Fissai insistente il piatto davanti a me, era da dieci minuti che lo rigiravo con la forchetta trattenendomi dal rigettare.
Non avevo voglia di mangiare, non avevo voglia di bere, non avevo nemmeno voglia di respirare. O di fare altro.
Ero letteralmente un corpo con carne e ossa, nient'altro. Non riuscivo a provare niente, solo.. vuoto. Le immagini di quei cadaveri distesi davanti a me. La pistola che mi cadeva dalle mani, io contro la parete. Non potevo fare altro che ricordare, ricordare e maledirmi. Pentirmi.
«Io stavo- io stavo attraversando Times Square, insomma, io- io volevo solo fare qualcosa» sussurrai sentendo di nuovo gli occhi punzecchiarmi.
«Cosa?» mi chiese confuso Louis mentre sorseggiava dell'acqua.
Incastrai i miei occhi nei suoi e non riuscì a riconoscerlo, non riuscì a sentire niente. Lo guardavo e pensavo.. anzi, mi chiedevo, chi era? Uno sconosciuto? Risultava solo un ragazzo che beveva di fianco a me. Nient'altro. Eppure sentivo che mi apparteneva, che era parte di me, che in tutto quello che avevamo passato lui era una parte fondamentale del mio essere.
«Io volevo solo fare qualcosa, io non avevo chiesto tutto questo. Io non volevo finire in mezzo a questa merda, non volevo conoscerti Louis» ammisi stringendo le mani in pugni sotto al tavolo.
Era da due giorni che ci pensavo, rannicchiata in quel letto, sotto quelle coperte. A fingere di dormire pur di non guardarlo negli occhi, pur di non affrontare la realtà. Un'assassina. Ecco cos'ero. Prima una povera liceale che si addormentava a lezione e ora.. boom, così, dal niente, ero un'assassina. Sette mesi fa stavo solo prendendo un taxi per andare dalla mia migliore amica e ora, sette mesi dopo ero nel New Jersey con il ragazzo che "amo" dopo che mi ha tradito e che io per lui ho ucciso tre uomini, senza volerlo.
Cavolo, il destino si che è strano.
«Lil, ora basta» sussurrò Louis sospirando. «Ora mangia quella fottuta pasta e bevi un pò d'acqua, dopo di che tu andrai a dormire e io potrò godermi cinque minuti di silenzio a realizzare che in questa merda non sei sola, cazzo» urlò le ultime parole con tale rabbia che mi spaventò, così non obbiettai e mangiai poi andai a dormire, anzi, finsi di dormire. Come facevo da giorni.
Fingevo, fingevo di dormire, di vivere, di provare. Fingevo, ormai fingevo e basta.
Doveva essere all'incirca mezza notte se non più tardi, Louis si era disteso accanto a me e pensavo stesse dormendo. Avevo bisogno di prendere un pò di aria, di sentirmi "viva".
Lentamente scesi dal letto cercando di non fare rumore, c'era il buio assoluto: non ci vedevo una mazza.
Posizionai le mani di fronte a me cercando il bagno, i miei jeans e il resto dei vestiti dovevano essere ancora lì.
Non accesi la luce, semplicemente mi abbassai e tastai il pavimento. Presi le scarpe e i jeans assieme alla felpa, con assoluta delicatezza mi cambiai tenendomi però la maglietta di Louis.
Uno spiraglio di luce penetrava dalla finestra illuminando quel piccolo tavolino che c'era, su di esso c'era il cellulare di Louis e le chiavi della sua auto.
Mi mordicchiai il labbro inferiore tentata dal rischiare: di prendere tutto e andare via. Insomma, era la mia merda, i miei problemi. Lui era solo una vittima, poteva ancora vivere una vita normale e non incasinarsi con le mie cazzate.
Ma non lo feci. Afferrai il pacchetto di sigarette accanto al telefono e uscì velocemente da lì.
Ero troppo egoista per lasciarlo andare, mi sentivo troppo legata a lui, ero troppo legata.
STAI LEGGENDO
No retreat, no surrender. (louisT)
Fanfiction« C'è stato un periodo della mia vita in cui ho creduto che nulla fosse più forte dell'amore. Certo, è forte, ma la sua forza è minuscola e impallidisce davanti al fuoco dell'odio. » - carlos ruiz zafòn Sto correggendo la storia e riscrivendo alcuni...