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Una sera di metà novembre, Margaret, Veronica e Camille erano sdraiate sui rispettivi letti, cercando di addormentarsi. Erano esauste dopo una tremenda giornata scolastica, troppo stanche persino per parlare.
«Siamo amiche da quattro mesi e non abbiamo fatto ancora una serata come si deve» osservò improvvisamente Veronica, aprendo gli occhi sul buio davanti a lei.
«Cosa intendi, Ronnie?» Intervenne Margaret.
«Andiamo, Meg! Tutte le ragazze della nostra età stanno sveglie fino a tardi per dirsi i segreti e guardare film. Non possiamo farlo anche noi?»
«Certo... chi comincia a dire qualcosa di sé?» domandò Camille, senza accendere la luce.
«Da piccola ho trasformato un soprammobile in un serpente, un giorno che i miei mi avevano fatta arrabbiare: è così che ho scoperto la mia seconda mutazione. Alla fine l'oggetto è tornato normale abbastanza in fretta, ma ha comunque fatto prendere un colpo a mia mamma» raccontò Meg.
«Io ho quasi soffocato mio fratello con un'ondata di cenere. Lui era asmatico ed è andato molto vicino alla morte, quella volta.»
«Chiudiamo il cerchio, dicendo che io ho scoperto di essere mutante quando ho fatto crescere un fiore nella bocca del gatto, credendolo un vaso. Ho immaginato di vederci dei fiori dentro, e loro sono apparsi.»
«Ma come hai fatto a scambiare il gatto per un vaso?» chiese Ash in tono scettico.
«Avevo un anno! E poi era rimasto immobile ed impettito per un'ora!»
«Primo bacio dato?» cambiò argomento Camille, con voce chiaramente divertita.
«Mai dato un bacio...»
«Ma come, Meg!? Hai ventisette anni...»
«Non ho ancora trovato l'uomo giusto» si giustificò Changer.
«Io l'ho dato a sedici anni» disse Veronica, preferendo non indagare oltre sulla scarsa vita sentimentale dell'amica.
«L'anno scorso?» chiese conferma Camille.
«Esattamente.»
«A chi?»
«A Bobby.»
«Iceman?»
«Lui.»
«Io l'ho dato a Tony.»
«Chi è Tony?» si informò Meg, rizzandosi a sedere. Anche se nessuna delle sue amiche poteva vederla, sollevò le sopracciglia, curiosa.
«Tony Reds. Se n'è andato due anni fa. Non l'ho mai più sentito, da allora.»
«Che cosa triste» mormorò Margaret, dispiaciuta.
«Neanche tanto» replicò Camille, con aria noncurante
«Margaret. Vieni giù, per favore» mormorò una voce nella mente della ragazza.
«Il professore mi ha chiamata» si scusò Meg, poi si allontanò lentamente dalla camera da letto, stando attenta a non urtare niente nel tragitto verso la porta.
«Professore, mi ha chiamata...» le parole di Meg morirono lentamente appena gli occhi della ragazza si posarono su un uomo di neanche cinquant'anni che era girato verso di lei. Anche se non lo vedeva da un bel po' e sebbene fosse vestito in modo alquanto strano, lei avrebbe potuto riconoscerlo in mezzo a milioni di persone.
«Ciao, Meg. Ti ricordi di me?» Chiese, guardandola dritta negli occhi.
«Tu sei Stephen. Anche se hai sempre voluto essere chiamato zio Strange.»

«Stregone? È per questo che sei scappato via, dopo l'incidente?»
«Credimi, sarei voluto tornare, ma ho avuto qualche piccolo problemino, nel frattempo.»
«Ti riferisci ad Hong Kong?»
«Vedo che sei ben informata.»
Margaret, che stava facendo su e giù per il salotto, si fermò e osservò suo zio seduto sul divano.
«Ben informata?» esclamò, scettica. «Mamma piangeva tutte le sere, papà minacciava di divorziare se non avesse smesso ed io avevo crisi di nervi che mi portavano ad avere problemi con la mutazione. E tutto per colpa tua. Giuravo a me stessa che avrei imparato a controllarmi, anche da sola, se necessario, e poi ti avrei portato a casa con la forza.»
«Sei sempre stata una ragazza testarda, non c'è che dire.»
«Non mi interessa cosa pensi di me. Perché sei qui?»
«Ho bisogno di te.»
«Di me?!»
«Sì, Margaret.»
«Fammi capire. Tu sparisci per tredici anni da casa, facendo avere tue notizie solo tramite qualche rara videochiamata, e ora vorresti che io venissi con te. Perché?»
«Per diventare una come me.»
«Continuo a non capire...»
«Maestra di arti magiche. Come me.»
Meg rise.
«Perdonami, zio Strange, ma non credo che sia una buona idea.»
«Come mai?»
«Ho trovato il mio posto, qui alla scuola. Ho degli amici e delle attività da svolgere. E poi, proprio tu mi vieni a parlare di magia? Così razionale e pragmatico, ti sei rifiutato di vedermi dal giorno in cui ho scoperto di essere una mutante. Avevo dieci anni, all'epoca. Mamma diceva che eri impegnato col lavoro, per questo non potevi stare con noi. Poi, poco tempo fa, ho capito: tu mi odiavi perché ero diversa. Irrazionale.»
«Hai ragione, ma sono cambiato, in questi anni. Sono maturato, ultimamente, e sono pronto a ricominciare, andando oltre le "rare videochiamate". E poi, tu sei già pratica di cose straordinarie che -ne sono certo- imparerai in fretta il mio mestiere: il santuario di Londra è rimasto scoperto e ho bisogno di aiuto.»
«Mandaci Wong.»
«Come sai chi è?»
«Ho chiamato Kamar Taj dopo quello che era successo ad Hong Kong per sapere come stavi e mi ha risposto lui. Nonostante tutto ci tenevo a te. Wong disse che ti avrebbe chiesto di richiamarmi, ma nessuno si è fatto vivo.»
«Non mi aveva detto nulla.»
«Non importa. Hai comunque evitato ogni contatto con me e ora mi chiedi di seguirti? No, grazie» con un mormorio frustrato, Margaret lasciò la stanza.

Amore mutanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora