8.

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«You know that it would be untrue

You know that it would be a liar

if I was to say you

Girl, we couldn't get much higher

Come on baby, light my fire»

Al mio risveglio, non solo non noto la figura di Hayley al mio fianco, ma al suo posto distinguo qualcun altro.

Per un momento non riesco a visualizzare bene la scena attraverso gli occhi assonnati, successivamente scorgo una chioma di capelli ricci in prossimità del mio letto. Tengo una mano sulla fronte e cerco di alzarmi.

-Cos'è successo?- pongo l'interrogativo, non sapendo esattamente chi possa rispondermi.

-Ti sei addormentata in macchina, perciò ti ho portato qui-

La sua voce, però, sarei in grado di riconoscerla ovunque, giacché, nonostante abbiamo avuto l'onore di conoscerci solo da poche ore, il suo atteggiamento sprezzante è ancora vivido nel mio cervello. Sgrano gli occhi attorno: siamo nella mia stanza, questo è certo. Le finestre sono sbarrate, chiuse dall'interno, e in egual modo la porta, eppure tutto ciò non mi spaventa, mi sento protetta tra queste pareti, sento di essere al sicuro sebbene la sua figura continui a perseguitarmi.

C'è pace nella notte scusa, solo i grilli si divertono a cantare una serenata in onore delle loro consorti: gli altri studenti sono già tra le braccia di Morfeo.

-Ed Hay?- chiedo, distruggendo ogni istante di silenzio.

-Katherine stava male, così si è offerta di aiutarla- risponde quasi meccanicamente.

-E perché sei rimasto proprio tu?-

-Non ho perso la possibilità di spogliarti-

Osservo con le estremità degli occhi, senza spostare la mia visuale, la sua beffa: mi ha lasciato in biancheria intima. Percepisco il viso tingersi di una nuova tonalità di rosso, perciò impugno la coperta della mia amica che aveva adagiato sopra il letto e me l'avvolgo intorno, obbligandolo a distogliere la vista.

-Vado a farmi una doccia, e tu faresti meglio a sparire nel frattempo- dico, lanciandogli un'occhiataccia.

-Ringrazi così la persona che ti ha aiutata?-

-Potevi anche svegliarmi, sarei tornata in stanza da sola-

Un sorrisetto appare sulle sue labbra, dopo di che prende comodamente posto sulla mia sedia, appoggiando i piedi sulla scrivania ancora innocente.

Afferro il primo asciugamano disponibile e conquisto il possesso del bagno, quasi correndo. Accendo l'acqua ed inizio a canticchiare qualcosa per distrarmi un po' dai pensieri rimbombanti. A dir la verità, non so nemmeno che ore sono, ma non importa: devo concentrarmi su un ideale fisso, la lezione di nuoto di domani ad esempio, per evitare ponderazioni troppo opprimenti e gravose. Non voglio, non devo ricadere nei vecchi problemi e dagli ingranaggi confusi che ruotano nella mia testa direi che l'alcool si già fatto strada nelle vene, con prepotenza.

How many roads must a man walk down
Before you can call him a man?
Yes, 'n' how many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, 'n' how many times must the cannonballs fly
Before they're forever banned?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

Le note di Blowin' in the wind rammentano un decennio passato, senza neanche udirle nella realtà terrena, e la melodia mi invade il cuore. Sono innamorata di questa canzone e conosco ogni singola parola, per questo, quando sono sola, la canto tentando di dare un'interpretazione che mi appartenga; ricordo le intonazioni proposte dai miei genitori e da mio fratello, ogni domenica nei momenti di quiete mattutina e pomeridiana, per rendere onore al grande artista che l'ha scritta: Bob Dylan. Stavamo seduti insieme sul divano, tranne mia madre, la sola a cui piaceva rimanere ai fornelli per tutto il suo giorno libero. In famiglia, era lei la cuoca, senza alcun dubbio: nessuno di noi riusciva ad imitare, anche solo in minima parte, i suoi piatti.

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