Infilò il giubbotto e si rifiutò di mettersi quel paio di guanti regalatole dalla madre. Erano passate tre settimane dal risveglio in ospedale e Beatrice sembrava aver ripreso del tutto le forze. Aveva ricominciato a dare filo da torcere alla madre e s'impegnò costantemente, con l'obbiettivo di farsi odiare il più possibile. Non c'era stato un momento di debolezza: si rifiutava di abbassare la guardia sotto le grinfie di quella arpia. Quest'ultima aveva ordinato alla schiera di camerieri, portinari, giardinieri e ogni genere di servitore, di "monitorare lo stato di salute" della figlia, costantemente.
E come poteva sgattaiolarsene via inosservata in un contesto del genere?
Si trovavo in un enorme palazzo al centro di Ratisbona, città tedesca dove Barbara doveva svolgere diversi colloqui, vicine quanto bastava a una clinica d'emergenza.
Beatrice aveva provato a scappare numerose volte, ma i suoi piani di fuga non erano mai andati a buon fine a causa degli infermieri impiegati dalla madre, infermieri che a lei non sembravano altro che cani da guardia.
Solo in un'occasione era riuscita a scappare, il secondo giorno dalle dimissioni, ma sul treno diretto a Monaco svenne e una volta portata all'ospedale, venne riconsegnata alle rispettive parentele.
Dopo tutti i fallimenti di fuga, si era apparentemente arresa all'idea di convivere con la madre, cercando per quanto possibile di evitare il contatto diretto con quest'ultima.«Voglio finire gli studi.» decretò a tavola.
Barbara l'analizzò un attimo, decelerando il movimento delle forchette fino a che non decise di poggiarle nel piatto.
«Sei sorda?» Beatrice trattenne la voglia di conficcarle una posata nella mano.
Con altrettanta esasperante lentezza la madre si pulì delicatamente i lati della bocca, prestando attenzione a non rovinarsi il rossetto.
Poi quando finalmente finì, riprese l'argenteria e con precisione cominciò a tagliare la carne nel piatto.
«No, non sono sorda, è solo... Sai, la tua voce è così provata dal tuo stato attuale che la sento appena.»Beatrice s'alzò di scatto e la sua sedia finì rumorosamente a terra.
«Qua hai tutto ciò che ti serve. Le tue lezioni private con il professor Weber stanno andando perfettamente, quindi non vedo il motivo di tale richiesta.»
La ragazza strinse le dita alla tovaglia, trattenendo l'irrefrenabile pulsione di scaraventarle il tavolo addosso.
«Perché questo posto mi fa ribrezzo.
Le lezioni fanno ribrezzo.
Tu mi fai ribrezzo.»Beatrice conficcò i suoi occhi in quelli dalla madre seduta difronte, con una tale aggressività che una persona normale avrebbe indietreggiato.
Invece Barbara ruotò appena il capo di lato e il suo sguardo ridusse in cenere quello spaventoso della figlia.
Due bestie assatanate sembravano celarsi alle loro spalle e sbranarsi in quelle battaglie di sguardi che di tanto in tanto nascevano dai loro conflitti d'interesse.
Ma Beatrice aveva ancora tanto da imparare e con una differenza di età così marcata, i suoi stessi geni l'avvisavano di non sfidare la versione più adulta di sé stessa: Barbara.«Se non hai da aggiungere altro alle tue lamentele, vai in camera tua.
Signorina, accompagni mia figlia.» Barbara addentò felina un boccone di vitello e con l'eleganza di una pantera, osservò la vecchia inserviente avvicinarsi alla figlia posandole una mando sulla spalla.«Non mi tocchi!» Beatrice non staccò gli occhi dalla figura della madre e con la spinta del braccio sinistro allontanò la premurosa cameriera. Poi, con un grugnito di disapprovazione lasciò la sala da pranzo per dirigersi a grandi passi verso le scale, seguita comunque dalla cameriera che richiuse le porte di vetro della stanza, lasciando Barbara da sola a consumare la propria cena.
«Buonanotte Signorina Barbieri.» la donna la lasciò poco prima che Beatrice le sbattesse in faccia la porta della propria camera dopo un deciso "Buonanotte un cazzo".
La ragazza si gettò in quella camera che tanto le pareva una gabbia e cominciò ad analizzarne i particolari nel disperato tentativo di distrarsi, cosa che da quando era arrivata, non aveva ancora fatto.
Sua madre non la conosceva, ma tutto in quella stanza le affermava il contrario, i poster che aveva fatto portare via dal suo appartamento di Bologna, lo skate, ogni scartoffia scolastica e persino il portachiavi con la coccinella portafortuna che le faceva schifo ma che le aveva regalato Francesca.
Francesca.
Dove era adesso?
Sapeva che era prigioniera di sua madre?
Aveva avvertito le autorità della sua inaspettata sparizione?
Cosa stava facendo in questo momento?Le cose fra loro avevano smesso di funzionare come prima e il legame che avevano costruito si era spezzato. Eppure una parte di lei le sussurrava con flebile speranza che c'era ancora una possibilità.
Che non era ancora tutto perduto.
L'ultima labile speranza che Beatrice faceva finta di non accettare.
"Non posso" stringeva i pugni ancora in piedi in mezzo alla stanza "Non possiamo più tornare come prima".Mentre girovagava incuriosita dagli ammennicoli con cui avevano arredato la stanza, un quadretto grande come un palmo della sua mano catturò la sua attenzione.
Due volti segnati dall'età le sorridevano materni attraverso la piccola lastra in vetro.
«Nonni» carezzò la cornice legnosa e si portò quella calda foto vicino al viso.
A sinistra nonna Manu coccolava stringendo a sé una bambina capricciosa e a destra nonno Naldo -così lo chiamava lei- mentre cercava di togliere dalla chioma della bimba delle foglioline."Mi manchi nonna" Beatrice fissò gli occhi della defunta nonna con nostalgia.
Chissà invece come se la passava il nonno fra diabete e tutto. La madre le aveva accennato qualcosa in merito, ma lei non aveva prestato molto attenzione, troppo occupata com'era a trovare un escamotage per andarsene da lì.
Un'idea le folgorò in testa, come un fulmine in una fitta coltre di nebbia.
Il nonno.
Il nonno era la soluzione.
Era l'unico che l'avrebbe trattata con riguardo.Ragionò un altro po' sulla questione: sua madre non le avrebbe permesso di andare a trovare il nonno da sola e probabilmente nemmeno di parlarci se non quando c'era anche lei.
Era una donna troppo furba per permettersi di farsi incalzare in quel modo, soprattutto con l'aiuto di un vecchio, anche se questi era suo padre.Avrebbe parlato con suo nonno, lui aveva più potere di chiunque altro su Barbara e qualsiasi altro affare che riguardasse la sua famiglia.
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Finally US
Romance‼️ATTENZIONE, ALL'INTERNO DELLA STORIA SONO PRESENTI: -Relazioni amorose tra persone del medesimo sesso; 🏳️🌈 -Linguaggio volgare e/o esplicito; 🏴☠️ -Eventi o situazioni inadatti a un pubblico di minori. 🔞 SI PREGA QUINDI, i gentili lettori co...