Capitolo XIV - Difficile.

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"Je sais." Camminavo nervosamente a grandi falcate su e giù per la stanza, la mano sinistra reggeva il cellulare, mentre portai la destra alla bocca, mangiucchiando l'unghia dell'indice.

"Je sais, maman. Mais c'est presque tout à fait impossible." Mi bloccai, gesticolando animatamente, quasi come se mia madre, all'altro capo del telefono, potesse vedermi.

"Non." Ripresi la mia camminata senza meta. "Oui, mais c'est claire!" Mi arrestai di nuovo.

Sentii uno strano trambusto. "Maude." Sentii pronunciare il mio nome. Mi guardai attorno.

"Maude." Sentii di nuovo, perfettamente consapevole a chi appartenesse quella voce strozzata. Quando mi accostai alla finestra semiaperta in quella frizzante sera di maggio, vidi una figura rivolta verso la mia finestra, il capo reclinato, lo sguardo mirava alla cieca le molteplici finestre attendendo un qualsiasi segnale. Il mio cuore perse un battito. Damiano. "Maman, je dois aller. À tout." Dissi interrompendo bruscamente il monologo di mia madre.

"Ci sentiamo!" Chiusi la chiamata e mi precipitai, il fiato corto, fuori dalla mia camera.

Elena si sporse dalla porta della cucina, incuriosita. Il volto torvo, interdetta.

"Maude! Sono le undici di martedì sera, dove vai?" Non risposi, m'infilai la felpa nera e filai fuori dalla porta principale. Nonostante avesse fatto parecchio caldo, quella sera la temperatura si era abbassata vertiginosamente ed ero quasi certa avrebbe piovuto.

Vidi Damiano armeggiare dinnanzi al portone con la catena della vespa rosso Ferrari.

Indossava un completo bianco sporco, composto da camicia e pantaloni morbidi, . Le gambe flesse, il viso in un'espressione concentrata, le mani leggermente unte dal grasso della catena. Si tirò in piedi e prese dalla sella un panno su cui pulire le lunghe dita affusolate.

"D." Sussurrai stringendomi nella felpa scura. Damiano si girò di colpo, notando solo allora la mia presenza, avvolto nel candore mi ricordò un leone bianco sudafricano.

"Maude!" Alzò di qualche ottava la voce, venendomi incontro. Mi guardai intorno desolata.

"Abbassa la voce, altrimenti sveglierai tutto il vicinato." Mi sorrise sornione, poi mi fece segno di seguirlo. Attraversò il minuscolo cortile fino alle scale che precedevano il portone ligneo, si sedette battendo il palmo sul granito, al suo fianco. Mi sistemai la felpa colta dal fresco pungente, poi gli feci eco prendendo posto vicino a lui. "Sono felice di vederti." Sorrise sincero. "Ho bisogno di parlarti, Maude." Aggiunse poi, facendosi d'un tratto cupo, il pacchetto di sigarette celeste tra le mani tramanti. Da quella distanza mi era possibile sentire l'odore acre che gli aleggiava attorno, che leggero s'innalzava dei suoi abiti nivei. "Hai bevuto?" Chiesi.

Non rispose, alzò la mano mimando quello che, a parole, sarebbe dovuto essere un po'.

"Maude, io.." Fece per dire, quando gli strappai il pacchetto dalle mani, portando una sigaretta alla bocca. "D. capisco che le mie intenzioni possano essere state fraintese, ma io.." M'interruppe porgendomi l'accendino, invitandomi poi ad aspirare. La sigaretta si accese liberando un debole rivolo di fumo che si levò alto, verso il cielo plumbeo.

Icaro. | Måneskin. | Damiano.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora