Capitolo Bonus

3K 86 80
                                    

Niall's P.o.V.

«Ni, sono distrutta. Ti prego, vai tu.»

Sento la voce di Agnese provenire dalla mia sinistra, ben mescolata con versi poco umani e femminili. Mi giro sulla schiena, rispetto alla posizione che di solito assumo per dormire che mi possa dare meno problemi con il reflusso gastrico. L'avanzare dell'età è davvero uno schifo, e pensare che ho soltanto 32 anni ancora mi rattrista non poco.

Un corpo che ormai conosco più del mio è disteso con il ventre in basso, lasciandomi la possibilità di vedere una porzione di schiena scoperta dal lenzuolo e dalla canotta che utilizza per dormire; le curve del suo corpo vengono illuminate distrattamente dai fasci chiari emanati dalla luna che attraversano le finestre di casa nostra.

«Non ti preoccupare, rimani a dormire; ci penso io.»

Mi siedo sul bordo del letto e sospiro pesantemente non perché non voglia aiutare mia moglie, ma perché siamo veramente stanchi in questi giorni. Stiamo lavorando entrambi più che possiamo e dividere il tempo tra ufficio, laboratorio, studio e casa non è semplice; organizzarsi non è facile ma so perfettamente che tutti gli sforzi e i salti mortali che stiamo facendo non pesano perché fatti con il cuore.

Spostando il lenzuolo dal mio corpo coperto soltanto da una maglietta a maniche corte e un paio di boxer, guardo la sveglia e mi rendo conto che sono le quattro di notte e sono passate soltanto due ore dall'ultima volta in cui ci siamo dovuti alzare.

A passo lento e strisciato, mi dirigo verso quel suono che mi richiama come il canto delle sirene che diventa ogni secondo più forte e disperato. É possibile trovare estremamente fastidioso un suono e, allo stesso tempo e con la stessa intensità, estremamente adorabile? Forse questo è l'unico caso.

La porta aperta mi permettere di raggiungere subito la mia piccola meta, anche se, a causa degli occhi semichiusi ed assonnati, arrivo a sfiorare lo stipite con la testa prima di poter davvero considerare raggiunto il traguardo.

«Shh piccola, non piangere. Adesso c'è papà qui con te.»

Prendo quel fagottino di coperte e vestiti che si sta dimenando con tutta la delicatezza che possiedo e che non pensavo di avere prima di conoscere questo essere umano indifeso e che ha un bisogno disperato di me e delle mie attenzioni. Pensavo di non poter essere innamorato più di quanto io non lo sia di Agnese, ma mi sono dovuto ricredere con la nascita di questa creatura che non fatico a definire il mio angelo.

«Joy, amore della mia esistenza, cosa c'è che non va? Il pannolino non è pieno, la mamma ti ha dato da mangiare da poco, non sei calda quindi non hai la febbre...» mentre io parlo, lei rallenta il pianto senza interromperlo del tutto, lasciando dietro soltanto dei singhiozzi che fanno tremare il suo intero corpicino avvolto dalla tutina blu. I suoi occhi azzurri, che riesco a scorgere alla debole luce, così simili ai miei nel colore ma uguali nella forma alla madre, mi guardano e mi scrutano dentro, arrivando diritti alla mia anima, facendo tremare delle corde nel mio cuore a cui solo la mia Joy ha accesso. «Ecco, amore mio, continua così; non vogliamo svegliare la mamma noi, vero?»

Riescono a calmarsi anche i singhiozzi, lasciando spazio ad un sorriso che illumina il suo volto, facendo sì che esca una piccola fossetta sulla guancia sinistra. Mi ha legato al dito e non ne ha nemmeno idea.

«Facciamo in questo modo adesso: parliamo un po' fino a che non ti stanchi. Che ne dici?» dico, facendo una breve pausa per vedere quegli occhi vispi e curiosi seguire ogni mio movimento e con nessuna intenzione di ritornare a dormire. Mi sistemo in modo tale che lei sia comoda tra le mie braccia, avvicinandomi anche alla finestra che dà sul giardino di casa nostra, nella speranza di trovare ispirazione nel panorama.

Lasciati Amare || Niall Horan ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora