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«And when your fears subside
And shadows still remain, oh yeah
I know that you can love me
When there's no one left to blame
So never mind the darkness
We still can find a way
'Cause nothin' lasts forever
Even cold November rain»

Sebbene la nostra curiosità ci abbia riportati all'aria umida della notte, il nostro spirito è tuttora racchiuso all'interno di quelle mura decadenti: gli occhi dell'anima persistono nel loro divagarsi attraverso le panche infradiciate, le pagine ingiallite e bruciate della Bibbia riposta sull'altare e le vetrate dai mille colori, in parte andate in frantumi, che, un tempo, coprivano quel meraviglioso soffitto gotico, soltanto per potersi dilettare di quella visione idilliaca e, contemporaneamente, appartenente ad un Inferno incendiario.

-Vuoi conoscere il mio passato? Sappi che c'è un prezzo da pagare, una condizione che non tutti accetterebbero- percorro i tre gradini, che mi separano dal terreno ruvido, e mi metto a sedere sull'ultimo scalino che pare di un granito lucido e cangiante.

-Sembra l'inizio di thriller psicologico da quattro soldi- prende posto alla mia sinistra, allungando le gambe slanciate sugli irritanti sassolini che si incastrano sotto le suole delle scarpe. -Vai avanti- mi esorta, appoggiando con tenerezza una mano poco sopra il mio ginocchio piegato.

-Una volta mi hai chiesto per quale motivo il posto che preferisco sia il cimitero- la premessa, che utilizzo per introdurlo al mio discorso, è alquanto vaga e potrebbe essere ritenuta inutile, ma posso assicurare quanto, in questo momento, risulti essenziale ai miei occhi.

-E tu mi ha risposto che lì nessuno può disturbarti- riporta a galla ricordi di non molto tempo fa, includendo la risposta ad una domanda mai verbalizzata.

-Hai buona memoria- il mio pare un complimento sarcastico, uno di quelli che ci rivolgevamo all'inizio della nostra conoscenza, eppure sono davvero stupita del fatto che rammenti un simile dettaglio.

-Ne dubitavi?- le sue labbra si allungano in un sorriso significativo, mentre il suo volto si inclina sulla mia figura dal lato sinistro, lasciato scoperto dal ciuffo moro dei miei capelli.

-È strano dirlo ad alta voce, ma è come se sentissi sempre il peso della morte sulla mia vita, tranne quando sono in quel luogo, lì la morte mi circonda, ma non può toccarmi, e ciò mi rassicura- è come se stessi recitando un monologo scritto da qualcun altro, qualcuno che ha la facoltà di decidere anche la mia sorte. Il mio sguardo è puntato al suolo, su una striscia di terra incontaminata, al pari di un raggio laser instabile, pronto a sparare proiettili a distanza al minimo movimento dell'aria, difatti Ryan si dimostra titubante nel riportarmi sulla Terra e distrarmi dalla mia mansione di osservatrice.

-La morte spaventa tutti- conclude, sollevando in una mossa le spalle ben piazzate. È quel moto a determinare il prossimo soggetto, sul quale la mia attenzione si ancorerà.

-No...la morte spaventa coloro che hanno paura di morire, ma terrorizza chi come me chi ha paura di sopravvivere e vedere finire le vite degli altri- pronuncio, aprendo a malapena la bocca per fare uscire queste sillabe.

-Cosa vorresti dire con questo?- non credo di saperlo neppure io, eppure ho come la certezza che tutto ciò sia frutto di anni e anni di silenzio, periodi lunghissimi in cui non sono riuscita a buttare fuori tutta quella spazzatura, che si è accumulata in una specie di pattumiera stracolma all'interno del mio essere, ed ora brama unicamente la libertà, come la sua padrona.

-Ho visto troppe volte la morte in faccia- libertà...libertà di pensiero, di parola e di azione...libertà...

Il suo corpo si divincola a disagio: ora si sposta dinnanzi a me, in ginocchio, ai piedi della minuscola scalinata. -Mi hai già raccontato dei tuoi genitori, non c'è bisogno di parlarne ancora se...- ora, invece, fa cenno di volersi alzare, forse fuggire verso la macchina, nella speranza che io non blateri ancora storie indecenti sulla mia famiglia.

Storm SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora