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Per giorni, Margaret studiò il discorso con cui intendeva introdurre a Jean il suo problema.
Aveva bisogno di sapere la sua storia, come aveva imparato a convivere con la sua mutazione e come fosse avere il "blocco mentale" del professore.
Lei non sentiva alcuna differenza, ma Xavier aveva detto che Jean lo possedeva da molto più tempo: magari sul lungo termine aveva effetti diversi.
Finalmente, molti giorni dopo il suo incontro notturno con il vecchio insegnante, Meg si decise a parlare alla sua collega.
«Hey, Jean! Posso parlarti un momento?» le chiese un giorno, piombando senza preavviso nel suo ufficio. La donna dai capelli rossi stava sistemando delle cartelle cliniche su una libreria e trasalì leggermente, colta di sorpresa, ma poi sorrise cordialmente.
«Vieni, entra pure, Meg» la invitò ad accomodarsi, sedendosi a sua volta. «Cosa ti turba, mia cara?»
«Nulla in particolare. Solo che...» fece una pausa, poi un respiro e riprese a parlare. «Qualche giorno fa ho parlato al professore e ho scoperti alcune cose che non hanno fatto altro che generare dubbi su dubbi. Xavier mi ha detto che tu puoi darmi una mano a capire e sento che se non parlassi con te potrei esplodere.»
Di nuovo, il bisogno di prendere aria si fece sentire e costrinse la ragazza a fermare di nuovo il flusso di parole che aveva iniziato a uscire dalle sue labbra.
«È per i tuoi poteri, non è vero?»
Margaret assentì. Le faceva piacere che Jean potesse capirla senza il bisogno di utilizzare parole.
«C'è qualcosa in particolare che vuoi chiedermi o ti servono semplici delucidazioni sulle mie capacità da telecineta?»
«Vorrei parlare del blocco che Xavier ha posto alla tua mente.»
«Oh...» sospirò la donna.
«Spero non sia un problema... sai Xavier l'ha fatto anche a me e volevo avere spiegazioni sugli effetti che ha sulle persone.»
«L'ha fatto anche a te?» Jean sembrava sconvolta.
«Sì. A quanto pare sono anche io una mutante di "livello cinque" come te. Ma poi cosa vuol dire "livello cinque"?»
«Una cosa alla volta» la dottoressa si era ripresa dallo shock e ora era tornata a sorridere serena. «Il blocco mentale è una cosa che solo telepati piuttosto potenti riescono a fare, e serve per contenere i poteri di una persona. Ora, esiste una scala che serve per catalogare i mutanti, e si compone di cinque livelli numerati. Il livello cinque è il massimo, non sono molti i mutanti che rientrano in quella categoria. Ultimamente è stato aggiunto il "livello omega", ma i mutanti di quel tipo si possono contare sulle dita di una mano.»
Meg ascoltava a bocca aperta: lei era una delle mutanti più potenti sulla faccia della terra. Ecco perché Magneto la voleva con sé. Si diede della stupida, per aver preso in considerazione l'idea di seguirlo.
«No, Margaret. Non sei stupida.»
«Come, prego?»
«Ho sentito i tuoi pensieri. Non sei una stupida.»
«Quindi anche tu...»
«Leggo la mente. Sì.»
«E come mai pensi che io non sia un'idiota?»
«Perché so di quanto potere persuasivo è dotato Erik Lehnsherr.»
«Lo conosci?»
«Quando ero adolescente, lui venne a trovarmi a casa dei miei genitori insieme a Xavier. È stato proprio Magneto a convincermi a seguire gli studi alla scuola per giovani dotati.»
«Ma perché è diventato così?»
«Lo è sempre stato. Da bambino è stato deportato in un campo di concentramento, e lì ha assistito all'omicidio di sua madre. Il generale nazista che la uccise aveva scoperto che lui era un mutante e compì quel gesto estremo perché voleva spronarlo a mostrare a tutti le sue abilità. All'epoca Lehnsherr era solo un ragazzo e non poteva controllare bene il suo dono, quindi il "test" non andò a buon fine. Quando lui e il professore si conobbero, Magneto stava cercando di uccidere l'uomo che aveva assassinato sua madre. Aveva perfezionato la sua tecnica ed era molto determinato. Il professore fece di tutto per impedirlo, e inizialmente credette di essere riuscito nel suo intento. Ma Magneto non aveva dimenticato l'affronto, quindi fece di testa sua e uccise lo stesso il generale. La sua sete di vendetta andò ben oltre, e arrivò al desiderio di sterminare tutta la razza umana non mutante. "Sangue chiama sangue", diceva Shakespeare, ed Erik Lehnsherr ne è la prova più concreta.» 
Di nuovo Changer non sapeva cosa dire, turbata dalle parole della sua collega ed amica.
«È la storia più triste che abbia mai ascoltato» disse infine: le veniva da piangere.
«A volte Lehnsherr e Xavier riuscivano a mettere da parte i rancori e...» le parole successive di Jean furono spente da qualcuno che bussava alla porta. «Avanti» disse, scrollando parzialmente via il velo di malinconia.
«Ciao Jean... è un brutto momento?» era Logan, che, vedendo Margaret seduta alla scrivania, fece per andarsene.
«No, Wolverine. Resta» lo invitò la dottoressa Grey.
«Dovevo dirti che il professore vuole parlarti.»
«D'accordo, digli che sarò da lui tra un attimo.»
«Ok, a dopo. Ciao ragazzina» salutò anche Meg, prima di chiudersi la porta alle spalle.
«C'è qualcos'altro di cui vorresti parlare?»
«No... credo che per oggi basti così» provò a ironizzare.
Entrambe sorrisero, poi uscirono dall'ufficio della professoressa.
«Ci vediamo in giro, tesoro» disse Jean, stringendo la ragazza in un abbraccio.
«A più tardi» la salutò Meg.
Dato che lo studio di Jean si trovava sottoterra, la dottoressa si diresse verso l'ascensore, mentre Margaret andò in direzione delle scale.
Quando uscì in giardino, il tocco del sole sulla pelle fu una benedizione, per la ragazza. Inspirò l'aria estiva e iniziò a passeggiare senza una meta precisa. Si ritrovò al campo da basket e notò che si stava svolgendo una partita tra alcuni studenti: era l'occasione giusta per rilassarsi e scrollarsi di dosso la tristezza causata dalla storia di Jean.
Ancora non sapeva che non sarebbe stato così facile.

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