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«Welcome to the jungle, we've got fun and games

We got everything you want, honey, we known the names

We are the people that can find, whatever you may need

If you got the money honey, we got your disease»

Sento quella maledetta sveglia già impostata dalla scuola. La musichetta entra nelle orecchie al pari di una maledizione, una maledizione che non riuscirò a spezzare per molti mesi a venire. La spengo con forza e scendo dal letto.

Il sole sta sorgendo all'orizzonte, dietro la finestra chiusa, e la testa della mia amica è totalmente sotterrata nei cuscini, perciò ne approfitto per conquistare il possesso del bagno.

Faccio una doccia molto veloce e indosso una felpa grigia corta sulla pancia e dei jeans neri con dei grossi buchi sulle ginocchia, tenuti su da una cintura del medesimo colore: per un volta tanto nella mia vita, non sarò costretta a sottostare alle regole di abbigliamento che mi impone John, per il semplice fatto che lui non può vedermi in alcuna condizione. È sempre stato fin troppo protettivo nei confronti della sua unica nipote femmina, ma negli ultimi anni la situazione sta degenerando seriamente.

Recupero lo zaino dal letto distrutto, lego i capelli in un'unica treccia laterale e mi avvicino alla porta in legno di faggio che separa la nostra camera dal corridoio. Hay si sta pettinando, accompagnando il gesto con una moltitudine di sbadigli; la analizzo per qualche secondo immobile ed a lei rivolgo il primo avviso di giornata: condivideremo la seconda ora di storia, perciò l'incontro è fissato in classe. In realtà, non vorrei chiudere il discorso in tal modo, bensì, se non mi muovessi all'istante, arriverei senz'altro in ritardo per la campanella iniziale, senza riuscire nemmeno a fare colazione, cosa che non sopporto: non sarei mai in grado di reggermi in piedi per l'intera mattinata senza una buona colazione, composta razionalmente da tanti zuccheri.

La routine è quasi identica a quella compiuta nell'altro paese: la sveglia alle sei del mattino, la colazione al bar della scuola nel tempo successivo rimanente, la campanella alle sette e quarantacinque e la prima lezione alle otto.

Allo stand accennato in precedenza, non persiste anima viva in questa fase del dì, perciò si sta bene nel silenzio, sotto gli alberi, con un bel cappuccino in una mano e una brioche al cioccolato nell'altra.

-Bello eh?- sento una voce alle spalle.

Balzo sulla sedia, per poi voltarmi verso la mia interlocutrice, sorridente come sempre.

-Katherine! Non ti ho sentito arrivare-

-Non era mio intento spaventarti, comunque come è andata a finire ieri senza di me?- chiede Katherine.

-Bene più o meno, oggi iniziano le lezioni, vero?-

-Sì, questa è la parte noiosa-

-Spero di no, letteratura è una delle mie materie preferite-

-Sul serio?- domanda con un'espressione sconvolta; il mio capo si muove in un segno affermativo con un'occhiata decisiva, nel momento in cui finisco il cappuccino. Dagli attimi in cui abbiamo avuto modo di parlare, posso dedurre che a Kat piaccia lo studio quanto a me piaccia svegliarmi presto al mattina: forse, l'unica cosa che trova veramente interessante nella scuola è il tempo trascorso sugli sport.

-Allora stasera ci sarete? Alla festa intendo- domanda nuovamente.

-Sì, dove ci incontriamo?-

-Passo a prendervi, se per voi va bene: la festa è fuori dal campus e io posso guidare, quindi se non volete farvela a piedi, potete venire con me-

Storm SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora