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Mark
Sono di ritorno a casa, mente cerco di mantenere l'equilibrio a causa di Jill che tira il guinzaglio per ricorrere uno dei tanti gatti addocchiati da quando siamo in giro.
Non è mai stata un cane agile, è anche per questo che ultimamente la porto con me a fare jogging.
È di stazza grande, ma questo non giustifica la sua pancia evidente, maturata grazie ai suoi occhi da cucciola che le permettono di lavorarci a suo piacimento, fino a concederle di tanto in tanto, qualche stuzzichino di troppo.
«Jill, rallenta!» la richiamo, ma sembra inutile.
Sono così stanco per tutta la corsa fatta, che non ho più nemmeno le forze per farmi valere.
Inizia a tirare con più foga, tanto da farmi scivolare il guinzaglio dalle mani.
«Jill!» grido senza alcun risultato.
Aumento il passo, sperando di non perderla di vista.
Mi ritrovo a correre come un forsennato appena sparisce dalla mia portata visiva.
Cerco di seguire il suo respiro affannato e il raro abbaiare.
Eccola!
Noto la sua coda scodinzolare dietro l'alto muro di una casa.
«Jill, vieni bella!» urlo una seconda volta.
Si gira, mi fissa con occhi giocosi, ma non si avvicina.
Sembra che qualcosa abbia catturato la sua attenzione.
Incuriosito mi porto al suo fianco per capire cosa possa esserci di tanto interessante, ma quel che trovo mi lascia sorpreso.
«Steven?».
Se ne sta in piedi in mobile, mentre stringe tra le dita una sigaretta mezza andata.
«Ti stavo giusto venendo a trovare» mormora in qualcosa di più simile ad un sibilo.
Senza lasciarmi il tempo di chiedere spiegazioni, mi ritrovo a subire il suo gancio destro sullo stomaco.
Boccheggio cercando di immagazzinare l'aria che sento mancare nell'addome, ma questo non allevia il forte dolore che provo.
Riprendo il possesso di me il più rapidamente possibile. Non mi lascerò sopraffare sta volta.
«Ma che ti prende? Sei impazzito?!».
Il mio sguardo cade sui suoi occhi, cupi, gelidi, neri come gli abissi.
«Tu non mi hai mai dato noie, ed ora per farti una scopata, rubi le mie donne?» inizia con nota amara.
Un sorriso languido completa l'opera macabra sul suo volto.
«Sono sempre stato generoso con te; ti bastava chiedere e ti avrei fatto avere qualsiasi ragazza avessi voluto. Ti ho invitato ovunque potessi, ti ho consigliato il meglio... Sei tu non hai mai accettato, ed ora arrivi e mi porti via uno dei bocconcini che più desideravo?» continua con sgomento.
Sto per controbattere, ma ancora una volta non faccio in tempo che mi ritrovo un pugno in pieno volto.
Jill a quest'ultimo inizia a ringhiare pesantemente verso di lui, pronta a darmi le sue difese.
«Stanne alla larga, cagna!».
La sento guaire appena il suo piede la scaraventa a terra.
La fisso tremante e con occhi increduli.
Poi il mio cervella sembra abbandonare ogni concezione di razionalità.
«Bastardo!» grido scaraventandomi verso di lui.
Un colpo. Due.
Le morse delle mie mani affondano con piacere sul suo volto ripetutamente, fino a costringerlo a ripararsi come meglio gli riesce.
La rabbia mi acceca, tanto da non farmi realizzare la ginocchiata imminente sul mio addome.
Urlo di dolore ancora una volta, piegato per l'impossibilità di respirare.  Approfitta per gettarmi a terra con un altro calcio, dove sbatto violentemente la schiena con l'asfalto ruvido e pungente.
La sottile maglia in cotone che mi copre, permette a qualsiasi piccolo sasso, di divenire lama sulla pelle.
«Non hai speranze contro di me, Mark».
Si accanisce sopra il mio corpo ed inizia menarmi ancora una volta.
Appena ho un piccolo spazio per potermi muovere però, prendo a mia volta le redini della lotta.
Lo porto a schiena a terra, mentre mi posiziono sopra di lui.
«Non mi sottovalutare!» grido isterico, ora che le parti si sono invertite.

Per una Semplice Cifra SbagliataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora