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Lottie
Attendo che le porte automatiche del centro commerciale si aprano alla nostra vicinanza.
Il sensore scatta, e così accade.
Seguo il mio accompagnatore passo a passo, ma non riesco nemmeno a cogliere il moto delle mie gambe.
È come se tutto quel che facessi, fosse per pura e semplice inerzia.
«Allora Titti, che vuoi fare per primo?».
Ancora non riesco ad abbituarmi al suo chiamarmi a questo modo. È sicuramente nostalgico, visto che accadeva prima che tutto tra noi finisse nel cesso, eppure mi spaventa questo improvviso legame che si sta ricreando tra noi.
Sì, improvviso... Perché, nonostante siano passate già diverse settimane da quando abbiamo ripreso a parlarci, e ora pure a uscire insieme, mi sembra tutto così strano, insolito... Improvviso appunto.
Si è davvero avvicinato così, dal nulla, per poter ricominciare da capo?
Sono io stessa scettica, e lo era pure Davi-...
Merda!
Oh andiamo. Stavo per cascare anche su questa sua stupida "trappola".
Già, alla fine se era per sè stesso che giocava, è ovvio che avrebbe sospettato dell'onestà e le intenzioni di Steven.
Non dovrei più farmi paranoie al riguardo e semplicemente lasciarmi andare. Devo fidarmi di lui.
«Che ne dici di un gelato mentre giriamo per i negozi?» continua non ricevendo mie risposte.
Forza Lottie, buttati.
«Avrei un'idea migliore. Perché non mi porti a fare un giro in moto?».
Mi fissa stupito.
«Oh, eddai. Scommetto che anche tu hai un posto meraviglioso dove portarmi. È sempre così di solito con i ragazzi belli e tenebrosi. Per cercare rifugio, alla fine trovano dei posti magnifici e sperduti» insisto, mentre un sorriso assai compiaciuto gli appare in volto.
«Quindi mi trovi bello e tenebroso
Accidenti. Va bene buttarsi, ma non strafare, scema di una me stessa!
«E-era solo un riferimento ipotetico allo stereotipo di bad boy  film. N-nulla di che»
«Quindi mi ritieni pure un ragazzaccio? Interessante, e sexy...» ammicca sempre più divertito.
«S-stavo solo dicendo per dire. N-non montarti la testa! Dai, andiamo»
«E va bene, va bene. Agli ordini, mia signora» ridacchia per l'ennesima volta, prima di inchinarsi galantemente a fianco alla porta mobile, che subito si apre per lasciarmi passare.

Dopo qualche minuto in sella alla moto, ci fermiamo.
«È più vicino di quanto credessi, questo tuo posto magico» annuncio curiosa.
Mi fisso in giro...
Ci troviamo esattamente nel centro di un residence con diversi condomini al suo interno.
Per qualche motivo, mi è familiare, ma non tanto da ricordarlo.
«Ti stupirà, ma il mio rifugio è proprio questo: casa mia. O meglio, quella di mio zio».
Sfila il casco, lo poggia nel manubrio, poi fa lo stesso col mio, svelando probabilmente il volto arrossato di una ragazza consapevole di essersi infilata da sola nella tana del lupo.
«Entriamo?» sorride spensierato.
Che faccio ora?
Mi sono davvero scavata la fossa da sola.

Per una Semplice Cifra SbagliataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora