Capitolo XLV - Un Nuovo Inizio.

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Sentii l'intero corpo vibrare, come sbatacchiato da una scossa di terremoto

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Sentii l'intero corpo vibrare, come sbatacchiato da una scossa di terremoto. Feci scorrere le mani lungo la schiena di Damiano, lungo quel palcoscenico di brividi, fremiti, emozioni, piacere; infilando la mano nella sua tasca posteriore recuperando il cellulare in preda agli spasmi. Ancora saldata alle sue labbra, gettai un'occhiata trasversale al cellulare. "E' Vic." Dissi staccandomi con riluttanza. Lui alzò un sopracciglio sorpreso, quasi come se si fosse ricordato solo in quel momento del mondo fuori quell'appartamento. "Vorrà sape' che fine ho fatto. Ho saltato sia 'e prove de ieri pomeriggio, che quelle de stamattina." Disse lasciandomi un seguito di baci lussuriosi lungo il profilo della mascella. Strinsi le gambe attorno ai suoi arti inferiori, accogliendo il suo bacino nella loro morsa; poi inarcando la schiena, scostai il sedere dalla superficie della sua scrivania, recuperando il mio cellulare, il cui schermo era teatro di chiamate perse e messaggi non letti. "Forse dovremmo almeno avvertirli che siamo ancora vivi!" Risi contro le sue labbra libidinose. "Ho un'idea." Disse poggiando entrambe le mani sulle mie cosce nude, provocandomi un tremito, i suoi occhi nei miei. "Che ne dici de presentarce lì? Glie facciamo 'na sorpresa!" Disse alzando entrambe le sopracciglia con fare eloquente. "Finite 'e prove, ordenamo 'n paio de pizze, 'n paio de bire. Come ai vecchi tempi, no?" Si aprì in un sorriso allegro. "Perché mi è così familiare questa combinazione?" Chiesi ironica, i ricordi di quella prima sera insieme impressi nella mente. Per la seconda volta in quei due giorni, qualcosa ci aveva riportato a quella fatidica sera, lì dove tutto cominciò. Come a voler segnare un nuovo inizio. "Speramo de nun dove' uscì a compra' der gelato sta vorta!" Disse afferrandomi per i glutei, poi prendendomi di peso mi staccò dalla scrivania accompagnando l'incontro dei miei piedi scalzi con il pavimento. "Magari è la volta buona che lo compriamo, invece!" Risi lasciandogli un ultimo bacio sulla punta del naso aquilino, poi mi voltai correndo alla volta del bagno. Mi bloccai dinnanzi alla soglia del bagno, impietrita, il cuore in gola. Damiano mi rincorse lungo il corridoio perso tra le risate, bloccandosi poi alle mie spalle, le mani salde sui miei fianchi, sul tessuto della sua camicia dai motivi gitani. "Mamma?" Un'esile donna slanciata, dalla leonina chioma scura stanziava davanti al lavabo, intenta a sciacquarsi le mani. Lei si volto di scatto battendo i grandi occhi scuri adornati da un sottile strato di kajal, così simili a quelli di Damiano, osservandoci lì impalati sulla soglia. Adesso capisco a chi potresti esserti ispirato, sorrisi. Un pensiero m'invase il cervello, il sangue defluì alle guance, le mani corsero all'orlo della camicia tirandolo giù. "Nun ti ho sentita rientra'." Disse superandomi e avvolgendola in un caldo abbraccio, erano alti uguali. "Pensavo fossi in ritiro a Tivoli!" Disse lei sinceramente felice di vederlo, stringendolo a sé. "Me so' concesso 'na breve pausa." Sorrise volgendomi uno sguardo ilare. "Devo presentarte 'na persona." Disse allungando il braccio nella mia direzione. La madre di Damiano puntò lo sguardo sulla mia figura, mi sentii come una farfalla da esposizione inchiodata al muro. "Ma', lei è Maude." Scossa da un sussulto, incespicai un passo verso i due. "A' ragazza mia." Si allargò in un sorriso a trentadue denti. La donna fece altalenare lo sguardo dalla sua figura alla mia. "Piacere." Dissi timidamente porgendole la mano. "Piacere, cara." Disse allargandosi nello stesso sorriso del figlio. "E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che Damiano mi ha presentato una ragazza! Sono così felice di conoscerti, Maude!" Disse quasi tra sé e sé. Accennai un sorriso in imbarazzo. "Ma'!" Si lamentò Damiano grattandosi la nuca. "D'accordo, adesso vi lascio alle vostre cose. E' stato un piacere!" Disse poggiandomi una mano sulla spalla ossuta, il viso squarciato da un sorriso sornione. Le sorrisi di rimando, poi quando fu lontana, intrecciai la mia mano a quella di Damiano. 

Girai la chiave nella serratura, poi aprii lentamente la porta

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Girai la chiave nella serratura, poi aprii lentamente la porta. Dalla cucina arrivava un invitante profumo di caffè, accompagnato dal tintinnare delle tazzine in ceramica. Mi sporsi oltre lo stipite dando un'occhiata all'interno dell'allegra stanza dagli sfavillanti toni di certe pianure dall'Italia settentrionale. Elena, appoggiata al bordo del lavandino, aspettava che il caffè terminasse la sua risalita. "Maude!" Sussultai portandomi una mano al cuore. "E..." Si arrestò quasi non credesse ai propri occhi. "Damiano?" Continuò Eva apparendo in corridoio, il viso aperto in un'espressione di puro stupore. Feci spallucce sorridendo imbarazzata. Elena, si precipitò in corridoio con la leggiadria di un pachiderma, gli occhi spalancati; fece per dire qualcosa ma le parole le si strozzarono in gola. "E' 'n piacere anche pe' me!" Rise Damiano, entrando in cucina, quasi come se nulla fosse cambiato. "Ci sta ancora der caffè?" Chiese prendendo posto, allungando poi le gambe sotto il tavolo. La rossa, che sembrò ricordarsi solo in quel momento di aver lasciato la moka sul fornello, annuì con veemenza. "Io e Damiano ci chiedevamo se vi andasse di venire con noi a Tivoli per le prove, ordinare una pizza e delle birre, proprio come ai vecchi tempi.." Sussurrai quell'ultima frase, la mia mente fu invasa da una miriade di ricordi. Sarebbe mai potuto veramente tornare tutto alla normalità? "Che ne dite?" Dissi, scacciando via i pensieri, poi poggiai entrambe le mani sulle spalle di Damiano, che ne frattempo aveva presto posto al piccolo tavolo della cucina. Lui in tutta risposta poggiò la sinistra sulla mia. "Sarebbe perfetto!" Esordì Elena che scossa dall'entusiasmo aveva pronunciato la sua prima frase. Io e Damiano sorridemmo all'unisono. La ragazza trotterellò verso la propria stanza, mentre Eva si accinse a versarci il caffè. "Sono contenta che siate tornati..." Esitò. Le rivolse un sorriso incoraggiante. "Insieme?" Sorrise di rimando speranzosa. "Gli altri lo sanno?" Chiese poi, certe che nessuno dei due l'avrebbe contraddetta. Damiano scosse il capo. "Ne saranno felici." Disse quasi tra sé e sé. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi Damiano annuì convinto. Immaginai che anche Eva sapesse di ciò a cui Leonardo cercò di far riferimento un paio di sere prima. Osservai Damiano dall'alto, persino ai miei occhi apparve completamente diverso.

M'incamminai verso il vialetto, ultima del seguito, seguendo il piccolo corteo in silenzio, la mente in subbuglio, il cuore irrequieto

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M'incamminai verso il vialetto, ultima del seguito, seguendo il piccolo corteo in silenzio, la mente in subbuglio, il cuore irrequieto. Damiano fece scorrere la portafinestra riversando le chiacchiere dei nostri amici all'esterno. "Ahò, ma allora stai vivo!" Esortò Thomas vedendolo varcare la soglia. "Ma che fine hai fatto, Damià?" Chiese Victoria. "E voi che ce fate qua?" Continuò la bassista rivolgendosi alle nostre coinquiline. Un lieve chiacchiericcio si levò: parole di stupore, sbigottimento, di rimprovero, disapprovazione tutte perlopiù rivolte al frontman; un chiacchiericcio che s'interruppe nel momento in cui varcai la soglia. 



|SPAZIO AUTRICE|

Non inventerò scuse o altro, ci sono voluti tre mesi per pubblicare un capitolo, lo so. E' strano da dire, ma nell'ultimo periodo avevo completamente perso l'ispirazione, poggiavo le dita sui tasti del pc e l'unica cosa che appariva sul mio display era il nulla. Pubblicavo sempre meno fino a smettere per tre mesi. Non so se scrivere questo capitolo significhi essere tornata in carreggiata o meno, spero semplicemente che vi piaccia e che abbiate ancora la pazienza di seguire la storia. 

In ogni caso, vi ringrazio di vero cuore. 

GW.

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