Capitolo XXIV - Segnale. (Leonardo)

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Aprì l'armadio, prese delle grandi coperte, dei cuscini e li gettò sul letto, uno di esso rotolò giù finendo sul pavimento

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Aprì l'armadio, prese delle grandi coperte, dei cuscini e li gettò sul letto, uno di esso rotolò giù finendo sul pavimento. Mi accinsi goffamente ad alzarlo.

"Sta tranquilla, mi basta 'n semplice cuscino, me sistemo sur tappeto ai piedi der letto." Dissi osservando il peloso tappeto bianco. "Nun scherza', ce penso io." Sistemò una delle coperte più spesse sul tappeto, ponendovi con grande cura i cuscini all'estremità, poi sistemo l'ultima coperta, più leggera e adatta alla stagione e si tirò su. "Et voilà!" Disse allargando le braccia come un pittore che orgogliosamente mostra per la prima volta il ritratto al proprio modello. "Vado 'n bagno a cambiarme, accomodate pure." Recuperò una maglia griglia e un pantaloncino blu scuro e si diresse verso la porta, i fianchi sinuosi ondeggianti.

Mi passai una mano sul viso, scuotendo piano il capo. Ah, Vittò, Vittò.. Che te farei.

Mi tolsi goffamente le scarpe e mi sistemai sotto il leggero piumino, osservando la distanza che mi separava dal letto. Pochi minuti dopo Victoria tornò, indossando uno short sportivo blu Nike e una maglia grigio chiaro che, da come le cadeva sulle spalle ossute, pensai essere del padre. La osservai sgattoiolare velocemente sotto le lenzuola di cotone fresco.

Dopo qualche attimo che mi sembrò interminabile mi decisi a rompere il silenzio.

"Vittò?" La chiamai, tendendo l'orecchio in attesa di una sua risposta.

"Mh?" Rispose semplicemente. "Dormi?" Continuai. "Lellì, se te responno.." Rise mestamente. Che cazzo d'idiota, pensai. "Te posso fa' 'na domanda?" Le dita intrecciate sul petto, in attesa. "Spara." Disse. "Hai mai pensato de partecipa' a quarche concorso?" Decisi di procedere per gradi, chiedendole tutto ciò che avevo sempre voluto sapere. Ah Lellì, non te basta 'na vita, figuriamoce 'na notte. "Concorso?" Il tono interrogativo. Deglutii, la testa mi frullava di pensieri.

"'N concorso, 'n talent, 'na competizione 'nsomma." Risposi. "Nun saprei." Fece una pausa.

"Nun te nascondo che ciò pensato quarche volta, quanno stavo ar liceo e sonavo ca'a band da'a città mia. O quanno in Danimarca vedevo 'e band ai contest locali." Continuò. Seguì qualche altro attimo di silenzio. "Ma ero solo 'na regazzina de Tivoli." Rise debolmente. "Beh, adesso sei 'na studentessa de Roma. Co' 'na band che è 'no sghicio, aggiungerei!" Mi unii alla sua fioca risata, sorridendo silenziosamente. "Damiano nun approverebbe mai, non ora almeno." Il suo tono si fece improvvisamente amareggiato. Puntai lo sguardo verso il letto, cercando di captare qualcosa in più, l'unica cosa che riuscii a vedere fu la struttura inferiore del letto. "Nun avevo mai incontrato nessuno così preciso. Certe vorte 'o guardo e me chiedo dove trova tutta st'energia. Sempre pronto a lavora', a perfeziona' fino allo stremo, nun se ferma mai, anche quanno tutto appare ottimo, risponne che deve ésse eccellente! Ma come posso dargli torto?" Riconobbi immediatamente il mio migliore amico nelle parole di Victoria. Molte volte nel corso della nostra lunga amicizia parlammo di quest'aspetto legato alla carriera che avrebbe voluto intraprendere. Si trattava del suo sogno e non avrebbe permesso a niente e nessuno di comprometterlo. Damiano era un vero frontman, non solo perché racchiudeva in un'unica figura l'intera essenza del gruppo, perché in lui convergeva l'energia delle loro performance, del loro essere; ma perché Damiano non si preoccupava unicamente della sua prestazione canora, a cui si dedicava con grande zelo, ma si premurava di rifinire, migliorare anche quella dei suoi compagni in quello che appariva un vero e proprio intero, non si trattava più di tre musicisti ed un frontman, ma dei Måneskin.

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