13

604 40 5
                                    

Quella notte, Margaret non riuscì a dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi si vedeva davanti un giovane Erik Lehnsherr che uccideva un uomo a sangue freddo.
Provò a contare le pecore, ma l'esperimento fallì miseramente. Controllò per l'ennesima volta l'ora sul display del suo cellulare. Le due e mezza. Sbuffando leggermente si alzò dal letto e uscì dalla stanza. Stava iniziando a pensare di chiedere al professore le pillole contro l'insonnia.
Si trovò in cucina: non sapeva nemmeno perché era andata lì, ma già che c'era si versò un bicchiere d'acqua.
«Buonasera, ragazzina» una voce roca e tranquilla la salutò. Margaret, che stava bevendo, trasalì e si bagnò la camicetta del pigiama.
«Se volevi farmi morire di infarto ci sei quasi riuscito» ironizzò, voltandosi. Per poco non soffocò di nuovo, vedendo che Logan indossava una canottiera e dei pantaloni corti che lasciavano scoperto buona parte del suo corpo atletico.
Non guardargli i muscoli, non guardargli i muscoli, pensò la ragazza, girandosi a riporre il bicchiere nel lavello.
«Come mai sei sveglia?» chiese l'uomo, avvicinandosi.
«Insonnia. Spero non ti dispiaccia se non ti faccio sapere che cosa di preciso mi disturba tanto» rispose, omettendo il motivo della sua incapacità ad addormentarsi. Non voleva parlare ad un semi-sconosciuto dei suoi problemi personali, per quanto Logan le stesse simpatico.
«Be', lo capisco, ma già che sono qui perché non parlare con me?» domandò lui, con una nota di malizia nella voce.
«No, grazie. Ho troppe cose che mi frullano per la testa al momento, e non saprei nemmeno da dove partire per spiegartele» sospirò. «Perché tu sei sveglio, invece?»
«Per i miei incubi.»
«Tu hai gli incubi?»
«Sì. Incubi riguardanti la mia "vecchia vita".»
«Come, prego?» Margaret era confusa. Parecchio confusa, a dire il vero.
«Il mio primo vero ricordo risale a quindici anni fa e a volte faccio sogni della mia vita precedente a quel periodo. Non so bene cosa significhi, ma mi rivedo a fianco di persone che non ricordo di aver conosciuto, compiendo azioni che non so di aver fatto. Ricordo anche di aver combattuto la guerra.»
«Detto così sembra che tu abbia almeno un centinaio d'anni, se non di più.»
«Conoscendo la mia mutazione potrei benissimo essere tanto vecchio.»
«Cosa intendi?»
«Beh, nessuno è stato in grado di spiegarmi esattamente come lavora il mio corpo, ma so che la rigenerazione istantanea c'entra qualcosa. Per esempio, quanti anni mi dai, tu?»
«Non ne hai più di trentacinque, perché?»
«Sono più o meno quindici anni che ho esattamente lo stesso volto. Non invecchio e non sento nessun acciacco.»
«Ma è strabiliante!»
«Non direi... se mi ricordassi qualcosa forse potrei capire meglio, ma non ci riesco. Più cerco di pensare alla mia vita precedente, meno ricordo. Il professore e Jean stanno cercando di aiutarmi, ma non hanno ancora trovato un modo per risolvere la situazione.»
«Ce la farai. Ne sono convinta. Tutti troviamo un modo per affrontare e superare i nostri problemi.»
«Beh, ragazzina, non mi dispiace mai parlare con te di argomenti lugubri e tristi. Mai pensato di fare la psicologa?»
«Dio, no!» esclamò Meg. «Non sarei affidabile, in quel campo.»
«Ma tu non sei laureata?» domandò lui, alzando un sopracciglio. Frugò nella tasca della giacca di pelle appesa allo schienale della sedia e prese un sigaro.
«In medicina» precisò Meg. «Psichiatria richiede un percorso di studi molto diverso e molto più lungo, dato che si occupa di un'area sensibile come il cervello. Per quanto riguarda la psicologia, quella non è una vera scienza, in quanto si occupa di stimolare il cervello per ottenere dubbi risultati.»
«Sembra che tu abbia ingoiato un'enciclopedia» sorrise l'uomo, uscendo dalla stanza. La ragazza si affrettò a seguirlo.
«Non sei il primo che me lo dice, in effetti » affermò, arrossendo imbarazzata.
«Allora non sono il primo su cui riversi le nozioni come fossi un libro vivente.»
«È la forza dell'abitudine... da bambina volevo fare l'insegnante.»
«E allora andavi in giro a spiegare a tutti teorie sui cartoni animati o che so io?» ironizzò Logan.
«A due anni imparai leggere, sei mesi dopo sapevo fare di conto e calcolare a mente le radici cubiche di numeri a quattro cifre. Non mi piacevano i cartoni animati» ribatté piccata la ragazza. Non le piaceva che la gente scherzasse su certe cose.
«Credo di dovermi scusare, allora» replicò Logan, sorridendo.
«No, Ghiottone, non importa» sorrise, più calma, storpiando il soprannome dell'uomo. «Buonanotte» aggiunse.
«'Notte» ripeté l'uomo, salutandola con un cenno della mano.
Changer iniziò a salire le scale, felice della conversazione appena avuta.

Amore mutanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora