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«Andrai da Xavier, non è così?»
«Sì, Liz. Andrò da lui, ne sono sicura.»
«Hai tessuto le lodi anche di quel Magneto, Erik Lehnsherr. Come mai hai deciso di non dargli ascolto?»
«Ho cambiato idea. Mi sembra più opportuno essere certa di cosa posso fare con la mia mutazione e solo in seguito prendere una decisione. Xavier mi ha dato la possibilità di conoscere i miei limiti, Lehnsherr no.»
«Allora siamo pronte per partire, non è così dottoressa
E così ce l'aveva fatta. Non era più Margaret Grant il mostro, ma Margaret Grant la dottoressa. Finalmente poteva liberarsi da qual mondo di umani che, con la sola eccezione di Elisabeth, non avevano mai smesso di trattarla con distacco.
Ora, seduta sul sedile posteriore della moto della sua amica, aspettava che questa la mettesse in moto per scortarla fino a New York.
«Quale hai detto che è l'indirizzo?» si informò la ragazza.
«Westchester County 1407 North Salem, New York. Ma tu non sei obbligata a portarmi fin lì, si capisce.»
«Io ti porto fin lì e voglio che tu mi presenti l'uomo che mi sta per privare della mia migliore amica» affermò Liz, categorica, la voce ovattata dal casco che si era allacciata in testa.
Entrambe risero, poi partirono.

Quando le due ragazze smontarono dalla moto, rimasero fuori dal cancello ad ammirare l'enorme struttura che si stagliava davanti a loro. La casa era evidentemente vecchia, la facciata principale era coperta di edera, ma il prato era ben curato, e il cancello era pulito, come se fosse stato appena installato. Solo quando Margaret bussò alla porta della scuola di accorse di stare tremando.
«Tranquilla, Meg» la rassicurò Elizabeth, prendendola per mano. «Non c'è nulla di cui preoccuparsi.»
«Lo so, ma non posso fare a meno di temere che nemmeno qui mi accetteranno. Ho ricevuto troppi rifiuti.»
«Meg, che piacere saperti qui! Entra pure, e fai accomodare anche la tua amica: vi raggiungerò in un attimo» la voce allegra del professore la accolse, infondendole la sicurezza che le serviva per fare il grande passo.
«Vieni, Lizzy. Ha detto che possiamo entrare» disse allora ad alta voce, guardando l'amica.
«Che...? Chi l'ha detto?»
«Il professore, chi se no?» esclamò la ragazza, prima di aprire la vecchia porta ed entrare.
L'interno della casa era maestoso, il soffitto enorme, con splendenti arazzi appesi ai muri e...
«Buongiorno, chi siete?» chiese una giovane ragazza, apparentemente di neanche vent'anni.
«Io sono Margaret, il professore mi sta aspettando. Lei è la mia amica Elizabeth. Piacere.»
«Camille, piacere mio. Prego, sedetevi.»
«Vedo che avete già fatto la conoscenza di Ash. Puoi lasciarci soli un momento, mia cara?»
Una voce incredibilmente familiare a Meg fece voltare le tre ragazze in direzione di uno dei corridoi che si diramavano dal salotto in cui si trovavano. La giovane studentessa della scuola obbedì alla richiesta del suo professore e lasciò la stanza.
«È un onore, per me, poterla conoscere, signore» sentenziò Margaret quando furono soli. Poche parole avrebbero potuto spiegare quant'era emozionata.
«Il piacere è tutto mio, mia cara» sorrise calorosamente l'uomo, stringendo con vigore la mano che la ragazza gli porgeva. «Tu devi essere Elizabeth, invece!»
L'uomo si spostò verso il divano su cui le due amiche si erano accomodate, facendo cigolare leggermente la sedia a rotelle su cui era costretto.
«Credo che tu abbia tante cose da chiedere, Meg. C'è qualcosa di particolarmente urgente che vorresti sapere, al momento?»
«Io... sì, cioè no. Non mi viene in mente nulla, al momento» balbettò, interdetta. La sua mente era completamente vuota, non aveva idea di cosa chiedere.
«È comprensibile. Tutti sono spaesati, la prima volta che vengono qui, soprattutto perché credono che debbano temere per la propria privacy: avere un telepate in giro per casa mette tutti in soggezione, la prima volta. Ma ti rassicuro subito sul fatto che non hai nulla di cui temere: leggere nella mente delle persone senza il loro consenso va contro il mio codice etico. A meno che non si tratti di questioni importanti» disse l'ultima frase sollevando un sopracciglio. La ragazza arrossì immediatamente, comprendendo il significato di quell'ultima frase.
«A proposito. Credo di doverle delle scuse, dato il mio comportamento di pochi mesi fa» si scusò, sinceramente dispiaciuta: non aveva ancora avuto modo di dialogare con Xavier, dopo il loro litigio, e voleva che tutte le loro divergenze fossero chiarite.
«Non devi. Ho compreso le tue ragioni e sono convinto che tu abbia capito di aver sbagliato. D'altra parte, ora sei qui, è questo che conta.»
In quel momento alla giovane venne da piangere: non le era mai capitato che qualcuno la assolvesse con tanta facilità da una colpa tanto grave.
«Una piccola nota di servizio: molti ragazzi più piccoli si prendono la briga di inventare dei nomi agli studenti in base alle loro doti. Non preoccuparti se succederà anche a te, Meg.» Sorrise il vecchio. «Ora Vieni, ti mostro la tua stanza.»

«Eccoci arrivati. Questa è la parte di scuola dedicata alle ragazze. Come puoi vedere, i dormitori sono dieci e ospitano tre ragazze ciascuno. Tu starai con Camille, che hai già conosciuto, e con Veronica Zoft, alias Flora. Domande?»
«No, signore.»
Entrambe le ragazze entrarono nella stanza contrassegnata con il numero romano quattro, distarono le valige che Meg si era portata dietro e aspettarono insieme l'ora di pranzo al quale entrambe erano state invitate. Meg fece il giro della stanza, sistemando le sue cose sul comodino accanto al suo letto e osservando gli effetti personali delle ragazze con cui avrebbe condiviso le notti. Camille aveva una foto appoggiata al comodino, nella quale era ritratta lei, con una curiosa voglia sulla guancia sinistra che prima non aveva notato, e un'altra ragazza che aveva gli stessi occhi azzurri e gli stessi capelli biondo cenere: probabilmente era sua sorella. L'altra ragazza, Veronica, aveva un libro appoggiato al comodino e uno striscione di una squadra di basket appeso sopra la testata del letto. Non c'erano foto, quindi non poteva farsi un'idea di che faccia avesse la ragazza, perciò sollevò le spalle e si sdraiò sul suo letto, continuando a discorrere con Lizzy aspettando l'ora di pranzo.

Amore mutanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora