Capitolo XVIII - Fotografie.

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"E poi ce fionnammo 'n casa de mi nonno

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"E poi ce fionnammo 'n casa de mi nonno." Rise di gusto narrando le malefatte di un Damiano e un Leonardo appena adolescenti. Mi condusse dinnanzi al portone di quel palazzo alto sette piani, le dita intrecciate alle mie. "Er padre de Lello voleva ammazzacce." Aprì il portone, conducendomi all'ascensore. "Stava 'a sbroccà 'na cifra." Rise aprendo la porta dell'ascensore, invitandomi galantemente ad entrare. "Fu 'n casino da paura." Mi guardai attorno, sentendomi a disagio in quello spazio così angusto. "Claustrofobia?" Chiese osservandomi di sottecchi, attraverso il sipario creato dei suoi ricci ribelli, le dita giocherellavano con la miriade di anelli che gli ornavano vistosamente le mani.

"So cosa se prova." Mi si parò davanti. "Nun ciai d'avè paura, è abbastanza robusto." Disse appoggiando una mano alla parete argentea alle mie spalle. Non feci in tempo a puntare lo sguardo nei suoi occhi penetranti, che gli fui addosso. Spinsi il mio corpo contro il suo, che a sua volta avanzò, facendomi poggiare la schiena al pannello dell'ascensore provocando un leggero tremolio. Mi staccai lievemente dalle sue labbra, guardandomi attorno circospetta. In tutta risposta Damiano mi urtò nuovamente contro la parete sorridendo sulle mie labbra. Avvolsi le braccia intorno al suo collo, i capelli mi solleticavano la pelle nuda, attirandolo a me. Abbandonò anche l'altro arto alla parete. Sospirò pesantemente, in preda all'eccitazione.

Gli morsi il labbro inferiore, assaporandone l'essenza, vendicandomi di quello stupido scherzo.

Si divincolò restituendomi il favore, ma con un'estrema delicatezza, succhiandone tenuemente la superficie. La maniglia scattò, quando la porta si aprì, una coppia di signori sulla sessantina ci fissava palesemente sorpresa. Non appena li vidi, mi staccai Damiano di dosso, ricomponendomi in fretta. Feci un cenno con il capo, in segno di scuse. Damiano fece lo stesso, accompagnando il gesto con la mano. Feci per uscire quando vidi il signore fare l'occhiolino a Damiano ridendo, poi si chiuse la porta alle spalle. Scoppiammo a ridere imbarazzati. Aprì la porta blindata, ricordai la prima volta che mi trovai su quel pianerottolo. Mi spinse all'interno, la mano nella mia e persi tra le risate ci dirigemmo in soggiorno, Damiano accese la luce, rischiarando la grande stanza. "Damià, ma che cazzo stai a fa'?" Un ragazzo dallo stesso taglio di capelli di Damiano, fece capolino dalla spalliera del divano ceruleo. Una ragazza con un lungo caschetto nero corvino ed un grazioso piercing al naso, gli fece eco.

"Cazzo, Jacopo. C'hai 'na stanza che nun po' fini', datte 'na regolata." Si abbassò prendendo una maglia blu scuro da terra e gliela lanciò con gesto fulmineo. Il ragazzo l'afferrò prontamente e la porse alla ragazza, adesso interamente coperta dalla spalliera, si abbassò cercando qualcosa a tentoni sul pavimento, poi s'infilò una polo bianca e si tirò su.

"Nun t'artera' fraté." Jacopo salutò il fratello, poi si girò verso di me. "E tu sei?" Chiese osservando prima me, poi Damiano. Notai che il fratello maggiore fosse di un paio di spanne più alto di lui, stesso taglio lungo con rasatura e doppia sfumatura visibile grazie allo chignon sciatto che tanto mi ricordava Damiano. Nonostante i tratti fossero simili, il viso di Jacopo mi apparve immediatamente più pieno, meno spigoloso e solcato da due profonde rughe di espressione in risposta ad ogni minimo accenno ad un sorriso, in corrispondenza delle armoniose fossette del fratello, pronte a far capolino ad ogni suo movimento.

Icaro. | Måneskin. | Damiano.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora