostra scuola. Potremmo organizzare un'uscita a quattro e...»

«Shannon» la richiamo poggiandole le mani sulle spalle. «Shannon, come devo spiegartelo che ioe te non siamo una coppia?»

Lei si zittisce e mi fulmina con un'occhiataccia. «Non ti capisco, Duncan. Non riesco davvero a capire perché ti ostini a non voler...»

«Senti, io e te siamo amici, giusto? Ogni tanto andiamo a letto insieme, è vero. Ci divertiamo, perché dovremmo complicare tutto cominciando una relazione? Se non ti sta bene, hai sempre quel tipo del college...»

«Simon?»

«Simon, esatto. Lui mi sembrava davvero interessato a te, e da amico ti dico che hai fatto male a scaricarlo.»

«Non è lui che voglio, Duncan.»

Resto a fissarle gli occhi nocciola un'istante, sentendomi una persona orribile. «Mi dispiace» dico semplicemente, prima di poter cambiare idea. «Quello che c'è tra noi è solo questo. E mi era sembrato di capire che andasse bene anche a te.»

«Io non vengo a letto con te per non pensare a qualcun altro.»

Mi guarda in silenzio, aspettando una mia reazione.

«Non so di cosa parli. Ora se hai finito, vorrei rientrare a casa.»

Mi fissa un istante, poi mi sbatte la porta in faccia.

Resto fermo sulla soglia, , poi mi riscuoto e comincio a incamminarmi verso casa.

Prendo il pacchetto di sigarette che tengo nello zaino , lo apro e faccio per sfilarne una, ma ci rinuncio e lo rimetto dentro. Percorro le strade silenziose del paese, facendo una sosta al market. Frugo nelle tasche in cerca degli ultimi spiccioli, pago quello che ho comprato ed esco con un sacchetto in mano.

Mi affretto per raggiungere casa, tagliando per il pratoe svoltando lungo il vialetto illuminato.Il lampione davanti a casa di Michael non è stato ancora riparato. Incrocio il signor Walsh che è uscito per buttare la spazzatura. Richiude il grosso bidone grigio e mi saluta.

«Ciao Duncan. Ancora in giro?»

Mi fermo per non apparire maleducato, ma spero non mi attacchi bottone. «Sì, ero a studiare da un amico.» Solita scusa, ma funziona sempre.

«La prossima volta trascina anche Mike con te. Quel ragazzo pensa solo agli allenamenti di calcio.»

«Sarà fatto» gli dico salutandolo con un cenno della mano, mentre lui rientra in casa.

L'aria umida della sera mi fa prudere le narici e pentire di non aver messo la giacca.

Affretto il passo e svolto nella via di casa. Supero il muretto che delimita il piccolo giardino e mi fermo davanti alla porta rossa. Mi assicuro con un'occhiata veloce che la divisa sia in ordine prima di entrare, poi apro la porta.

Rain vol.2 Dieci battiti al secondo - PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora