9º capitolo

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Si ritrovarono lì, a respirare la stessa aria, carica di tensione e ormoni.

A Beatrice non era mai capitato momento più imbarazzante di questo: lei e la donna che amava in una stanza piccola quanto squallida, a meno di un metro di distanza, nello stesso punto dove un paio di settimane prima avevano ferocemente pomiciato.

Peggio di così proprio non poteva andare.

Però l'amore è strano.

Si sentivano a disagio, Beatrice come Francesca, ma entrambe sarebbero rimaste così per tutto il giorno, perché anche se costrette in una situazione alquanto scomoda e complicata, per quell'esile filo che le collegava volevano e desideravano segretamente rimanere così vicine.

In un piccolo anfratto del loro cuore gioivano eternamente e si sentivano pervadere da una paurosa serenità, anche se la testa le tormentava su quanto sbagliata fosse quella connessione.

Era strano, troppo strano perché dopo si sarebbero ricordate di quanto un muro poteva separare due corpi, di quanto, anche se vivevano in due appartamenti uno sopra all'altro, lontane fossero tra loro.

Erano distanti, due luoghi troppo diversi.

C'era Francesca e il suo feroce passato, i suoi dolorosi ricordi di un'adolescenza lapidata dall'omofobia e dalla diffidenza. I suoi timori nati da quelle stesse esperienze che l'avevano spronata a crescere e a lottare per ciò che un giorno sarebbe voluta essere.

C'era Beatrice e la sua costante superficialità, il suo estraniarsi dalla società perché eccessivamente invadente. La sua pesante solitudine, il più dalle volte dettata dal suo stesso forte carattere che non tutti erano in grado di apprezzare e la lontananza di una famiglia, separata da egoistiche ambizioni personali e della quale lei era l'ultima ruota del carro.

Avevano dei punti in comune si era detta Bea: respiriamo aria e... Poi però decise che era meglio lasciar perdere la storia dei punti in comune.

Allora perché se ne era innamorata?

Non lo sapeva e non aveva dato importanza a questa circostanza, ma se ne pentì nel momento stesso in cui la più matura terminò la domanda.
«Perché-perché l'hai fatto?»

«Perché volevo farlo» Le disse la prima cosa che le passò per l'anticamera del cervello.
Ammesso che ne avesse uno.

«Perché volevi farlo,» a Francesca cadde il mondo addosso «perché volevi farlo...» la professoressa iniziò a ridere e la più giovane la guardò con faccia interrogativa.

E lei che credeva in qualcosina di più di un semplice "perché volevo farlo". Strinse il manico dalla borsa ricolma di libri tra le mani, trattenendosi dal voler prendere la propria alunna a borsate.

«Che c'è?» tirò fuori confusa la ragazza.

Beatrice non era una tipa né comprensiva, né empatica e a meno che qualcuno non si fosse spiegato direttamente, lei non sarebbe riuscita assolutamente a capirlo.
Per l'appunto Francesca era un concentrato di segreti e misteri.

La professoressa ora era a un passo dal prendersi a martellate: come aveva fatto a illudersi anche solo per un minuto che quella ragazzina fosse qualcuno che dopo anni si era innamorato finalmente di lei? Come??? Forse era troppo giovane? "Ma a quell'età queste faccende si capiscono e si fanno le prime esperienze" pensò lei. Allora si chiese se fosse stata lei la sua prima esperienza, la prima avventura, che nulla, ma proprio nulla, aveva a che vedere con il vero amore.
Un pazzia, un momento, un passatempo giovanile. Forse lei era stata davvero solo questo per Beatrice.
Una rabbia furibonda le pervase le viscere fino agli occhi che, nascosti fra i capelli spettinati, adesso erano rossi e ricolmi di frustrazione, poi di malinconia, tristezza, solitudine, delusione...
Le calde lacrime che fino ad allora si era sempre tenuta per sé vennero giù come cascate in piena. Per tutta la vita l'avevano presa in giro, gli altri l'avevano illusa, le avevano fatto credere che per loro lei fosse importante quando invece tutti avevano sempre un secondo fine.
Non si sentiva bella, né particolarmente intelligente, anche se lo era, ma teneva a sé stessa.
Cercava di proteggersi con quel che poteva e voleva cavarsela da sola.
Non voleva sentirsi dire "sei un peso", "un passatempo", "una noia", "non sei nessuno".

Finally USDove le storie prendono vita. Scoprilo ora