Riabilitazione

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4 ottobre 2017

PIETRO'S POV
Sapevo che avrei potuto spingermi di gran lunga oltre le mie aspettative, ma non volevo causare problemi e sofferenze alle persone a cui stava a cuore la mia salute. Sapevo anche che se avessi tentato di risanare le ferite che avevo aperto, il tempo non sarebbe stato mio consigliere.
La terza opzione, a mio parere, era la migliore; la mia improvvisa scomparsa parziale avrebbe solo calmato le acque. Innanzitutto, parziale perché avrei detto a tutti in quale luogo sarei andato a rinchiudermi, in modo che non avrebbero avuto il tempo materiale di preoccuparsi anche per me. E poi, avrei finto di impazzire, in modo tale da pensare finalmente a mente lucida senza che nessuno mi chiedesse come stavo. Ero stanco di essere tartassato da milioni di domande a cui non sapevo dare una risposta concreta. Avevo bisogno dei miei spazi, e anche se li richiedevo, nessuno era disposto a lasciarmeli. Appena uscito dall'ospedale, ero ancora scosso dovuto al fatto di Lorenzo, e soprattutto alla notizia del suo fidanzamento improvviso. Il piano già mi circolava nella testa da un po' di tempo. Mi sarei fatto odiare da tutti i miei amici, compreso Lorenzo. Avevo bisogno di un complice però che riuscisse a convincere tutti della mia pazzia. La vittima che avevo scelto con tanta cura era Alessandro. Ma perché il piano funzionasse bene, avevo bisogno che davvero lui mi prendesse per matto. Non è stato tanto difficile, secondo me. Avevo capito col tempo che era facile abbindolare Alessandro, ma da una parte mi dispiaceva. E ammetto che è stato bravo a diffondere la voce della mia reclusione spontanea.
Non tutti sanno che in realtà il Denver non è più un manicomio, ma solo un centro di riabilitazione. Comunque, in poco tempo ero riuscito ad estraniarmi da tutto, e il piano stava funzionando in parte. L'unica pecca che non avevo previsto fu proprio la testardaggine di Lorenzo. Lui non voleva smettere di incontrarmi e probabilmente nemmeno io volevo che lo facesse. Entrambi ci attraevamo con una forza uguale e contraria, ma cercavo e cerco tutt'ora di reprimere i miei sentimenti per lui. Sono guarito ormai da Lorenzo, e non voglio ricaderci dentro. Non voglio provare di nuovo quel senso di smarrimento che mi aveva colto alla sprovvista. Eppure, l'ultima volta che è venuto in visita per me, il mio cuore batteva sempre allo stesso modo. E tutt'ora ammetto che non potrei mai dimenticarlo, ma vorrei che la nostra storia terminasse così, vorrei mettere un punto a quello che è stato e non sarà più. O almeno credo.
Adesso sono pronto ad uscire da questa gabbia di pazzi scatenati e ritornare alla normalità e alla tranquillità della mia vita.
Avverto la guardia che controlla questa sezione del centro, ma sembra che non sia disposto ad aiutarmi. Finalmente, dopo vari tentativi riesco ad attirare la sua attenzione, il quale si avvicina a me minacciosamente con la sua arma giocattolo da quattro soldi.
Pietro:"Signore, vorrei parlare con la direttrice dell'ospedale, potrei averne l'onore?"
La guardia se la ride sotto i baffi, facendo nascere vari punti interrogativi nella mia testa malata.
Guardia:"Lei davvero ha intenzione di parlare con Miss. Katrina?"
Pietro:"Non mi interessa il suo nome, voglio solo uscire da questo posto."
La guardia, prima sorridente, si incupisce improvvisamente e appoggia delicatamente la mano sulla sua fronte imperlata di sudore. Anche se non sembra, queste celle trasmettono molto calore, e ringrazio il fatto che sia ottobre e non sia estate.
Guardia:"La accompagno se è questo che vuole, ma sia attento alle richieste della Miss."
Deglutisco alla risposta secca del guardiano, ma ho bisogno di uscire. Non potrei passare un'altra notte nella mia cella puzzolente. Vorrei dormire nel mio letto confortevole, non su una brandina che sembra sia fatta di pietra lavica.
La barriera invisibile che mi divideva dal corridoio esterno viene aperta completamente, permettendomi di fare un passo in avanti dove prima sarei andato a sbattere violentemente.
La guardia mi strattona fuori da quella sezione, ormai la mia seconda casa, e mi conduce nell'atrio principale, dopodiché mi trascina verso una porta completamente di legno scuro, la quale si allontana di molto dall'arredamento interno del centro.
Guardia:"Sei sicuro tu voglia davvero entrare?"
Il signore mi incita a tornare indietro, ma ormai ho già preso la mia decisione. Nessuno mi ostacolerà; oggi stesso sarò liberò.
Non gli rispondo neanche, anzi, busso direttamente alla porta, la quale produce un suono molto particolare, lasciandomi intendere che la direttrice sia sicuramente una signora particolare, anche riguardo le insolite scelte stilistiche.
Una voce candida mi incita ad entrare, e prima di fare la mia definitiva comparsa, deglutisco e nascondo le mani nelle tasche del pantalone di stoffa bianca.

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