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Lottie
Ogni secondo che passo seduta nel divano, mi rende più piccola.
Mi sento sempre più una formichina futile tra quattro enormi mura.
«Tieni, ti ho preso del thè fresco» dice facendomi quasi sussultare da quanto tesa sono.
Poggia i due bicchieri capienti nel tavolino in vetro che sta tra noi e il TV al plasma, mentre mi scruta con aria divertita.
«Andiamo, rilassati un po'. Non ti mangio mica».
Ha ragione.
Eddai Lottie, smettila di essere così... Così!
Afferro il bicchiere più vicino a me, portandolo alle labbra.
Quasi lo sputo quando il retrogusto amarognolo mi avverte del mio errore.
«È birra!» annuncio con disgusto.
Non ho mai amato il sapore troppo deciso e forte della birra.
«Oh, scusami. Devo aver scambiato il mio bicchiere con il tuo».
Lo dice con poca sorpresa, facendomi quasi sospettare che non sia stato un caso. Anche se, effettivamente, tra thè e birra quasi non si nota la differenza, se non sulle piccole bollicine al suo interno e una lieve linea di schiuma più accentuata nelle pareti interne del bicchiere.
Prendo allora l'altro recipiente per levare il gusto amaro con quello dolce del thè. D'istinto mi preparo a sorseggiarne dosi copiose, tanto da dovermene subito pentire.
Con un solo ingoio mando giù quasi la metà del contenuto, sputandone stavolta qualcosa addosso alla sua maglia.
«Ma è birra anche questa!» grido sorpresa e in qualche modo isterica.
«Steven!» lo ammonisco.
«E va bene scusa. Volevo solo che ti lasciassi un po' andare. Sei più tesa di una corda di violino. Rischi di spezzarti di questo passo, ed io volevo solo evitare che avessi un esaurimento nervoso...» mentre parla leva con completa nonchalance la maglietta bagnata, rischiando di farmi venire lui stesso l'esaurimento nervoso.
«...» sto per dire qualcosa, ma non mi esco le parole da quanto sono ipnotizzata da questo suo gesto e fisico... E che fisico, wow.
Non penso di aver mai davvero visto il suo corpo a questa distanza ravvicinata. È successo una volta, o forse due, quando andavamo al mare con i miei genitori, ma non era questo che ricordavo. Eravamo entrambi piccoli e senza alcun tipo di interesse per i rispettivi corpi.
È così strano e al contempo eccitante.
No no no! Fermi tutti. Non devo, non posso trovarlo eccitante.
Non così presto, sbaglio?
«...E ora? Io non la so fare la lavatrice...» non sembra notare la mia espressione, è così assorto sulla chiazza di birra nell'indumento, che non volge nemmeno il suo sguardo su di me.
Non che mi dispiaccia comunque.
«... Ma è meglio se la butto subito a lavare, o verrà fuori l'alone. Tu sai-».
Si interrompe appena realizza il tutto.
Ho parlato troppo presto come sempre, accidenti.
In volto torna a prendere spazio il suo più malizioso sorriso.
Getta a terra la maglia.
«N-non hai appena detto che è meglio s-se la butti a lavare?».
Brava Lottie, resiti a questa terribile ondata di feromoni. Non avrà la meglio.
«Forse. Ma credo che in qualsiasi caso la maglietta sia ormai andata. Titti, come pensi di compensare il fatto che hai rovinato una delle mie t-shirt preferite?».
Avvicina lentamente il suo corpo al mio, aiutato dalle braccia possenti e muscolose che poggiano sul divano con me al centro.
«I-io posso sistemarla. E-e poi...» distolgo lo sguardo, non riuscendo a sostenere oltre il suo, «...è una semplice maglia nera, la trovi ovunque».
Si ragazza, vai così!
Non cederò al peccato della lussuria solo perché un bell'imbusto, con uno squisito addome, mi alletta.
«Ah davvero? E se ti dicessi che era un regalo? Come la mettiamo?».
Avvicina ancora di più il suo torace a me, constringendomi a retrocedere nel migliore dei modi possibili.
«È un'altra balla» dico decisa senza guardarlo mai negli occhi. Se lo facessi ora, morirei.
Si blocca repentinamente, sorprendendomi.
«Davvero, non la ricordi?» dice quasi in tono malinconico.
Afferra il capo d'abbigliamento da terra, dove giaceva.
«Ti ricorda nulla questo?».
Indica con l'indice un piccolo cuore rosso sgualcito, cucito poco sotto il bordo del colletto, nel dorso della maglia.
È...
«Hai ancora questa maglia?!» chiedo sorpresa.
Gliel'avevo regalata ancora all'inizio della nostra relazione, quando mamma mi stava insegnando a rattoppare gli strappi che faceva papà sui pantaloni.
Avevo cucito io quel cuore sulla maglia di Steven, l'aveva bucata perché impigliatasi in una rete. Per quanto insistessi col ricomprargliela, non ci fu alcun verso.
«Non ho mai avuto intenzione di buttarla. È un bel ricordo» sussura docile, e con occhi nostalgici.
Rivivo al loro interno, in una frazione di secondo, quegli attimi passati di spensieratezza e felicità.
Occhi.
Maledizione!
Contatto con gli occhi!
Porto lo sguardo ovunque in tutta fretta, ma il mio sistema visivo non sembra essere dalla mia parte.
La ricerca di un posto sicuro si ferma sui suoi addominali scolpiti.
Così duri, lisci e allettanti...
Accidenti.
Iperventilazione! Iperventilazione!
Sento che ogni campanello ed allarme rosso nel mio corpo stanno impazzendo.
«Titti. Riproviamoci» sussura nuovamente ad un passo dalle mie labbra.
Poggia la sua fronte sulla mia, impedendo ai miei occhi ogni via di fuga.
Il battito del mio cuore altera il flusso del mio sangue, che in un baleno sale in testa creandomi un forte senso di disorientamento.
Calma Lottie, calma o ci rimetti davvero le penne.
La sua mano ai alza dal morbido tessuto del divano, per toccare e sfiorare il mio collo.
Rabbrividisco come non mai, mentre tutti i miei sensi sembrano precipitare in un unico punto del mio corpo.
Sento un desiderio che non avevo mai sentito prima pervadermi.
«Che ne dici?» continua mentre le nostre labbra si stanno già toccando.

Per una Semplice Cifra SbagliataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora