28.

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«I can't stop the world from turning around
Or the pull of the moon on the tide
But I don't believe that we're in this alone
I believe we're along for the ride»

È stato tutto un sogno? Assolutamente no, anche se, devo ammettere, avrei preferito che lo fosse, magari un solo incubo passeggero, il terrore di una notte. Sarebbe stato più facile, non potrei negarlo. Non ho avuto nemmeno la possibilità di raccontare l'accaduto alla mia migliore amica e ciò mi fa stare incredibilmente male: provo un eccezionale senso di colpa, sapendo che questa ragazza si fida di me, ma come posso spiegarle qualcosa che non comprendo neppure io?

Non so cosa potrei reputare giusto o sbagliato, vero o falso, e non ho idea di come si evolverà la faccenda, considerando i vari battibecchi e le tristi discussioni che ho avuto nelle poche recenti giornate.

A dire la verità, non temo solamente la circostanza nella quale John sta soffrendo, ma anche quella in cui io e Ryan abbiamo abbandonato ogni bagliore di speranza nell'instaurare un rapporto che non sia di odio. Dopo il pomeriggio di ieri, non so più a cosa credere: ho perso la pazienza rivoltandomi contro la stessa persona che sta cercando di eliminare un problema dalla mia esistenza, tuttavia è arduo decifrare i suoi progetti a lungo termine, quasi quanto il suo reale carattere.

All'improvviso un cuscino estraneo si abbatte sul mio capo, interrompendo i miei neuroni e il loro favoloso zapping fra i vari sogni che assillano le mie notti, il che implica il mio risveglio sul pianeta Terra, in un letto formoso, con il viso sotterrato tra le lenzuola.

Ho già qualche vaga figura nella mente alla quale l'oggetto possa appartenere, perciò mi rigiro con una somma tranquillità sul materasso, regalando alla mittente l'immagine della mia schiena ricurva.

-Svegliati, ghiro!- esordisce la mia compagna di stanza con una nota di disperazione.

Un secondo cuscino, originario da non so quale luogo, piomba sul mio cranio, costringendomi a dar voce ai miei pensieri.

-Che succede?- sollevo appena la nuca, affinché lei capti questo moto e mi consideri vigile.

-Alzati! Siamo in ritardo!- sta per perdere le staffe, lo percepisco dalla sua voce tremolante e dal suo indaffarato movimento che la spinge alle diverse estremità della camera in una corsa frettolosa.

-Ma è presto...- farfuglio e lascio ricadere il volto sulla morbida superficie ricoperta di stoffe. Sento la testa pesarmi parecchio, nonostante non abbia partecipato ad una chissà quale serata di alcool e musica: è una sensazione ambigua, come se un essere immaginario stesse ballando la macarena sul mio cervello, sperimentando una nuova composizione di meningi e opinioni sparse ovunque in un ordine caotico.

-Se per "presto" intendi le sei, allora sì...è presto, ma vorrei ricordati che tra circa un'ora dovremmo prendere un autobus per tornare a casa- mi informa, riconoscendo il mio grado di lucidità e capacità di riflessione.

Al suono delle sue parole, come una molla caricata a pressione, scatto in avanti, facendo aderire per bene il mio sedere al giaciglio, ed allungo le braccia dinnanzi a me, alla maniera di uno zombie, allo scopo di compiere meglio il gesto successivo: scendere dal letto, la fatica immane che viene subito dopo al dimenticare i turbamenti.

-La sveglia?- strepito, non scandendo alla perfezione l'articolo del mio quesito.

-Non ha suonato, forse è rotta- continua Hayley, ripiegando un paio di jeans in uno spazio ristretto della valigia. Sta oscurando quella che pare l'ombra di una risata, il che mi fa comprendere a pieno il suo livello di serietà a questo punto della giornata; inoltre, sono abbastanza sicura che la frase precedente sia un'enorme menzogna per dissimulare ciò che, in realtà, è avvenuto: si è, al pari della sottoscritta del resto, dimenticata di impostare l'ora corretta, perciò l'aggeggio, messo a disposizione dalla scuola, non ha funzionato a dovere.

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