CHAPTER 18: sospetti

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Stavamo uscendo da scuola,quando Adrien mi prese per il polso. Lo guardai con un misto di irritazione e confusione.  Lui mi sorrise, alzò le spalle e si scusò con "non potevo prenderti per una spalla, potevo farti male". La mia smorfia venne sostituita da un sorrisino. Forse quest'ultimo lo incoraggiò e mi chiese "vuoi pranzare a casa mia? Sai oggi i miei non ci sono per tutta la giornata...e mi sento così solo! Mia mamma ha già chiesto a Chloè...non so, se vuoi venire...". Vidi propagarsi sulle sue guance un rossore innaturale. Era timido. Aveva paura che io gli potessi rispondere negativamente. Lo guardai un secondo dispiaciuta per l'effetto che gli faceva farmi questa proposta. Sbuffai appena mentre lui abbassava lo sguardo, aspettando la risposta. Presi il telefonino e digitai il numero del consolato. Rispose mia zia "zia sono io, oggi non ci sono a pranzo. Sono dagli Agreste. No...non ci sono i suoi. Si...e solo...si sente solo...c'è Chloè. Zia...stiamo parlando di Adrien...ok...ok...ciao...ci vediamo stasera...non lo so quando vengo...ti faccio uno squillo...ok...ciao...un bacio allo zio e a Pierce...ciao!" Sbuffai sconfortata a causa di mia zia, poi vidi  l'espressione del biondo. Era un misto tra il sognante e il divertito. Presi il bicchiere di tè verde e lo mescolai sussurrando in uno sbuffo "hanno detto di si! Ha paura che io possa perdermi dentro casa tua. Una volta mi è successo...brutta esperienza per una bambina di quattro anni venuta da poco in Norvegia" lui mi guardò come se si fosse ricordato appena di qualcosa di importante "non ti ho ancora chiesto dopo tanto tempo che fine hanno fatto i tuoi genitori " io lo guardai un po sorpresa e dissi "i miei...genitori...be ecco...diciamo che...sono in America...sono dei pasticceri molto per una ditta di dolci molto importante" la mia voce era insicura. Infatti non se la bevve infatti chiese "sicura? Che poi scusa che genere di ditta assume dei pasticceri?"  Sbuffai più sconfortata di prima "senti non lo so! Mi hanno lasciata ai miei zii quando avevo quattro anni e da allora mi hanno dato solo dei biglietti di auguri, regali e dei soldi che, secondo loro, dovrebbero ripagare i miei zii della mia educazione e istruzione, anche se loro me li lasciano spendere in qualche viaggio o capo d'abbigliamento che mi piace. Tutto qua!" La chiusi con uno sguardo irritato. Il povero Adrien mi disse soltanto "scusa...non lo sapevo" così passammo cinque minuti buoni io io mescolare il tè pensando alla grossa balla che gli avevo raccontato e lui a giocare alla zampetta di gatto verde fluorescente su sfondo nero che era appesa al suo telefonino. Lo guardai di sottecchi e pronunciai con una vocetta che non mi apparteneva "non sono arrabbiata..." lui mi sorrise di sottecchi, ma mantenne sempre lo sguardo basso. Forse era offeso. Chloè ci raggiunse raggiante e dopo averci raggiunto. Lei dopo avermi riabbracciata partì, o meglio, corse verso la limousine, mentre io e Adrien c'è la facemmo con comodo. Camminava ancora a testa bassa. Come meglio potevo gli accarezzai una guancia con la mano e subito dopo gli presi la mano. Lui mi sorrise tenendo sempre lo sguardo del pavimento e dopo un po vicino alle scale mi disse "e triste...non vedere i propri genitori da quasi dodici anni" lo guardai intenerita. Si preoccupava di me. Gli strinsi la mano con più forza e sorrisi.

L'amore in una bollaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora