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«Siamo qui per George Collins. Può ricevere visite?»
«Avete dieci minuti» la giovane infermiera all'accoglienza stava masticando una gomma con aria annoiata. Quando i due arrivarono al suo bancone, squadrò l'uomo con aria sognante, senza degnare Meg di uno sguardo. Poi alzò strizzando l'occhio a Logan -che fece finta di non vederla- e scortò i due visitatori verso la stanza del degente.
Margaret fu la prima ad entrare, dirigendosi verso il letto di George: la parte superiore del collo era tenuta ferma da un collarino, e un livido violaceo si estendeva lungo tutta la circonferenza del suo collo, segno che una corda si era stretta in quel punto.
«Georgie?» chiamò Meg. Il ragazzo non poteva muovere la testa, ma girò gli occhi, segno che l'aveva sentita. «Come stai?»
«Mi sento uno schifo» rispose, senza lasciar trasparire alcuna emozione. La sua voce era roca a causa del trauma che aveva subito la gola. Le labbra erano screpolate e gli occhi arrossati. Ogni rancore che Meg aveva provato nei suoi confronti sparì immediatamente, e la ragazza si sentì terribilmente in colpa per come aveva trattato il ragazzo.
«Oh, Georgie... com'è successo?» si informò, sinceramente preoccupata
«È questo il problema: non mi ricordo. Meg non hai idea di quanto mi senta male per come ti ho trattata.»
«Non pensarci nemmeno! Hai capito il tuo errore, e tanto basta» la ragazza ripeté le parole che Xavier le aveva detto il giorno precedente.
«Come stai?» questa volta fu il turno del ragazzo, di preoccuparsi.
«Ho trovato il mio posto, finalmente. È una scuola per gente come me, per mutanti, e ci vivo da ieri. Liz mi ha accompagnata. Lui è Logan, a proposito.»
«Piacere» borbottarono entrambi.
«Sei appena uscita da un manicomio e già ti sei rifugiata in un altro?»
«Sono medico proprio per questo: sai che mi sono sempre piaciuti i casi umani» scherzò la ragazza. Anche il ragazzo abbozzò un sospiro divertito, ma non riuscì a fare di più.
«Liz come sta?»
«Bene... vedrai che sarà felice di sapere che abbiamo fatto pace.»
«Mi perdonerà, per quello che ti ho fatto?»
«Perché non dovrebbe?»
Rimasero in silenzio per qualche momento. La ragazza allungò una mano per stringere la spalla dell'amico, che emise un gemito di dolore.
«Sono pieno di lividi, lì sotto.»
«Non sai chi ti ha fatto questo?»
«No. C'era una donna, uno dei medici che mi ha soccorso che era particolarmente interessata al mio caso, ma non ho saputo dirle niente.»
«Momento visite finito, vieni, ragazzina» mise in chiaro Logan, afferrando Meg per un braccio e trascinandola fuori dalla stanza.
«Ciao, Georgie!» la ragazza urlò un saluto rivolto all'amico guadagnandosi un'occhiataccia da medici ed infermieri. «Si può sapere che ti prende?» chiese all'uomo appena ebbero raggiunto il furgone. Logan la spinse dentro, poi salì al posto del guidatore.
«Non eravamo al sicuro, lì dentro» sussurrò lui, guardandosi alle spalle.
«Che cosa?»
«L'hai letto anche tu, il biglietto. Sarò paranoico, ma lì dentro non eravamo al sicuro.»
«Quel biglietto poteva essere una presa in giro!»
«Attentare alla vita di un ragazzo la cui unica colpa è quella di conoscerti ti pare uno scherzo?» si scaldò Logan.
«No, ma non mi hai permesso di chiarirmi con George.»
«Domani torneremo a trovare Georgie, se la cosa ti fa stare meglio. Ma le visite saranno sempre molto brevi.»
«Che galantuomo, che sei» borbottò la ragazza, adirata. Ma non aggiunse altro, capendo che l'uomo era abbastanza testardo da averla vinta comunque, in una discussione.
Il resto del viaggio proseguì in silenzio, com'era successo all'andata. Una volta arrivata a scuola, Meg si cambiò per seguire la sua prima lezione di ginnastica alla scuola per giovani dotati.

«Allora, com'è andata la prima lezione con la professoressa Grey?» chiese Colosso a Meg, quando si ritrovarono tutti in sala da pranzo, quella sera.
«Sfiancante, ma appagante al tempo stesso.»
«Strano che tu l'abbia definita in questo modo: di solito sono solo estenuanti!» esclamò Veronica, facendo ridere tutti.
«Avevo bisogno di sfogarmi» confessò Meg, ricomponendosi.
«Perché?»
«Ho avuto a che fare con Logan per la prima volta, oggi. È stato tremendo.»
«Come mai eri con lui?»
«Problemi personali... mi ha portata in ospedale a trovare un amico.»
«Povera anima...» sospirò Camille, compassionevole. «Si riprenderà?»
«Starà bene, sì.»
«E come ti è sembrato, Logan?»
«Rude come un orso.»
«Non per niente lo chiamano "Wolverine".»
«Nessuno è esente da questa vostra mania dei soprannomi, eh?»
«Nemmeno il professore.»
«Siete incurabili... qual è la mutazione di Logan?» si informò, alzando gli occhi al cielo. Quell'uomo la incuriosiva e la spaventava al tempo stesso.
«Guarigione pressoché istantanea da ogni malattia o ferita, cinque sensi notevolmente amplificati e artigli» elencò Piotr, contando con le dita le qualità dell'uomo mentre le diceva.
«Artigli?» ripetè Meg, stupita. Cosa intendeva con "artigli"?
«Ha delle ossa in più rispetto ad un comune essere umano e molto più resistenti che lui riesce ad estrarre dalle nocche. E sono ricoperte di adamantio: tutto il suo scheletro lo è.»
«Chi vi ha raccontato tutte queste cose? Lui non sembra un tipo molto logorroico.»
«Infatti non lo è» si intromise uno dei ragazzi che erano seduti al tavolo con loro. «La professoressa Grey gli ha fatto delle analisi appena è arrivato qui e ci ha raccontato di lui.»
La schiena di Meg venne percorsa da un brivido al pensiero del dolore che quell'uomo doveva aver provato quando il suo scheletro era stato ricoperto in metallo. Ora capiva perché era così schivo e paranoico: anche lei si sarebbe comportata così, al suo posto.

Amore mutanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora