24.

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Appena saliamo sulla mia Mini, mi volto verso Domenico.

<Domi io ti ringrazio e dico davvero, ma ti chiedo di non intrometterti per quanto riguarda Nora.>

<Scusami Mia, non volevo ma sembrava fossi in difficoltà e ho pensato...lascia stare.
Scusa.>

<E ti ringrazio, dico davvero ma sono cose che mi devo sbrigare io.> gli rispondo mettendo in moto la macchina e uscendo dal parcheggio.

<E non chiedermi sempre scusa.>

<Ho sbagliato, è normale che te lo dica.>

<Si, ma non ci sono abituata.
Quindi facciamo così, per oggi basta con le scuse, da domani, quando ci vediamo, dopo il buongiorno diciamo pure scusa, che varrà per tutto il giorno.>

Domenico scoppia a ridire mentre sul mio viso si espande un sorriso sincero.

<Sei più bella quando ridi, non smettere di farlo neanche quando il peggiore dei tuoi giorni   ti abbatte.>

<Grazie, ma non sono niente di particolare, ma va bene così.
Non mi frega essere guardata, non in quel senso.
E comunque basta pure con i complimenti, mi emoziono altrimenti.>

<Non ti ha mai fatto un complimento tuo marito?>

<Alessio non ha mai fatto nulla che potesse farmi piacere.
È stato sempre così, freddo e distaccato ed io non ho mai chiesto nulla in più.
So di aver sbagliato tutto, che avrei dovuto impormi di più con lui, ma quando non si ragiona con la propria testa è difficile avere un confronto.>

<Non ragionavi? Non ho capito.>

<Si che lo facevo, non credere che sia stata sempre così accondiscendente anzi.
Ma poi ho capito che dietro le sue parole e i suoi gesti ci stava sua madre, che non mi ha mai vista di buon occhio e non so il motivo, quindi con chi dovevo discutere?
Avevano ragione loro.
Poi col passare del tempo, mi sono annullata totalmente, io ero quella sbagliata, che non ne faceva una giusta, per questa città sono stata sempre un problema, tanto che mi sono convinta che avevano tutti ragione.
Ed ora eccomi qui.>

< Ma spero tu sappia che non sei  il problema.
Sei stata un problema per te stessa, visto come ti sei ridotta, ma sappi che la gente parlerà sempre e comunque.
Hanno bisogno di questo per vivere altrimenti non riuscirebbero a dare un senso alle loro misere vite.>

<Sembra che tu mi conosca meglio di come possa conoscermi io stessa, sai esattamente cosa, quando e come dire le cose che mi risollevano un po di più da quel pozzo in cui sono caduta.
Siamo arrivati.>
Dico indicando un negozio, in cui la tabella non passa certo inosservata.

<Ma tu non hai tatuaggi? > mi chiede.

<Si, ne ho uno, ma capirai cosa ho fatto.
Entriamo.>

Suono il campanello e Biagio, il ragazzo che si occupa dei piercing, viene ad aprirmi.
L'odore che sta qui dentro è sempre lo stesso, tutto sistemato e sterilizzato, ed un profumo quasi orientale, che a me piace.

<Mia!> dice Biagio abbracciandomi dopo aver visto che Alessio non è venuto con me.

Ma mi stringe così forte, che sono costretta ad allontanarlo per via del dolore che provo.

<Che succede?> mi chiede preoccupato ed io alzo gli occhiali da sole.

Non mi vergogno, non devo essere io a provare vergogna.

<Porca merda bastarda dove è messa.
Che cazzo hai fatto?> ma non mi da il tempo di rispondere che subito chiama Tommaso.

Si, proprio quel Tommaso.

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