3. Uragani (p. 3)

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«Adam! Che ti prende?» lo chiamo dandogli degli schiaffetti sulle guance. «Mi senti? Ma'! Adam sta male!» comincio a gridare.

«Adam, svegliati! Svegliati!» Il mio cuore pompa forte nel petto e un senso di vertigine mi coglie.

«Cosa succede?» domanda mia madre allarmata, avvicinandosi.

Tiro su le gambe di mio fratello, l'ho visto fare in un programma tv, e continuo a chiamarlo sperando apra gli occhi.

«Evan, che sta succedendo?!» la voce della mamma è stridula.

«Emily, chiama un'ambulanza» le ordina mio padre che ci ha raggiunti dalla cucina.

Si china su Adam mentre la mamma corre a prendere il telefono.

«Adam, mi senti? Adam!» gli dà dei colpetti sulla faccia e gli tasta il polso.

«Che diamine è successo, Evan?» chiede sollevando la testa e guardandomi dritto negli occhi. È la prima volta che lo vedo così preoccupato. L'uomo rigido e composto che conosco sembra scomparso e al suo posto è tornato il ragazzo che sorrideva sfrontato nella foto a casa della nonna. Solo che ora la sua espressione è spaventata.

«Non lo so, ha battuto la testa...».

«Prima o dopo essere svenuto?».

«L'ha battuta su un masso a Glendalough, ma stava bene, cioè...».

Gli occhi di mio padre mi fulminano con un'accusa silenziosa.

«Che cosa significa? Perché non ce l'avete detto prima?».

«Papà...» la voce mi si strozza.

«Evan! Che cosa è successo?!».

«Io... abbiamo litigato e... lui è caduto...».

Papà mi fissa in silenzio, e mentre il cuore sembra esplodermi nel petto riesco a leggergli in viso una condanna senza appello.

Colpevole.

Non sono più suo figlio, ma soltanto Evan il casinista che ha fatto del male a Adam.

«Che cosa gli hai fatto?! Che cosa...» urla contro di me alzando una mano e per un attimo temo che voglia colpirmi, ma poi lo vedo portarla al viso e coprirsi gli occhi. Sospira pesantemente, poi riabbassa la testa, tornando a concentrarsi su Adam. «Sparisci» sibila, ma io non voglio lasciare mio fratello.

«Sparisci!» provo a toccargli una spalla per costringerlo a rialzare il viso e guardarmi negli occhi. Preferisco mille volte subire l'ennesima sfuriata piuttosto che essere ignorato, ma lui non reagisce. Ho di nuovo smesso di esistere per mio padre e forse stavolta non sarà possibile tornare indietro.

«L'ambulanza arriverà a momenti» ci avvisa la mamma.

Mi volto verso di lei e vedo le sue guance bagnate dalle lacrime.

Mentre caricano Adam in ambulanza, piango.

Piango perché non so cosa gli succederà.

Piango perché non siamo mai stati lontani sino a ora, e se mio padre non mi avesse ordinato di rimanere qui con William e le bambine, adesso sarei su quell'ambulanza accanto a mio fratello.

Piango perché non so se lo rivedrò e perché è tutta colpa mia.

Ma io voglio rivederlo e dirgli che gli voglio bene, che per me è importante, più di Danielle e di qualunque altra ragazza incontrerò mai.

E allora gli faccio una promessa.

Non permetterò mai più a una ragazza di avvicinarsi così tanto da portarmi a fare una stronzata come quella di oggi.

Se mai incontrerò qualcuno in grado di cambiarmi, prometto che mi renderà una persona migliore.

Lo prometto, anche se in fondo so che non accadrà. Resterò solo.

Solo con questapromessa, tesa tra di noi come un filo da cui dipendono le nostre vite.

Rain vol.2 Dieci battiti al secondo - PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora