2º capitolo

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La sveglia interruppe il suo sogno preferito, dove lei era in grado di stracciare qualsiasi avversaria a pallacanestro, allora con gli occhi rossi e la guancia cosparsa di bava, Beatrice si alzò.

Come sempre, era in ritardo.
Appena riuscì a mettere a fuoco la vista, notò l'ora: sette e mezza.

Scattò dal letto e mentre correva in bagno, si tirò su i leggings. Lavò i denti velocissima e la faccia, si infilò la maglietta, si pettinò come un fulmine.
Una volta legati i capelli, si piegò per i calzini e le scarpe. Mise in cartella il portapenne e un quaderno pescato a caso, afferrò una giacca e armata di chiavi e portafoglio, chiuse la porta alle sue spalle.
Riuscì a correre fino alla fermata, dove salì sulla prima navetta che l'avrebbe portata vicino scuola.

«Ciao Bea,» le venne incontro Alessia affettuosa «Cosa hai in faccia?»
Bea si impegnò per riuscire a focalizzare i dettagli, mezza addormentata, sembrava aver appena preso una padellata in piena faccia.
Alessia si ricordò perfettamente di quanto Beatrice fosse rincitrullita di prima mattina e allungando un dito, le tolse lo sbaffo di dentifricio verde che le colorava un lato della bocca.
«Ah Ciao...» sbadigliò «... dentifricio?»
Alessia roteò gli occhi mentre esprimeva chiaramente "sei proprio scema".

Beatrice e Alessia arrivarono dopo circa dieci minuti alla fermata vicina a scuola.
«Scommetto che ieri sera sei stata a studiare fino alle tre scienze...» disse ironica Alessia.
Beatrice la ricambiò con due occhi annoiati:«No, mi sono messa davanti alla tv e poi sono crollata.»
«Certo che ti sta proprio simpatica la prof Malferrari!»
«Si, tantissimo, non vedo l'ora di essere interrogata...» prima di formulare la frase, le sfarfallò lo stomaco.

"Ho fame."

"Deve essere la fame." S'immobilizzò preoccupata.

Chiara le raggiunse e una volta unite, entrarono tutte quante in classe.
«Quando c'è scienze?» chiese Bea.
«Alla quinta ora. Perché?» rispose Chiara.
«Ho deciso che esco all'ora prima.»
«Bea ma cosa dici? Questa sarà l'ultima lezione vera e propria, poi ci sarà il compito finale, dopodiché non avrai più tempo per recuperare! Se sbagli al compito, sarai bocciata!»

Alessia rompeva le scatole.

«Mi dispiace ma ha ragione Ale, se avrai fortuna la prof ti lascerà fare i corsi di recupero estivi. E poi ricordati che questa estate hai le regionali, se vai al recupero perderai anche le partite, perché non puoi andare agli allenamenti estivi! Non puoi permettertelo!» la rimboccò severa Chiara.
Beatrice si alzò di scatto dal banco e a passo svelto, lasciando indietro le amiche, si chiuse in un bagno.

Che palle, pensava, quella stronzetta potrebbe anche mettermelo un sei. Non ho voglia di andare al corso e perdere le lezioni di pallacanestro!

Uno, due, dieci minuti passarono e Beatrice rimase fuori dall'aula, appoggiata allo stipite della porta del bagno delle ragazze.

Il silenzio la tranquillizzava un po',
però se ripensava alla professoressa in questione, l'assaliva un senso di rabbia e curiosità. Una curiosità strana, nuova, che mai aveva provato prima... Ma cosa ne voleva sapere lei dell'amore, lei che di esempi ne aveva avuti ben pochi e di esperienze altrettante meno?!

Rimase lì, a placare lo sfarfallio noioso che il suo stomaco faceva, mentre nel corridoio passò proprio la professoressa Malferrari.

«Barbieri cosa fai qui? Non stai bene?» chiese la donna dai capelli rossicci tendenti al marrone scuro e dalle labbra carnose.

Ora che lo stomaco sembrava essersi placato, era il turno del cuore, che batteva fin troppo velocemente.

«Si, ho mal di stomaco.» fu la risposta secca che trapelò dalla bocca velenosa di Beatrice.

«Capisco... Allora anzi che stare qua, vai ad avvisare il professore che adesso sei con me. Forza ti aspetto in biblioteca.»

Bea aveva una strana sensazione in bocca.
«D'accordo.»

Rimasero sole in biblioteca, fra scaffali ricolmi di libri vecchi e malridotti, quando si sedettero attorno a un tavolo stretto.

«Perché non prendi un libro e studi? Ti servirebbe proprio.» le propose la prof.

«Professoressa lei quanti anni ha?» Bea era imbronciata, e sicuramente aveva poca voglia di mettersi a studiare.

«Sai che chiedere l'età alle persone adulte è maleducazione? Non te l'hanno insegnato?»

«I miei non hanno il tempo di insegnarmi queste cose. Sarà da cinque mesi che non mangiamo tutti insieme.» il tono della ragazza era affilato e tagliente. S'incupì bel giro di qualche secondo.

La professoressa abbassò lo sguardo sul libro che aveva sul tavolo, visibilmente mortificata, riconoscendosi una sciocca per aver toccato un argomento così tabù.

Beatrice la fissò: un boccolo moro scese sulla fronte della donna, mentre gli occhi cristallo erano intenti a leggere il titolo di un paragrafo con un'innaturale foga, visibilmente dettata dal nervosismo.

«...ventotto. E tu quest'anno quando li compi?» rispose con una voce tutt'altro che intimidatoria e autoritaria come quella che usava in classe e che Beatrice proprio non digeriva.

«Diciotto ad Agosto.»

«Diventi maggiorenne allora... Sarai felice!?» prese le fila di quell'argomento e le tirò per surclassare il precedente.

«Non vedo l'ora di finire il prossimo anno e andarmene da scuola.» il lato grezzo e amichevole dell'alunna fece capolino.

«E cosa farai dopo?» s'incuriosì la maggiore.

«Continuerò con la pallacanestro e mi troverò un lavoro abbastanza semplice per poter pagarmi le lezioni da sola.»

Solo adesso, mentre Beatrice le illustrava i sogni del suo futuro, Francesca si accorse di quanto affascinanti fossero quei lineamenti: sul viso della ragazza dominavano due enormi occhi color nocciola dalle lunghe ciglia folte, un connotato degno del personaggio di Bambi, se non fosse che appena sopra, le sopracciglia ad ali di gabbiano spezzavano l'armonia fiabesca delle iridi per aggiungere allo sguardo una punta di arroganza. Arroganti tanto quanto le fini labbra che spesso sfoggiavano un ghigno beffardo verso la guancia sinistra, ma che invitavano anche il più disinteressato degli individui a rubarle un bacio su quel perfetto arco di cupido.

Appena si accorse di quello che stava pensando, Francesca interruppe l'alunna per annunciarle che il suo tempo libero era finito.

«Prof ma io devo stare con lei fino all'ora successiva, se mi succede qualcosa quando lei non c'è, poi la responsabilità sarà sua...» Bea la stava trattenendo inconsciamente e Francesca se ne rese conto.
«Mi dispiace Beatrice, ma adesso ho altro da fare. Se ti sentì un po' meglio potresti tornare in classe?» il suo sguardo si era intristito e la sua voce era diventata sottile.

Al suono del suo nome pronunciato dalla professoressa, le schizzò il cuore.

Cazzo.

Beatrice prese tutte le proprie cose e uscì dalla biblioteca.
Francesca respirava affannata.

Non deve succedere...
Ti prego Dio, non di nuovo...



||| Ciau beli 🙋🏽‍♀️
Per adesso vi piace questo continuo?
Vedremo insieme come si evolveranno le cose🔥
Bye,
Yv🔮

Finally USDove le storie prendono vita. Scoprilo ora