Ha smesso di piovere e il cielo è pieno di stelle.
Lo osservo mentre attendo nervosamente che qualcuno venga ad aprire la porta.
Forse non è in casa, ma spero non sia così. E spero anche che non mi apra la sua coinquilina, non mi ha mai sopportato e sono sicuro che, se le chiedessi se c'è Danielle, mi direbbe di no in ogni caso.
Sento dei passi e dal vetro della porta vedo una luce accendersi.
Quando apre, il mio cuore accelera.
Ero sicuro di ricordare quanto fosse bella, ma mi sbagliavo.
Anche se è dimagrita e i suoi occhi sono tristi, è sempre la ragazza di cui mi sono innamorato.
Dopo un istante di smarrimento, mi fissa con freddezza. So che la sua reazione è dovuta al fatto che non si aspettava di vedermi. Mi ha riconosciuto subito. Al contrario di mia madre, lei non ci ha mai confusi.
«Ehi» la saluto incerto.
«Che ci fai qui?» chiede con distacco.
Infilo le mani nelle tasche. «Sono venuto a salutarti».
«Ok. Ora puoi anche andartene» fa per richiudere la porta.
«Aspetta» metto una mano sullo stipite. «Aspetta, ti prego».
Lei esita, ma poi esce richiudendosi la porta alle spalle.
Si stringe nel maglione beige mentre io mi accendo una sigaretta. «Ti ascolto, Evan, ma sono molto stanca, quindi ti pregherei di fare in fretta».
I suoi occhi sono gonfi e arrossati. Deve essere appena rientrata dall'ospedale.
«Come stai?».
«Sei venuto per questo? Per chiedermi come sto?».
Scuoto la testa. «Domani mi trasferisco a Dublino. Non so se rimetterò mai più piede qui a Cork».
Il mio annuncio non sembra avere alcun effetto.
«Non hai altro da dirmi?» chiede alterata.
Butto fuori il fumo lentamente. «Che altro dovrei dire?».
Si volta e fa per rientrare.
«Cosa dovrei dirti, Danielle? Che mi dispiace?» alzo la voce e lei mi trapassa con uno sguardo gelido.
«Sì, Evan. Sarebbe maturo da parte tua riconoscere i tuoi errori. Ma in fondo sei solo un ragazzino...».
«Ho solo due anni meno di te» mi rendo conto troppo tardi di aver appena dato conferma di quello che ha detto. Prendo un altro tiro. «E no, non credo di doverti delle scuse. Sei tu ad avermi tradito con mio fratello» scuoto la sigaretta e la cenere cade come neve polverosa sul terreno. «Mio fratello!» ripeto tornando a guardarla. «Ammetto di non essere stato un esempio di fedeltà. Ma cazzo, Danielle! Mio fratello! Con tutti i ragazzi che potevi avere, ti sei scopata proprio...».
Non riesco a finire la frase, la sua mano si schianta violenta sulla mia guancia.
«Vattene» mi ordina, ma io resto fermo a fissarla con rancore.
«È successo a Londra, vero?» domando gettando la sigaretta in terra e schiacciandola sotto la scarpa. «Io mi fidavo di voi, ho lasciato che lui ti accompagnasse e tu...».
Di nuovo non posso terminare la frase, ma stavolta Danielle mi si avventa contro spingendomi indietro con rabbia.
«Tu...» mi dà un'altra spinta e io la lascio fare. «Non hai la minima idea di cosa ho fatto a Londra, brutto stronzo egocentrico!».
Mi urla contro e io non reagisco, limitandomi a fissarla con astio. Voglio proprio sentire come si giustificherà, in che modo rovescerà la colpa su di me dandomi del menefreghista e dell'insensibile.
«Io ero incinta, Evan» dice con rabbia, sbattendomi in faccia la realtà di cui ero stato tenuto all'oscuro sino a ora.
Resto a fissarla come un coglione, senza avere la forza di ribattere.
«Cosa...» mi riprendo quel tanto da realizzare che non è possibile, che è una stronzata bella e buona. «Non prendermi per il culo, Danielle, come cazzo è possibile?».
«Ti sembra che io stia scherzando? Dio, Evan, guardami!».
La guardo e nei suoi occhi leggo tutta la disperazione e il dolore che le incrinano la voce. Non sta mentendo, lo so, e la cosa mi distrugge.
Fisso la sigaretta a terra, accartocciata e squarciata su un lato dalla suola delle mie scarpe. È questo che faccio alle persone? È questo che lascio dietro di me?
«Era...» deglutisco nervosamente. «Era mio?».
Annuisce e i suoi occhi si bagnano di lacrime. Non so se sentirmi sollevato o schiacciato da questa rivelazione. Di nuovo, lo sguardo mi cade sul mozzicone che giace a terra.
Ecco cosa mi lascio dietro, cosa è rimasto di me, di noi, di quel filo che ci univa.
Niente. Non è rimasto niente.
«Perché hai deciso da sola? Cazzo, Danielle! Era anche...» mi strofino le mani sulla faccia, senza riuscire a credere a quello che sto per dire. «Era anche mio figlio. Mio figlio, e tu non avevi diritto di... di...» sento le lacrime pizzicarmi gli occhi. Il mio bambino. «Non avevi diritto di scegliere anche per me, cazzo».
Lei mi schernisce con una risata amara. «Andiamo, Evan» chiude gli occhi per un attimo e quando li riapre me li punta addosso con uno sguardo carico di accuse. «Passavi da una festa all'altra, da una ragazza all'altra. Non sei in grado di badare nemmeno a te stesso. Credi sul serio che avresti potuto essere un buon padre?».
«Ci avrei provato, cazzo! Ci avrei provato se tu... merda Danielle!» cerco inutilmente di trattenere le lacrime, ma ormai le sento scendere giù lungo le guance. Avrei potuto dimostrare a me stesso di essere una persona migliore di mio padre.
«Non l'avrei mai lasciato da solo».
«Lo aveva detto anche tuo fratello» dice lasciandomi spiazzato. Tira su col naso, fissando un punto impreciso sul terreno. «Adam ha provato sino all'ultimo a convincermi che era la scelta sbagliata. "Mio fratello è un gran coglione quando ci si mette, ma non farebbe mai mancare l'amore di un genitore a suo figlio"» la sua voce trema scossa da un singhiozzo. «Era disposto a darti una mano a crescerlo con me, se tu avessi voluto. E io ho provato a chiamarti, Evan, ma tu eri a una di quelle dannate serate con i tuoi amici e non hai risposto».
La guardo piangere, completamente distrutto dalle sue parole.
Ero strafatto, per quello non ho risposto.
Vorrei abbracciarla, ma il panico mi serra la gola e mi ruba la vita risucchiandomela dall'interno, proprio dal centro del petto dove non ho più un cuore ma un enorme, oscuro buco nero che si è ingoiato la mia anima.
Sfrego le mani sugli occhi per asciugarli.
La mano di Danielle mi sfiora il braccio. «Vuoi... vuoi venire dentro?».
Mi tiro indietro di scatto. Non ce la faccio.
«Mi dispiace» bisbiglio. «Mi dispiace, Danielle, mi dispiace...» lei fa per abbracciarmi, ma io indietreggio di un passo. Sento che l'aria comincia a mancarmi, sento la nausea assalirmi la gola e il cuore trapassarmi il cervello. «Mi dispiace» ripeto. «Mi dispiace, mi dispiace...» la fisso un'ultima volta prima di voltarmi e andarmene via senza più guardarmi indietro. Sto lasciando per sempre Danielle, un passato troppo doloroso da affrontare e la somma di tutte le scelte sbagliate che ho fatto sino a ora.
Conosco un solo modo per dimenticare, almeno per stanotte, il fallimento che sono stato. Mandare giù lo schifo che sono, seduto in qualche pub, e buttare fuori l'inutilità che sarò, abbracciato alla ceramica fredda di un cesso in qualche sudicia toilette.
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Rain vol.2 Dieci battiti al secondo - Prequel
Teen FictionSinossi all'interno Si può leggere come uno standing alone, ma vi consiglio di leggerlo dopo aver letto il vol.1, In un battito d'ali, presto disponibile in diversi formati. Tutti i diritti riservati. Copyright 2018 depositato presso Ipermedia c.d.e...