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Buongiorno Americani. Oggi è un altro giorno, il sole splende e la natura è più viva che mai! Balzate in piedi per contribuire a rendere questo giorno un giorno migliore!
Il rumore della sveglia, impostata sulla stazione radio che dava il buongiorno, destò Margaret.
Con un movimento secco e svogliato, la ragazza spense l'apparecchio e preparò il necessario per farsi una doccia.
In bagno, fece il programma della giornata.
Dopo l'università andrò a trovare Lizzy in ospedale per portarle i compiti e vedere come sta.
Mentre si insaponava i folti capelli scuri, Margaret pensò alla sua migliore amica, che da un paio di settimane si trovava in terapia intensiva in seguito a delle ustioni provocate da un incidente domestico. Uscì dalla doccia e si asciugò con calma l'esile corpo. Tamponò velocemente il viso, applicando una crema idratante e si vestì.
«Ciao, ma'» prese al volo il sacchetto contenente la colazione che sua madre le aveva preparato. L'avrebbe mangiata sul pullman diretto al campus universitario.
«Ehi, Meg!» la donna richiamò la figlia proprio quando lei stava per aprire la porta ed uscire di casa.
«Sì, mamma?»Meg tornò in cucina per guardare in faccia la madre mentre le parlava.
«Andrai da Elizabeth, oggi pomeriggio?» si informò la signora Grant, avvicinandosi alla figlia.
«Contavo di passare a salutarla, sì. Perché?»
«Portale questo come regalo di pronta guarigione da parte di tutti» sorrise la madre, porgendole un pacchetto.
«D'accordo. Ci vediamo stasera, ok?» le lasciò un bacio sulla guancia mentre tornava in soggiorno per uscire di casa.
«Va bene.»

«Meg. Meg, ti prego, aiutami. Non riesco a risolvere questo problema!»
«Georgie, quante volte ti devo spiegare qual è il procedimento corretto?»
«Non lo so, ma i calcoli non mi riescono mai!»
Che novità, pensò la ragazza, roteando gli occhi per la frustrazione. Si messaggio le tempie, pronta a ripetere di nuovo il procedimento giusto all'amico.
Ripetè l'esercizio per il compagno di corso e tornò ai suoi calcoli.
«Georgie, ti andrebbe di venire a trovare Liz insieme a me, dopo scuola?» domandò Meg, tornando a fissare il ragazzo.
«Davvero?»
«È anche tua amica, forse coglierai l'opportunità di avvicinarti di più a lei» ammiccò, sfruttando il fatto che il ragazzo aveva una cotta colossale per la sua migliore amica.
«Dopo dobbiamo andare in sala operatoria?» chiese George, arrossendo e cambiando argomento.
«Dovremo andare in obitorio... non mi abituerò mai a entrare lì dentro» lo corresse Margaret, con una smorfia di ribrezzo. Non riusciva ancora a gestire le sensazioni che le suscitavano i cadaveri, e questo era un problema, se voleva diventare un buon medico. «Non hai ancora risposto alla mia domanda, comunque» aggiunse, sbirciando sul libro il risultato.
«D'accordo, vengo! Ma non è per quello che credi tu.»
«Ah no? E perché, allora?»
«L'hai detto prima, è la mia migliore amica. Come è la tua.»
«Ma non solo questo... è inutile nasconderlo Georgie. Se n'è accorta anche Terry, e quella poveretta non vede niente che non vada oltre la punta del suo naso storto. Ha dei fondi di bottiglia, al posto degli occhiali, credi a me.»
«Appunto per quello Terry non è attendibile. E nemmeno tu lo sei. Ti sei convinta che noi due siamo fatti per stare insieme, ma non è così!»
«Se doveste mettervi insieme mi offrirete una cena» la ragazza pose questa condizione per essere sicura che il suo migliore amico sapesse che non avrebbe lasciato cadere l'argomento così facilmente.
«Sì, sì, d'accordo.»
«Signorina Grant! Signor Collins! Volete continuare a parlare fuori dalla classe o credete che la lezione sia più importante?» i due ragazzi ammutolirono, tornando a fissare i fogli su cui stavano scrivendo.

