12. dancing queen

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Ed il pomeriggio del terzo giorno dalla scelta, è il primo che riesco a passare in completa assenza di Bill, perso chissà dove a causa dei suoi affari poco legali quanto violenti.

Sono fuggita da Cynthia, anche lei lasciata in solitudine da Breth che, da bravo fratello maggiore, ha accompagnato Bill nelle sue avventure malefiche da vampiro.

Poco mi importa, in realtà.

«Le lascia sempre in giro.» Si lamenta la mora, mentre raccoglie l'ennesima bottiglia vuota, infilandola in un sacco delle spazzature, irritata.

Io resto sulla poltrona, con le gambe contro il petto e la testa sul tessuto morbido, continuando a guardarla.

«Non pensavo dovessimo fare anche le pulizie.»

«Non dobbiamo.» Ribatte lei, secca, lasciando il sacco a terra e sedendosi sul divano, sospirando e tenendosi il viso fra le dita, come se fosse colpita da un forte mal di testa «Sono io che non riesco a vederle.»

Corrugo la fronte, confusa, e poi scendo dal divano, camminando a piedi nudi sulla moquette rossa, sedendomi al suo fianco e abbracciandola, appoggiando il viso sulla sua spalla.

Cynthia sospira, stanca, e sistema la sua guancia sulla mia testa, lasciandosi andare in questo piccolo gesto d'affetto, quasi fraterno: se non ci sosteniamo fra di noi, chi altro dovrebbe farlo?

«Sono stanca, Irene.» Confessa, a bassa voce, quasi avesse paura di farsi sentire.

«Pensavo che non ti facesse male.» Ribatto, restando al suo fianco, sentendo i suoi capelli muoversi quando il mio respiro li colpisce.

«Non lo fa.» Concorda, ma non sembra ancora felice mentre si distacca da me, così da guardarmi in volto «Però, Irene, cosa cambia? Sono sempre qui dentro, proprio come te.»

«Potresti andartene, però.» Commento, appoggiando la testa sul divano, continuando a guardarla negli occhi, così stanchi «Lui te lo permetterebbe.»

Lei resta in silenzio per qualche istante, continuando a tirare l'orlo del suo top grigio a frange «Mi seguirebbe.»

Non commento, non sapendo esattamente cosa rispondere ad una tale affermazione, soprattutto per cercare di tirarla su di morale.

In realtà, nemmeno io sono felice, e non riesco nemmeno a fingere il contrario.

«Bill ha cercato di strangolarmi.» Confesso, così, come se stessi parlando del calar del sole: una cosa tanto normale quanto quotidiana «Però, non lo ha fatto: si è fermato.»

«Si è fermato?» Chiede, alzando un sopracciglio, perplessa «Solo il mese scorso ne ha ammazzate due in questo modo.»

Ne ha ammazzate due.

Wow, avevo proprio bisogno di sentirmelo dire.

«Non ha ucciso me, almeno per ora.» Dico, quindi, e lo faccio soprattutto per rassicurarmi, prima che l'ennesimo senso di angoscia mi investa, portandomi via il poco di speranza che ancora mi resta.

«Non lo farà, Irene.»

Sposto lo sguardo, guardandola attentamente mentre si tiene a sé, quasi in posizione fetale, come se fosse una bambina spaventata.

«Perché dici questo?»

Lei scuote le spalle, e poi si prende il ciondolo argentato che porta il collo, rigirandoselo fra le dita, in un tic nervoso «Perché lo avrebbe già fatto.»

Beh, non suona esattamente come una consolazione, ma ha comunque un leggero effetto su di me: Cynthia lo conosce da più tempo, quindi sicuramente sa di cosa sta parlando, e dovrei provare a fidarmi.

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