3. Uragani (p. 2)

42 9 35
                                    


In macchina, i nostri genitori ci chiedono come sia andata la gita.

Nessuno di noi due accenna minimamente al litigio e Adam sembra stare meglio, quindi non diciamo che ha sbattuto la testa. Sappiamo che nostro padre non la prenderebbe bene e io e lui siamo già ai ferri corti.

Adam tiene il viso rivolto al finestrino, osserva la pioggia che ha cominciato a cadere. Ha evitato di farsi vedere in faccia da mamma e papà, che non ci hanno comunque prestato troppa attenzione, impegnati com'erano a tenere a bada le bambine che ora dormono tranquille, sedute con William davanti a noi. Mi volto per scrutare fuori dal finestrino, concentrandomi sul rumore delle gocce che picchiettano sul vetro. Adam ama la pioggia. Io la odio. Quando piove, non si vedono le stelle.

L'odore delle patatine al formaggio che William sta mangiando accresce a dismisura il mio senso di nausea e devo chiedere a mio padre di fermare l'auto.

Scendo velocemente e raggiungo il bordo strada appena in tempo, prima che il gin risalga la mia gola scuotendomi dall'interno. Mentre riprendo fiato sento la voce di mio padre provenire dall'abitacolo. Sta discutendo con mia madre e dal suo tono alterato non mi è difficile indovinare quale sia la causa.

«Ev, va tutto bene?».

Adam mi ha raggiunto e ora è qui accanto a me, sotto la pioggia, coperto solo dal cappuccio verde della sua felpa.

Posa una mano sulla mia spalla e istintivamente gliela stringo. È gelida.

«Torna dentro, Adam, io sto bene».

Mi passa l'altra mano dietro la testa e mi tira su il cappuccio che avevo lasciato abbassato.

«Papà è piuttosto scocciato. Dice che se continui a sbronzarti e a fare il teppista ti manderà via di casa».

Lo guardo negli occhi e ciò che vi scorgo è preoccupazione. Dopo quello che gli ho fatto, è preoccupato per me.

«Non voglio che succeda, Ev».

Senza pensarci troppo lo abbraccio.

«Non succederà. Non assisterai più a scene del genere, lo prometto. Ora torniamo in macchina».

Arrivati a casa, saliamo velocemente nelle nostre camere. Scarico i miei bagagli e mentre attendo che sia pronta la cena sistemo il telescopio e spengo la luce, lasciando accesa solo la piccola lampada a forma di pianeta che ho sul comodino.

Sento bussare alla porta. Quando mi allontano dalla lente, vedo Adam venirmi vicino. Ha l'aria stanca ed è molto pallido. «Stai bene?» gli chiedo quando mi affianca.

«Sì» si abbassa per guardare dentro il telescopio. «Ho solo un po' di mal di testa. Queste sono nuove?» chiede riferendosi alle stelle doppie che ho trovato.

«Sì» rispondo continuando a osservarlo preoccupato. «Adam, sei sicuro di non voler andare...».

«Sto bene Ev. Sul serio» mi interrompe rialzandosi. Mi guarda dritto negli occhi e mi sorride. «Che ne dici di Tweedle Dum e Tweedle Dee?».

Ricambio il suo sorriso. «I gemelli di Alice? Sul serio?».

«Perché no? Queste stelle sono gemelle. Le ultime le avevamo chiamate Simon e Garfunkel, ma con due nomi così mi aspetto che una cambi rotta da un momento all'altro».

«Hai ragione» dico con una risata. «Vada per TweedleDum e TweedleDee».

Mi tolgo la felpa e l'ho appena lanciata sul letto quando sento William chiamarmi da dietro la porta.

«Ev! Adam è da te?».

«Sì» rispondiamo contemporaneamente. Ci scambiamo un'occhiata perplessa.

«Scendete, la cena è pronta».

«Arriviamo» di nuovo, abbiamo risposto insieme e ci lasciamo sfuggire una risata. Mentre usciamo in corridoio, gli passo un braccio intorno al collo e lui mi sfrega una mano tra i capelli.

Scendiamo velocemente, ma a metà scala Adam si ferma colto da un capogiro.

Non faccio in tempo adafferrarlo che lo vedo cadere a terra svenuto.

Rain vol.2 Dieci battiti al secondo - PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora