3.

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Apro la porta, mentre imprecò come uno scaricatore di porto abusivo, talmente la mia finezza, e per poco non rischio un infarto.

Mi cadono le buste di mano, mentre Antonio è davanti a me, senza maglia e con la fronte leggermente imperlata di sudore.

<Porca troia Anto.> quasi urlo

<Che cazzo sei impazzito per caso?>

Lui comincia a ridere e mi tira verso di lui.

<Scusa se ti ho spaventata.>

Subito si fionda sulle mie labbra, senza darmi il tempo di chiedergli cosa ci faccia qui.

Mi solleva dai glutei ed istintivamente, lego le gambe ai suoi fianchi, finché non si avvicina al tavolo della cucina,facendomi sedere su, mentre comincia a togliermi la maglia.

<Anto aspetta...>cerco di dire mentre la sua lingua si impossessa della mia bocca

<Cosa devo aspettare?> dice  mentre lancia la maglia per terra e sposta il reggiseno, mettendo in mostra il mio seno che sembra reagire alle sue attenzioni.

Non è la prima volta che facciamo sesso in questa casa, su questo tavolo, ma qualcosa non mi convince stavolta.
Cerco di ritornare lucida, per quanto mi sia possibile, e lo allontano da me.

<Ehi, che succede?>

<Niente, ma cosa ci fai qui?
Non dovevi essere a lavoro?>

<Sì ma dopo l'ospedale, mio papà ha chiamato dicendo che apriva lui l'ufficio, quindi ho pensato di venire a passare i fili dell'antenna.>

Scendo giù dal tavolo rimettendomi la maglia, qualcosa non mi quadra e, visto che sono una grandissima figlia di puttana, prendo le borse con le cose da portare in camera da letto.

Il filo doveva partire dal salone e arrivare lì, così con la scusa di sistemare le cose, posso controllare.

< Che succede Mia?>

<Perché?>

<Mi hai spinto via ed ora stai sistemando le cose invece di fare l'amore con me.>

< E quindi? Guarda che un rapporto non si basa solo su sesso...>

<Amore Mia, amore.
Non è più solo sesso.>

<Quello che sia Antonio, e comunque ci vuole sincerità anche.
Perché non mi hai detto che venivi? Eppure ci siamo sentiti stamattina.>

<Hai intenzione di litigare?> mi dice cominciando ad innervosirsi.

<Non voglio litigare, anche perché ho già dato per oggi, ma non capisco perché non mi hai detto niente.>

E mentre continuiamo a parlare entro in camera.
Tutti gli attrezzi, compreso il filo sono qui, ma una cosa non  quadra.

La nostra foto che sta sul comò, è capovolta e il copriletto sgualcito, come se qualcuno ci si fosse coricato sopra.

<Quante volte ti ho detto che non voglio vederti, sul letto soprattutto, con i vestiti fatti di ospedale?
E perché la foto l'hai capovolta?>

<Cazzo Mia, vuoi farmi il terzo grado?
Io non capisco perché dobbiamo sempre litigare anche per minchiate.>

<Io non capisco invece perché minchia devi fare sempre di testa tua.
Una cosa chiedo, che ti costa fare come dico io una dannata volta?>

Lo so che sono esagerata e che sono pesante, ma sono poche le cose che mi danno fastidio e non capisco perché deve fare sempre una polemica.

<Senti fai come vuoi.
Io sistemo le cose e torno a casa che tra qualche ora devo essere a lavorare.>

<Come al solito tu fai così, invece di discutere e cercare di capire, mandi a fanculo, è la cosa che ti riesce meglio.>

<Infatti, vaffanculo e con questo batto pure il mio record, visto che la giornata non è ancora finita.>

Comincio a sistemare le cose nelle varie  stanze e quando entro nel salone trovo i fili spezzati e cenere di sigaretta a terra, altra cosa che mi fa girare le palle.

<Abbiamo due o tre posacenere in tutte le stanze, per forza a  terra devi buttare la cenere?
Prendimi la scopa e la paletta che pulisco, visto che nemmeno ti degni a pulire il tuo casino.>

<L'avrei fatto dopo...>

< No, domani avrei trovato questo casino.>

Lo sento lamentarsi, ma ci passo sopra, anche perché mi scoppia la testa e decido di sbrigarmi, voglio tornare a casa.

Quando sono pronta per andare, Antonio mi tira facendo aderire la mia schiena al suo addome.

< Non andartene incazzata.
Hai ragione, ho sbagliato, ma davvero non ci ho pensato.
Cercherò di rispettare le tue poche regole, ma non andartene così.>

Lascio andare un sospiro, non mi piace litigare con lui, anche perché ho bisogno di lui per riuscire ad affrontare le giornate con mia madre.

< Scusami anche tu, me la prendo sempre con te dopo aver passato qualche ora con quella stronza.>

<Manca poco, e poi sarai solo mia.>

Mi stringo a lui, è l'unico sostegno che ho, mentre lui accarezza la mia schiena cercando di tranquillizzarmi, ma stavolta non ci riesce e decido di non indagare oltre.

Mi stringo a lui, è l'unico sostegno che ho, mentre lui accarezza la mia schiena cercando di tranquillizzarmi, ma stavolta non ci riesce e decido di non indagare oltre

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Mi alzo sulla punta dei piedi e gli lascio un tenero bacio, raccolgo la mia borsa e vado via raccomandando di sistemare tutto.

Quando arrivo in piazza, salgo sulla macchina e parto verso casa, ma mi accorgo di aver lasciato il telefonino su da qualche parte, quindi ritorno indietro e lascio la macchina in doppia fila, con le quattro frecce attaccate e mi precipito al nostro appartamento, ma nella fretta di non farmi portare via la macchina, dimentico la borsa con dentro le chiavi, tornare fuori significa perdere altro tempo, così entro in ascensore e salgo.

Suono alla porta e Antonio ci sta qualche minuto ad aprire.

<Anto sono io, ho scordato il telefono.> urlo da dietro la porta mentre resto col dito attaccato al campanello.

Quando mi apre, ha la patta dei pantaloni aperta...

<Sistemati, ho scordato il telefono in camera.>

Non mi segue e resta all'ingresso ad aspettarmi e quando sto per uscire, il rumore di qualcosa che cade, attira la mia attenzione.

<Sarà caduta la scopa> mi dice lui

<Non credo, visto che è ancora poggiata alla porta.>

Il suo volto cambia, mentre io mi avvicino allo stanzino da cui proveniva il rumore.

Quando la apro...

Ancora una volta tradita, ingannata, usata.
Ancora una volta non era l'amore, non era quell'amore, ancora una volta...sono io quella sbagliata.


Scusate gli errori e scusate me.

Cosa ha visto Mia?
Cosa le succederà ancora?
Baci Chiara❤

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