11. breath

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Bill sta ancora dormendo.

Ha il viso appoggiato alla testata del divano rosso, e tiene le labbra leggermente socchiuse, segno che è completamente andato.

Lo osservo, attenta, dai capelli spettinati e leggermente sudati, sparsi sulla fronte appena corruccia, come se stesse vivendo in un incubo.

Le ciglia bionde accarezzano le guance arrosate, e noto un accenno di barba incolta sugli zigomi.

Si è slacciato i primi bottoni della camicia mentre dormivo, lasciando intravedere appena il petto pallido ed una piccola collana d'oro, che non gli ho mai visto indosso prima.

Avvicino appena il viso, cercando di capire l'immagine che vi è incisa sopra, per quanto sia usurata e in basso rilievo.

Sembra una donna, o almeno credo.

«Smettila di fissarmi come se fossi una ragazzina innamorata.»

Bill sbatte le ciglia, puntandomi contro i suoi begli occhi chiari, leggermente appannati per il triste risveglio, mentre io cerco di mantenere la calma.

«La tua ferita è guarita.» Dico, invece, cercando di cambiare discorso.

Mi sistema i capelli dietro le orecchie, liberandomi il viso e dandomi appena un buffetto sul naso con l'indice, sorridendo.

«Sei carina quando dici le bugie, sai?»

Stringo le labbra, nervosa, distogliendo lo sguardo: detesto come sembri facile, per lui, capire sempre le mie mosse.

Come fa? Come ci riesce? Quasi non capisco io i miei pensieri, e lui li prevede con una facilità che mi disarma.

«Ehi, non ti offendere.» Mi deride lui, prendendomi il mento con due dita e costringendomi a voltarmi verso di lui, che sta sorridendo, sereno «Tanto lo so che sei una piccola bugiarda.»

«E la cosa non ti infastidisce?» Chiedo, appena nervosa, oltre che infastidita.

E' sveglio da due minuti, e già è riuscito a non farsi sopportare.

Lui fa un piccolo broncio, e poi sorride, mettendo in mostra le fossette ai lati delle guance «Non finché resti la mia piccola bugiarda.»

Non commento, nemmeno saprei cosa rispondere ad una tale affermazione, e così mi limito ad appoggiare la testa sul divano, continuando a fissarlo.

E' da questa notte che sono seduta sulle sue gambe, eppure lui non ne sembra stanco, così come non lo è dello stringermi a sé, cingendomi per i fianchi, che continua ad accarezzare distrattamente con le dita, oltrepassando la mia maglietta.

«Sei silenziosa, oggi.» Commenta, dopo pochi secondi di silenzio, distogliendo lo sguardo e passandosi una mano fra i capelli, cercando di darsi una sistemata «Quasi mi sembra di sentire i tuoi pensieri, mentre continui a giudicarmi.»

«Stavo solo pensando.» Ammetto, sinceramente, e lui subito si volta, sbattendo le palpebre e solleticandomi la fronte col suo respiro.

«Pensavi?» Chiede, curioso come solo un bambino potrebbe essere.

«Ti hanno sparato.» Inizio, e lui subito sbuffa, annoiato, nascondendo il viso dietro ad una mano, quasi volesse scomparire «Non è una cosa normale.»

«Vuoi davvero parlare di normalità quando sei con me, Irene?» Ribatte, appena, mentre ancora mi ignora.

«Vorrei solo capire.»

Bill toglie la mano dal viso, voltandosi verso di me, nervoso, ma, per fortuna, non arrabbiato «Le bamboline della Dollhouse non vengono scelte per parlare di affari.»

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