Bill non mi ha sfiorato nemmeno con lo sguardo, conducendomi come se nulla fosse fra i corridoi, continuando a fumare in silenzio.
I vampiri che ci passano vicino fanno finta di non vedermi, e i motivi possono essere due: o Bill è molto rispettato qui dentro o è uno di quelli a cui basta davvero poco per esplodere.
Ho paura che siano vere entrambe le cose.
Apre una delle tante porte, e noto che siamo in una sala simile a quella in cui sono stata portata per la prima volta, solo che l'angolo bar sembra più fornito e vedo altre porte sul fondo della sala.
Deve essere una specie di monolocale interno, la casa di Bill dentro alla Dollhouse.
«Fa' come se fossi a casa tua.» Commenta, sedendosi su uno dei divanetti rossi, pesante, prendendo poi un bicchiere di vetro e versandoci dentro dell'alcool marrognolo.
Lo beve tutto in un sorso, sbattendo il bicchiere sul tavolino prima di fare un'espressione schifata, scuotendo il viso.
«Non so come faccia mio fratello a bere questa roba: è terribile.» Sibila, disgustato, mentre si accende un'altra sigaretta.
«Fanno venire i tumori.»
Bill alza gli occhi chiari su di me, stringendo la sigaretta fra indice e medio e sospirando una nube di fumo grigio verso di me, continuando a guardarmi perplesso.
«Come, scusa?»
«Le sigarette,» ripeto, continuando ad inumidirmi le labbra, secche a causa della sete «fanno venire i tumori.»
Il biondo continua a rimanere immobile, quasi sospeso fra incredulità e divertimento: alla fine, decide per la seconda, sorridendo.
Posa la sigaretta nel posacenere sul tavolo e poi torna a guardarmi, sempre comodo sul suo divano, facendomi cenno con un dito «Avvicinati.»
Non dico niente, stringendo le labbra mentre obbedisco, fermandomi proprio davanti alle sue gambe, lasciate aperte nella sua posa stanca.
Mi scruta dalla testa ai piedi, e poi si mette comodo, sporgendosi verso di me, facendo scorrere le mani dai miei gomiti alle mani, per poi sfiorare le mie cosce, che stringe appena prima di tornare al suo posto, appoggiato allo schienale.
«Balla per me.» Dice, e non sembra un ordine, ma una richiesta gentile.
Forse è solo l'insolito interesse che dimostra che mi confonde, o il fatto che riprenda subito la sua sigaretta, sputandomi contro il suo fumo.
«Non so ballare.» Dico, cercando di giustificarmi, per non parlare del fatto che la musica che sento provenire dalla riunione si addirebbe di più ad uno strip.
«Sono sicuro che farai del tuo meglio.» Ribadisce lui, facendo un piccolo sorriso, che non sa affatto di felicità e spensieratezza.
Io, però, rimango ferma, quasi trattenendo il fiato, mentre la schiena mi si imperla di gocce di sudore, accompagnate da una scarica di brividi.
E' una finta, la mia, quella del sembrare come se non stessi per morire, ma, in realtà, dentro di me, sto urlando.
Bill sospira, annoiato, passandosi le dita fra i capelli, scompigliandoseli prima di infilare la mano nella tasca dei suoi pantaloncini.
«Perché mi costringi a fare questo, Irene?» Chiede, lamentoso, mentre la lama del suo coltello scatta, arrivando giusto a sfiorare il mio ombelico, lasciato scoperto dal completo.
Bastava un millimetro di sbadataggine, e la lama mi avrebbe colpito.
Bill fa passare lentamente il suo coltello sul mio ventre, quasi come se ne stesse seguendo le sue ombre, e, intanto, allunga una mano sul mio viso, accarezzando poi i miei capelli.

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The family
Vampire« È tutto un completo disastro, con lui. Non crede in niente, ma vuole che gli altri lo guardino come se fosse Dio. Professa rispetto, l'amore dentro la Famiglia, e poi ti punta la pistola alla tempia quando dici una parola sbagliata. Sai cosa ti di...