«Lizzy! Come stai, tesoro?»
«Potrei stare meglio, Meg» sospirò la ragazza, indicando sconsolata le bende che le coprivano le braccia e parte del collo. Il pigiama che indossava nascondeva parzialmente quelle che le fasciavano il torace.
«I dottori ti hanno detto qualcosa sulle tue dimissioni?» si informò George.
«Mi hanno dato almeno un'altra settimana di degenza. Dalle ustioni di terzo grado non si guarisce in fretta» fece notare, acida. Nessuno dei due ragazzi si sentì offeso: entrambi potevano capire come fosse doloroso e destabilizzante essere nella condizione dell'amica.
«A proposito» Meg si ricordò improvvisamente del regalo che la madre le aveva dato quella mattina. «Questo è per te. Da parte di tutti.»
«Oh, Dio, Meg! Non dovevate!» esclamò Elizabeth tirando fuori dal pacchetto un soprammobile di legno intagliato. Andava matta per le cianfrusaglie di quel tipo.
«Che cosa vuoi che sia? Rimettiti presto, Liz» le augurò l'amica, sorridendo. Lei ricambiò.
«A presto, Liz» la salutò George, lasciandole un bacio sulla fronte.
«Ci vediamo, Georgie.»
«Dimmi, ti fidi di me?» chiese Meg, quando i due furono fuori dall'ospedale.
«Certo che mi fido!» esclamò il ragazzo, perplesso.
«Se entro la fine del semestre non ti farai avanti con lei ti obbligherò a venire al cinema con me per vedere un film horror. Se invece dovreste mettervi insieme, ti ricordo che mi hai promesso una cena» Margaret fece leva sulla vena fifona di George, che odiava i film horror con tutto il cuore.
«Ancora con questa storia?» il ragazzo levò gli occhi al cielo. «Sembri mia zia Yvonne. Anche lei si preoccupa sempre della mia situazione sentimentale.
«Ti rendi conto che credi solo tu che tra te e Liz non ci sia niente?»
«Quali sarebbero le prove, di grazia?» si informò lui, storcendo il naso.
«Prendi la nostra visita. Prima che uscissimo ha salutato solo te. A me ha sorriso, è vero, ma ti ha detto esplicitamente "ciao Georgie". E tu le hai dato un bacio sulla fronte. È una cosa che fanno solo i fidanzati!»
«E va bene! Mi sono preso una cotta per Elizabeth... quasi due mesi fa. Sei contenta, ora?»
«Uno a zero per me!» esclamò Meg, esultando. «Ora che tu mi hai detto un segreto mi sento in debito. Se ti dico una cosa importante manterrai il segreto? Liz può saperlo, è ovvio, ma solo lei. È importante, e ti chiedo di non giudicarmi, anche se sono quasi certa che non lo farai.»
George annuì. Sono anni che spero di essere accettata per quello che sono, e conosco Georgie da un po' di tempo, so che mi posso fidare di lui. Pensò Meg, facendo un respiro profondo.
«Sono una mutante» sussurrò lei dopo aver preso un altro respiro.
«Che cosa?!» chiese il ragazzo, sotto shock.
«Andiamo, Georgie, hai capito.»
«Quindi tu sei un mostro e non me l'hai mai detto?» la voce del ragazzo era fredda e distaccata, lo sguardo vacuo.
Margaret negò con la testa, troppo scossa dalle parole dure dell'amico per poter proferir parola. Era scioccata, certo, ma anche molto triste: non si sarebbe mai aspettata tanto odio da parte di un ragazzo così gentile.
«Hai detto che Liz non lo sa, vero?»
Di nuovo un diniego silenzioso. Ovvio che non lo sapeva.
«Hai ingannato tutti e due, Meg. Sei una persona riprovevole, ma non ti addosso tutta la colpa: io stesso avrei dovuto riconoscere la tua vera natura e non avrei mai dovuto avvicinarti. Addio, e buona fortuna per tutto» il ragazzo girò i tacchi e tornò verso l'ospedale.
Margaret Grant, il mostro. Ecco come mi vedono gli altri. Pensò la ragazza con amarezza, allontanandosi da sola. Che senso ha aprirsi con gli altri e confidarsi con loro se poi hanno una visione distorta di te? È questa la soluzione, allora: non fidarsi più di nessuno all'infuori di sé stessi. Ed è esattamente ciò che farò io.

Amore mutanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora