Minacce

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1 settembre 2017

PIETRO'S POV
Avete mai pensato alla parola "immobile" cosa significhi?
Dovrebbe essere il sinonimo di fermo, fisso, ma molte persone ignorano il significato più nascosto di questo termine.
"Mi sento immobilizzato" significa che mi sento privo di libertà, privo di conseguire le mie scelte e i miei obiettivi, privo di movimento.
Credo fermamente che tutti utilizzino questa parola in modo sbagliato, supponendo che sia in stretta correlazione con il termine "fermo". A mio parere, immobilizzato è sinonimo di "imprigionato".
Ed è così che mi sento adesso, imprigionato su una barella, alquanto scomoda e traballante. E avete mai pensato cosa significhi essere legato a qualcosa? Se consideriamo l'espressione in positivo, è una relazione tra due cose, da cui da una dipende la vita dell'altro. Se la consideriamo in negativo, significa ancora una volta essere immobilizzati e legati a qualcosa che ci provoca fastidio, che ci turba, che ci distrugge mentalmente.
Rimanendo bloccato a letto, ho dovuto trascorrere il tempo libero leggendo qualcosa.
Mi sono appassionato molto ai pensieri di alcuni filosofi e i loro discorsi sono rimasti impressi nella mia mente.
Rispetto a prima, adesso noto l'ambiente che mi circonda in modo diverso.
Sabrina:"Pietro."
Sabrina mi riporta alla realtà della situazione. Io, ancora nell'ospedale, bloccato da troppo tempo.
Sabrina:"È da giorni che non mangi, non rispondi. I tuoi genitori sono molto preoccupati per te e la tua salute sta peggiorando."
Sospiro mentalmente, ma all'esterno sono come un guscio vuoto, non riesco a esprimere ciò che sento.
Sabrina:"Ti ho portato diverse foto. Le lascio qui, in caso tu le voglia sfogliare. Adesso, ti lascio riposare."
Esce dalla camera, ma noto dal vetro adiacente a me le sue lacrime che colano a terra.
Poso lo sguardo sulle foto che ha lasciato e con la poca forza che ho, cerco di raccoglierle in mano. Inizio a osservarle, una per una, ricordando i bei tempi che avevo trascorso assieme ai miei amici. Il mio sguardo cade ancora una volta sulla mia foto preferita, la nostra foto preferita, vero Lorenzo?
Noi due, sotto la nostra quercia, seduti sul nostro muretto, abbracciati, ma soprattutto, felici. Cosa ci ha portato ad allontanarci così tanto?
Pensavo ci stessimo avvicinando, ma in realtà ci stavamo solo respingendo.
Il mio guscio esterno si spezza, dato che le lacrime iniziano a solcare il mio volto, e come ogni giorno, bagnano il tessuto del mio pigiama.
Dove sei finito? Dove sei adesso? Perché non sei più venuto a trovarmi?
Lascio cadere le foto, le quali si spargono sul letto disordinatamente. E d'un tratto, noto il retro di una foto.
Sono appena visibili delle parole.

"21/07/2018
Mi hai chiesto una dedica, in modo che tu possa ricordarlo per sempre.
Ma le uniche parole che adesso mi vengono in mente, sono due: Ti amo.
E lo sai perché penso proprio questa espressione? Perché adesso sono accanto a te, mentre tu dormi beatamente sulla mia spalla.
Se ti guardo, provo amore, vero amore.

Tuo per sempre,
Lorenzo Ostuni"

Anche questa volta ce l'hai fatta Lorenzo. Anche questa volta mi hai distrutto e mi hai lacerato il cuore, senza neanche saperlo. Leggere queste parole, questo suo discorso, mi provoca un dolore incessante. Un dolore che brucia, che mi fa ardere il petto. E in effetti, sto bruciando, proprio come la nostra storia.
Noto poi l'unica cosa che non avrei mai voluto vedere. Il nostro piccolo tesoro, o almeno il suo regalo per me. Un semplice bracciale, ma che è testimone di molte cose.
Tutte le nostre avventure, tutti le nostre fughe dalla monotonia della città, i momenti in cui le mie mani toccavano le sue e si volevano. Testimone di eventi passati, presenti e probabilmente futuri.
Alessandro:"Sei sveglio, allora."
In questi casi sobbalzerei dallo spavento, ma non ho forze per farlo.
Alessandro:"Come stai?"
Mi chiede retoricamente, sapendo già che non risponderò e io d'altronde non saprei che dirgli.
Alessandro:"Ti hanno detto che sono venuto ieri? Non mi hanno permesso di vederti. Si era fatto tardi."
Mi dice, sedendosi sul mio lettino. Getto lo sguardo sul mio corpo collegato a vari fili, cercando di non guardarlo negli occhi.
Alessandro:"Il dottore ha detto che non mangi da due giorni. Perché?"
Mi chiede, spostando una mia ciocca ricciolina che prima penzolava sul mio volto. Notando il mio sguardo assente e il mio silenzio, cambia discorso.
Alessandro:"Ti ho portato un regalo."
Annuisco, ma non rispondo concretamente, anche perché non mi importa seriamente che lui mi abbia fatto un regalo.
Alessandro:"Non so se ti possa piacere o se le indossi, ma appena l'ho vista, ho pensato a te."
Mi dice tutto d'un fiato. Prende dal suo taschino un cofanetto nero e lo apre davanti ai miei occhi.
Alessandra:"Non è un modello bellissimo, ma penso che questa collana sia adatta a te."
Si avvicina a me, lasciando che i nostri corpi si tocchino, ma solo per qualche istante. Si azzarda a mettere la collana attorno al mio collo senza il mio consenso, e io inizio ad osservarla. È una semplice ancora argentata, ma dubito sia vero argento.
Alessandro:"È molto bella, vero?"
Annuisco, dando finalmente segni di vita che nemmeno a Sabrina avevo dimostrato. E così lui sorride e intreccia la sua mano con la mia, il che mi fa rabbrividire.
Alessandro:"Anche se non parli, il tuo viso non ha segreti con me."
Dice, riferendosi probabilmente al mio rossore improvviso.
Pietro:"G-Grazie."
È l'unica parola che riesco a pronunciare, senza fare troppe gaffe o stancarmi troppo.
Alessandro:"Prego. È solo un gesto per mostrarti quanto tu sia importante per me."
Deglutisco alle sue ultime parole. Ogni frammento mi ricorda lui e la nostra storia labirintica e intricata.
Alessandro:"Non ti ho mai detto una cosa."
Mi dice improvvisamente.
Dato che non ho le forze per comunicare, gli stringo la mano ancora più forte, e lui capisce che lo sto ascoltando.
Alessandro:"Quella sera, quando ci siamo conosciuti, ti dissi che stavo dimenticando la mia fidanzata, e che avevo incontrato una persona che mi aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco."
Alzo lo sguardo dalla collana al suo volto, leggermente preoccupato, ma sempre sorridente e solare come quello di una volta.
Alessandro:"Be', quella persona eri e sei tu."
Sgrano gli occhi, non sapendo come agire o cosa dire. Le uniche parole che adesso uscirebbero dalla mia bocca, sono "Oh cazzo", ma non mi sembra il modo più adatto per rifiutarlo. Qualcuno potrebbe dirmi che sto sbagliando a non andare avanti, a non dimenticare il mio passato con una persona che mi ha demolito completamente, ma io non riesco ad allontanarmi da lui. È il mio pensiero fisso, giorno e notte, e so che presto tornerà da me.
Alessandro:"Non voglio stancarti troppo, ma pensa bene a quello che ti ho detto."
Mi dice, dopodiché scioglie il nostro intreccio e si alza dal letto, chiudendo la porta alle sue spalle. A differenza di Sabrina, lui inizia a osservarmi dalla vetrata, poggiando una mano su di essa, come se stesse per scomparire, o forse come se io stessi per farlo.
Scorrono nella mia mente ancora spicchi di luce vivida e il suono di un clacson che mi avverte. Percepisco ancora il suolo bagnato e il mio volto riflettersi nella pozza oscura.
Lo sguardo completamente assente, e il dolore così forte che non riesce a scalfirmi.
Il mio battito cardiaco accelera di nuovo, e io sono costretto a chiamare aiuto, come ieri, l'altro ieri, e ormai tutti i giorni precedenti.
I soliti attacchi di panico.

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