Scesero dal jet e una macchina dai vetri oscurati li stava aspettando a bordo pista. I due passeggeri salutarono il pilota.
Lehmann prestò molta attenzione alla sua fasciatura e una volta accertatosi che l'automobile fosse stata mandata del suo benefattore Arnaldo, si concesse un meritato riposo sul sedile posteriore, proprio accanto alla sua aiutante. Beatrice una volta scesa si era subito prodigata per il bene del suo bodyguard, chiedendo all'autista un pit stop all'ospedale più vicino. Tuttavia Lehmann rifiutò qualsiasi deviazione dall'aeroporto vicino al litorale fino alla loro meta: villa Montechi. Quando fu tutto sistemato, l'autista del nonno mise in moto l'auto.
Arrivarono ai cancelli della villa in circa un'ora.
Appena i cancelli si aprirono, Beatrice scese dalla vettura con un balzo e si precipitò all'ingresso dell'enorme villa. Lehmann tentò di rallentarla ma senza successo, rimanendo indietro.
La porta d'entrata venne aperta da una schiera di camerieri e cameriere, che salutarono l'ospite all'unisono. Ma Beatrice stava cercando la figura del nonno con gli occhi, furiosa e impaziente.
«NONNO!» gridò impetuosa, i capelli e l'atteggiamento parevano quelli di una belva.
Il rumore di un paio di ruote e dei passi la spinsero a salire l'intera faticosa scalinata. Una volta al primo piano, nel corridoio che si affacciava come un terrazzo sull'ingresso, si palesò il nonno.
«Bea» la chiamò lui e Beatrice virò il capo verso la sua carrozzina e l'infermiera che la spingeva.
La tensione le cadde sulle spalle come un'incudine d'acciaio, il tormento che traspariva da quelle sue occhiaie marcate sembrò trovare un attimo di pace nella figura del nonno, incarnazione della soluzione a tutti i suoi problemi. Tuttavia sapeva bene che non era ancora ora di gioire e nonostante fosse davanti al carissimo nonno, Beatrice non accennò nemmeno un sorriso. Al contrario Arnaldo la accolse con dolcezza paterna e la invitò ad accomodarsi nel salotto adiacente, inoltrando l'invito anche all'appena arrivato Lehmann. Il nonno e i due ospiti entrarono nella sala, pregando i restanti presenti di non interrompere assolutamente quella conversazione.
«Beatrice. Mettere in moto un jet privato e ottenere i permessi adeguati per farlo arrivare sin da te in Germania, è un capriccio che pesa sulle finanze di chiunque, anche se la famiglia è una agiata come la nostra. Quindi ti prego di raccontarmi tutta la verità.» il signor Arnaldo si fece accompagnare al centro della stanza, qualche metro più a sinistra c'era la nipote, presa ad accarezzare il marmo di una delle due colonne decorative. Il bodyguard invece era entrato salutando rispettosamente il suo vecchio benefattore, dopodiché si era accomodato su una delle poltroncine in disparte, cercando di mimetizzarsi con il mobilio, onde evitare disturbi.
La ragazza soffiò, stanca, ancora di spalle al nonno.
«Mia madre. Perché mai mi ha voluto? Aveva già mia sorella, cosa se ne faceva di un'altra figlia?» riprese aria e il vecchio la lasciò continuare.
«Non ho più parole per esprimere il mio odio per lei... Lei è parte del motivo per cui io mi sono gettata da quella cazzo di finestra! Lei mi ha portato in Germania senza nemmeno chiedermelo! Mi ha rinchiuso in un edificio a Ratisbona rendendomi la vita un inferno! Ha fatto sì che perdessi tutti i contatti con i miei amici, con, con...» la sua voce si spezzò al ricordo del suo amore.
Il nonno la fissò incredulo, sbigottito e con la bocca schiusa, appoggiò la fronte al palmo della mano, facendo leva sui manici della sedia a rotelle con il gomito.
«È arrivata fino a questo punto?» si portò una mano sulle labbra. Finalmente Beatrice si girò.
«Lo so che è dura da accettare, nonno, ma tua figlia è una psicopatica. Chissà cos'altro sarà in grado di fare se erediterà la tua fortuna nonno...»
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Finally US
Romance‼️ATTENZIONE, ALL'INTERNO DELLA STORIA SONO PRESENTI: -Relazioni amorose tra persone del medesimo sesso; 🏳️🌈 -Linguaggio volgare e/o esplicito; 🏴☠️ -Eventi o situazioni inadatti a un pubblico di minori. 🔞 SI PREGA QUINDI, i gentili lettori co...